Il Comitato di Valutazione
Bruna Sferra - 05-07-2006
30 giugno 2006, caldo torrido. Nella mia scuola undici docenti neoassunti saranno sottoposti ad un colloquio che concluderà il loro anno di formazione. La loro età anagrafica va dai 37 ai 61 anni e la loro carriera scolastica consta di almeno 12 anni di servizio. Ognuno di essi ha un suo tutor personale, ovviamente un docente a tempo indeterminato, generalmente un collega di classe. Del Comitato fanno parte in primis il Dirigente Scolastico che lo presiede e 4 docenti. Tutti i neoassunti hanno dovuto frequentare un folle corso di formazione attraverso il quale hanno acquisito punti eseguendo compiti via internet tanto complicati quanto inutili. Oggi dovrebbero sostenere una sorta di colloquio nel quale illustreranno al Comitato l'esperienza vissuta in questo fondamentale anno della loro carriera. Ore 8.30, una trentina di insegnanti occupano l'atrio della scuola in attesa che l'evento si compia. Sembra di essere agli esami di maturità, c'è chi cammina avanti e indietro ripetendo la propria relazione tenuta tra le mani come se fosse l'ancora di salvezza, chi ostenta indifferenza, chi si aggrappa in modo figliale alla propria tutor. La collega Biagioli, che ha circa 55 anni, è in piena crisi di panico, mi ferma e mi chiede: "Ma in cosa consiste l'incontro, cosa mi chiederanno? Sai non sto bene e sono terrorizzata". Io, in veste di tutor, veterana di simili situazioni e sottoposta io stessa anni fa a questa farsa cerco di fare del mio meglio per tranquillizzarla e le dico che si tratta solo di una formalità da espletare, che staremo tutti insieme, due paroline per uno e via. Le ripeto che razionalmente è assurdo preoccuparsi. Mi rendo conto che il mio invito al raziocinio è vano: trema, gli occhi le si arrossiscono e diventano lucidi. Arriva il Dirigente e si ode un profondo sospiro generale. I quattro membri del Comitato corrono su e giù per il corridoio con fogli e foglietti per poi riferire l'inderogabile decisione del Dirigente che ha il sapore di una sentenza: si entrerà uno alla volta accompagnati dal proprio tutor. Che vi credevate che tutto finisse a tarallucci e vino? La collega Biagioli sbianca e mi guarda male, altro che atto formale, questo sarà un interrogatorio. Il clima è da tribunale dell'inquisizione. L'agitazione sale alle stelle. Cerco di intercedere con il Comitato che a sua volta interceda con l'inquisitore per dividere i docenti almeno in due gruppi, metterli a loro agio e finirla presto con il teatrino. Nulla da fare, il Dirigente è molto nervoso (è appena rientrato dalle vacanze in Sardegna) e irremovibile. Da difensore dei più deboli, chiedo che almeno la collega Biagioli venga chiamata per prima. Concesso! Poi però saranno chiamati i tre docenti di religione cattolica; visto che sono su una corsia preferenziale la scuola deve essere coerente e la corsia va mantenuta! Mi guardo intorno e mi chiedo come sia possibile che persone più che adulte che sanno di non essere sottoposte a nessun esame, che non verrà emesso alcun verdetto e che in ogni caso nessuno ormai potrà toglierli la tanto agognata assunzione a tempo indeterminato siano così nervose. Cerco di tornare indietro con la memoria per ricordare se anch'io quel giorno fossi in quello stato. Forse sì. È strano come ci si debba sentire sempre messi alla prova, come anni e anni di lavoro nella scuola, concorsi superati e lauree universitarie non servano per sentirsi sicuri di sé e al di sopra di una simile pagliacciata. Il Dirigente è un superiore e in quanto tale va temuto, è qualcosa di ancestrale. Tutto preso dal suo ruolo prende possesso del posto in cattedra, a fianco il resto del Comitato. Allontana infastidito il capannello che si è formato fuori dall'aula, il chiacchiericcio disturba il solenne momento. Ci siamo, entra la collega Biagioli. L'atmosfera è la stessa di un esame e quando la collega Biagioli esce tutti le si fanno intorno senza fiatare mentre lei istintivamente si avvicina all'uscita della scuola. Appena entrati nel raggio di sicurezza del non-disturbo, quasi in coro le chiedono: "Com'è andata? " e lei: "Eh, com'è andata....E' andata." Non dà altre informazioni. E così via. I colleghi di religione, anche se sudaticci, escono soddisfatti. Si sa, loro hanno un feeling con le entità superiori. Poi gli altri e al termine c'è il rinfresco liberatorio dove il Dirigente si è trasformato in un amico, appagato di queste due orette di esercizio di potere. Tutto ciò è costato alla scuola un bel po' di ore di orario aggiuntivo come compenso per gli undici tutor e per i membri del Comitato. Chissà se questi soldi non potevano essere spesi in un modo migliore....

Bruna Sferra - insegnante elementare

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