Coord. Naz. per la Jugoslavia - 13-07-2006
ASSEMBLEA NAZIONALE A ROMA SABATO 15 LUGLIO
ore 9.30
CENTRO CONGRESSI FRENTANI
via dei Frentani, 4
Un'assemblea autoconvocata a Roma dei deputati e senatori pacifisti e da numerosi esponenti delle organizzazioni pacifiste e contro la guerra.
Si discuterà di come rafforzare le ragioni di chi chiede il ritiro delle truppe senza se e senza ma dall'Iraq e dall'Afghanistan.
Scarica il volantino dell'iniziativa.
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CONTRO LA GUERRA SENZA SE E SENZA MA Via dall'Iraq, via dall'Afghanistan
Assemblea autoconvocata Sabato 15 luglio, ore 9,30 Roma, Centro Congressi Frentani - via dei Frentani 4
Interverrà in videoconferenza da Kabul Gino Strada
Partecipano:
Vittorio Agnoletto, don Aldo Antonelli, Riccardo Bellofiore, Silvio Bergia, Piero Bernocchi, Marco Bersani, Norma Bertullacelli, Giorgio Bocca, Emiliano Brancaccio, sen. Mauro Bulgarelli, on. Alberto Burgio, Beppe Caccia, Pino Cacucci, Maurizio Camardi, Luciano Canfora, on. Salvatore Cannavò, Mariella Cao, Sergio Cararo, Massimo Carlotto, Barbara Casadei, Mauro Casadio, Luca Casarini, on. Paolo Cento, Stefano Chiarini, Giulietto Chiesa, Enzo Collotti, Giorgio Cremaschi, Angelo Del Boca, don Vitaliano Della Sala, sen. José Luiz Del Rojo, Nadia De Mond, sen. Loredana De Petris, Tommaso Di Francesco, Manlio Dinucci, Mario Dogliani, Angelo d'Orsi, Valerio Evangelisti, Ferdinando Faraò, Dario Fo, Jacopo Fo, on. Mercedes Frias, don Andrea Gallo, sen. Fosco Giannini, Nella Ginatempo, Haidi Giuliani, sen. Claudio Grassi, Beppe Grillo, Sabina Guzzanti, Margherita Hack, Enzo Jannacci, Paolo Leonardi, Walter Lorenzi, Piero Maestri, sen. Luigi Malabarba, Maurizio Mantani, Mario Martinelli, Alberto Masala, Alessandra Mecozzi, Enrico Melchionda, Alessandro Metz, Milva, Gianni Minà, Mario Monicelli, Raul Mordenti, Luciano Muhlbauer, Gavino Murgia, Alfonso Navarra, Maso Notarianni, Diego Novelli, Emma Nuri Pavoni, sen. Anna Maria Palermo, Maurizio Pallante, on. Gianluigi Pegolo, Enrico Piovesana, Riccardo Pittau, Massimo Raffaeli, sen. Franca Rame, Riccardo Realfonzo, sen. Fernando Rossi, Paolo Rossi, on. Franco Russo, Paolo Sabatini, sen. Cesare Salvi, Luciano Scalettari, Vauro Senesi, sen. Gian Paolo Silvestri, Nando Simeone, Bruno Steri, Bebo Storti, Gigi Sullo, Stefano Tassinari, sen. Dino Tibaldi, sen. Franco Turigliatto, sen. Olimpia Vano, don Alberto Vitali, Luciano Zambelli, Adriana Zarri
Aderiscono:
Assalti frontali, Banda Bassotti, Cisco, La Gang, Modena City Ramblers, Radici nel cemento
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Afghanistan, il nostro voto sarà NO
Dichiarazione di Mauro Bulgarelli (Verdi), Loredana De Petris (Verdi), Fosco Giannini (Prc), Claudio Grassi (Prc), Gigi Malabarba (Prc), Fernando Rossi (Pdci), Giampaolo Silvestri (Verdi), Franco Turigliatto (Prc).
"La proroga della missione militare in Afghanistan, che il Consiglio dei ministri si prepara a varare venerdì, non contiene elementi di discontinuità con le politiche attuate dal governo Berlusconi". Lo affermano i senatori Mauro Bulgarelli (Verdi), Loredana De Petris (Verdi), Fosco Giannini (Prc), Claudio Grassi (Prc), Gigi Malabarba (Prc), Fernando Rossi (Pdci), Giampaolo Silvestri (Verdi), Franco Turigliatto (Prc).
"Non basta la riduzione di qualche centinaio di militari (su questo vedremo concretamente i numeri del decreto) a cambiare la natura di un impegno, che anzi oggi supera di gran lunga quanto previsto nel 2002. Il comitato parlamentare di monitoraggio, senza neppure definire un tempo di verifica per la missione, non è sufficiente a cambiare la natura di una scelta che abbiamo sempre avversato. In ogni caso non siamo stati eletti per votare una proroga ad una missione militare nei confronti della quale abbiamo sempre detto di no e che non è contenuta nel programma. Se l'esecutivo, sull'Afghanistan, fa una proposta simile a quella del precedente governo non può meravigliarsi di non avere il nostro voto e di trovare quello di qualche settore del centro destra. E' quanto avvenuto in questi anni con il voto bipartisan, a cui i parlamentari pacifisti hanno per ben otto volte detto no. Se il decreto non verrà cambiato, con un esplicito riferimento ad una exit strategy dall'Afghanistan, il nostro voto al Senato sarà no".
28/06/2006
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Esprimo il mio personale apprezzamento per la vostra coerenza
di Noam Chomsky
Cari amici, ho appreso della vostra coraggiosa presa di posizione contro la partecipazione dell'Italia a operazioni militari della Nato, che si sta convertendo in una forza di intervento internazionale subordinata agli Stati Uniti. L'espansione della Nato a Est, in violazione delle chiare garanzie date a Gorbaciov che aveva concordato l'unificazione della Germania nel quadro della Nato, costituiva già una gravissima minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, al di là dello stesso inganno.
Il nuovo e sempre più ampio ruolo che la Nato sta assumendo costituisce una seria minaccia all'ordine internazionale. Voglio esprimervi il mio personale apprezzamento per la vostra coerenza nel difendere i principi dell'art. 11 della Costituzione Italiana che recita: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Sinceramente vostro, Noam Chomsky
07/07/2006
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Il manifesto, 12 luglio 2006
Una lettera aperta a Fausto Bertinotti
Tariq Ali «Se il Prc voterà per la missione Nato, sarà una tragedia»
Tariq Ali
Caro Fausto,
ho appreso con stupore che Rifondazione comunista si prepara a votare in favore del mantenimento delle truppe italiane in Afghanistan «per motivi umanitari». Voglio provare a convincerti che questa decisione rappresenterebbe un grave errore, così come nel secolo scorso provai a persuadere chi a sinistra appoggiava l'intervento sovietico a Kabul.
Le grandi potenze o gli stati che agiscono in loro nome non hanno alcun diritto di occupare altri paesi. I due principali progetti dell'ordine globale neo-liberale sono stati: 1) convincerci che il nuovo capitalismo rappresenti l'unica via possibile per organizzare l'umanità, da questo momento fino a quando il pianeta non imploderà; 2) trascurare, in nome dei «diritti umani», la sovranità nazionale come fattore chiave delle relazioni internazionali.
Poche settimane dopo l'11 settembre, alla televisione canadese ho discusso per un'ora con un importante ideologo di George W. Bush, Charles Krauthammer. Quest'ultimo ha ammesso che il conflitto in Afghanistan ha rappresentato - come io l'avevo definito - «una pura guerra di vendetta». Qualche giorno fa la Cia ha smantellato l'unità speciale (la Alec station, ndt) creata per catturare Osama bin Laden, un riconoscimento implicito del fatto che la situazione è cambiata radicalmente rispetto all'11 settembre. Dunque qual è la funzione degli eserciti che agiscono sotto comando Nato in Afghanistan? Favorire i diritti umani? Anche i reporter dei giornali conservatori in Gran Bretagna (i cui soldati vengono uccisi regolarmente) riderebbero di un'ipotesi di questo tipo. Uno di questi giornalisti, Simon Jenkins, recentemente è ritornato da un viaggio a Kabul e ha scritto una lettera aperta a Blair.
«La débâcle britannica in Afghanistan non può essere ignorata, perché le truppe stanno correndo dei rischi. La loro presenza in quel paese non ha nulla a che fare con la sicurezza del Regno Unito. Stanno soffocando di caldo (nella provincia ci sono attualmente 50 ºC, ndt) e morendo ad Helmand non per sostenere un regime in difficoltà a Kabul - per il quale compito risulterebbero incredibilmente sotto organico - ma per far sopravvivere la Nato in Europa, una missione indegna. Come hanno fatto gli americani a convincere la Nato, nel 2004, a diventare l'esercito mercenario di Karzai? Che informazioni ha ricevuto il governo britannico da Washington, dove i funzionari governativi parlano apertamente di scaricare l'Afghanistan sulla Nato, per darle una lezione dopo il mattatoio nei Balcani? Tutte le dichiarazioni che ho sentito suggeriscono che la campagna immaginata dal governo nel sud dell'Afghanistan richiederebbe non 3.000 né 10.000 soldati, ma oltre 100.000» (da The Guardian del 5 luglio 2006).
Non c'è alcuna giustificazione per la presenza della Nato in Afghanistan se non quella di accontentare Washington. Nelle ultime settimane le uccisioni di civili afghani sono decuplicate. I titoli che parlano dell'uccisione di centinaia di talebani non sono altro che disinformazione. Come era stato previsto tempo fa da alcuni di noi, agli afghani non piace vivere sotto occupazione e, prima o poi, inizieranno a resistere. Fausto, chiediti perché dovrebbero esserci truppe straniere in Afghanistan. Che il centro-sinistra appoggi la Nato e la maggior parte delle guerre statunitensi è risaputo. Ma lasciamoglielo fare con l'appoggio di Fini, Bossi e Berlusconi (in fin dei conti hanno le stesse opinioni).
Per quale motivo l'occupazione di un paese straniero dovrebbe essere affrontata con un voto di fiducia? Se Rifondazione comunista votasse a favore, questo rappresenterebbe una tragedia per la sinistra europea e ho paura che possa solo portare a un disastro sia in Afghanistan sia in Italia, nella prospettiva della creazione di un'alternativa politica da voi. Se inzierete ad argomentare sul regime che potrebbe risultare da un eventuale ritiro delle truppe, allora nuoterete in un acque agitate. Non dovete dimenticare il patetico passato imperiale del vostro stesso paese. L'invasione dell'Albania e dell'Abissinia da parte di Mussolini furono giustificate secondo la stessa logica: stiamo portando la civilizzazione europea a questi stati monarchici, feudali ed arretrati.
Il «regime change» non era accettabile allora e non dovrebbe esserelo ora.
Ti scrivo da vecchio amico di Rifondazione. Spero di poterlo rimanere anche dopo il voto parlamentare. Fraternamente,
Tariq Ali
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RIPARTIRE DA GENOVA? NOI NON CI SIAMO MAI FERMATI!
E CHIAMIAMO IL POPOLO DELLA PACE A ROMA, IL 15, il 17 ED IL 24 LUGLIO, CONTRO LE MISSIONI DIGUERRA, SENZA SE E SENZA MA!
L'appello per "ripartire da Genova"ci trova in profondo dissenso.
In un momento cruciale come questo è fondamentale far sentire la voce sotto i palazzi del potere centrale, a Roma, il 17 ed il 24 luglio, quando alla Camera e poi al Senato si voterà sul rifinanziamento delle truppe in Afghanistan e negli altri 27 fronti di guerra nei quali sono impegnati i soldati italiani.
Sappiamo che le mobilitazioni romane saranno probabilmente simboliche e d'avanguardia, a causa non solo e non tanto della stagione estiva e dei giorni feriali, ma di un "affaticamento" del movimento perseguito sistematicamente da chi stava preparando la Caporetto di questi giorni, nei quali siamo costretti ad assistere al clamoroso voltafaccia degli ex "paladini del pacifismo non violento", intenti con spillette e patetici escamotage (la riduzione del danno....) a giustificare un voto ingiustificabile.
Siamo in profondo dissenso con coloro i quali oggi evidenziano l'esigenza di contemperare il no alla guerra con la tenuta del governo.
Spiacenti, il movimento contro la guerra non ha "governi amici" di fronte all'alternativa tra pace o guerra.
Dissentiamo dall'idea di mettere ai voti un principio come quello del NO alla guerra. Sui principi non si vota, ma si costruiscono politiche concrete, a costo di essere "impopolari".
O le scelte "impopolari" devono essere solo quelle che chiedono sacrifici ai soliti noti, magari per finanziare proprio le costosissime missioni?
I ripetuti sondaggi di questi anni ci dicono invece che la scelta sarebbe molto popolare, perché la maggioranza del popolo italiano è per il ritiro delle truppe, trasversalmente ai poli.
Ogni temporeggiamento rispetto a questo passaggio è in stretta continuità con il lavorio di smobilitazione già abbondantemente intrapreso in questi anni contro il movimento
Ci indigna che si usi la categoria della "concorrenza" a sinistra su un tema di questo genere: Concorrenti su che cosa? Sulla vita o la morte degli afgani, dei kosovari, degli iracheni, dei palestinesi?
I tempi sono scaduti e le scelte sono di fronte a chi ha ricevuto un mandato preciso: il No alla guerra senza se e senza ma.
Chi farà una scelta diversa non lo farà in nostro nome, e se ne assumerà tutta la responsabilità politica e morale di fronte al popolo della pace, in Italia e nel mondo.
Noi saremo a Roma, il 15 luglio alla assemblea autoconvocata dai senatori e deputati che mantengono una posizione di coerenza con il mandato elettorale, il 17 al sit in del movimento davanti al Parlamento, in P. Montecitorio, il 24 di fronte al Senato.
Il Comitato nazionale per il ritiro dei militari italiani