breve di cronaca
Scuola primaria: uscire dall'ambiguità
Scuolaoggi - 24-07-2006
Scuolaoggi non appartiene, com'è noto, alla schiera dei pasdaran del tutto e subito, degli abrogazionisti tout court, dei sostenitori di chissà quale riforma palingenetica della scuola. Preferiamo la via della concretezza, dei piccoli passi misurati e fermi, in un quadro però di massima chiarezza. Confusione ne è già stata fatta tanta, nell'epoca della Moratti, allorché - accanto a provvedimenti sicuramente controriformistici e reazionari - venne sollevato anche un gran polverone, con inevitabile e diffuso disorientamento degli operatori scolastici. Proprio per questo amiamo concretezza e chiarezza. Per questo la politica del cacciavite, degli aggiustamenti progressivi e mirati, potrebbe andarci bene.
C'è un punto allora (per la verità tanti, ma qui vogliamo riferirci in particolare alla scuola primaria, o elementare che dir si voglia) sul quale vanno dipanate le nebbie e i fumi sollevati e messa a fuoco nitidamente un'immagine di scuola, netta, precisa. Ci riferiamo ancora una volta all'identità della scuola di base, alla sua configurazione ed al suo assetto organizzativo-didattico.

Abbiamo già avuto modo di dire che la riforma Moratti un suo fulcro ed un orizzonte teorico ce l'aveva, ed era un modello di organizzazione della scuola che faceva piazza pulita di anni di insegnamento cooperativo, sostituendo all'idea forte del team docente quella dell'insegnante prevalente, del docente tutor costellato da un numero non ben precisato di altri insegnanti, assegnati ad altrettanti non ben precisati "laboratori". In realtà questo risultato non è stato raggiunto, un po' per la diffusa opposizione alla riforma stessa, un po' per l'insipienza e il dilettantismo dello stesso staff del ministro. Siamo rimasti, di fatto, in mezzo al guado, in una situazione dove il tutor non si è pienamente affermato ma al tempo stesso si sono inferti pesanti colpi alla struttura precedente, a cominciare dal modulo e dal tempo pieno, vale a dire al modello di scuola fondato sul team che la legge 148/1990 aveva introdotto in maniera generalizzata nel sistema scolastico. Questi colpi sono stati inferti soprattutto usando il maglio della manovra dei tagli agli organici, che tendeva a minare dalle fondamenta tale struttura, costringendo le scuole a rinunciare a modelli organizzativi basati sulla "contitolarità e corresponsabilità" e ad attuare, obtorto collo, assetti all'interno dei quali si ricreava la figura di un docente principale, prevalente per orario, nelle classi.

Ora, non ci aspettiamo che - nell'attuale congiuntura economica - di colpo, l'attuale ministero, con la bacchetta magica rimetta le cose a posto, dilatando gli organici docenti e la loro consistenza senza limiti e misura. Una questione però va presa di petto, con grande chiarezza di intenti: quella dell'assetto organizzativo della scuola primaria. Occorre cioè dire, fuori dalle esitazioni e dalle ambiguità, qual è il modello didattico-organizzativo sul quale si regge la scuola elementare. Se non si affronta questo nodo, si rimane nel caos e in mezzo al guado cui accennavamo sopra. Questo punto nodale non può essere rinviato alle magnifiche e progressive sorti dell'autonomia scolastica: la scuola pubblica, di Stato, deve avere un proprio modello organizzativo di riferimento valido su tutto il territorio nazionale. Non è pensabile un ragionamento del tipo "diamo ad ogni istituto un certo numero di docenti e poi se li gestisca come vuole" perché questo porterebbe all'anarchia, ad una malintesa devolution e ad un improbabile quanto pericoloso fai da te. Noi continuiamo a pensare che vada ripresa e rilanciata l'idea forte del team docente, di un'organizzazione didattica fondata sulla collegialità, la contitolarità e la cooperazione educativa. Per questo riteniamo che il nodo del "modello organizzativo" della scuola di base vada sciolto. E al più presto.

Dedalus






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