breve di cronaca
La prima domanda
L'Unità - 28-05-2006
È il 28 di maggio e il tardo risveglio della natura offre alla città cielo coperto, privo di sole. Alberto e Clem, due giovani sposi vanno volentieri alla manifestazione di chi, come loro, vuole portare la sua testimonianza di rifiuto nei confronti di una democrazia che stenta a confermarsi in scelte di libertà.
Sono, come quasi tutti quelli che gremiscono la piazza, degli insegnanti di scuola e avvertono l'importanza del loro ruolo nel formare le coscienze dei giovani.
Tra poco i relatori saliranno sul palco per esporre il loro pensiero sull'andamento del paese, tormentato da eventi inspiegabili, quasi tutti rimasti impuniti e avvolti nel mistero di complicità troppo illustri perché siano svelate.
Clem tiene il figlio di pochi mesi tra le braccia e gli racconta per gioco, sussurrandogli all'orecchio, il senso del suo essere lì, insieme ad Alberto, il suo giovane sposo, per quella che lei chiama, «la festa del coraggio». Poi Clem alza lo sguardo e nota che le nubi si stanno ammassando sulla piazza. Allora si avvicina ad Alberto, gli affida il piccolo. «Tra poco pioverà, porta a casa il bambino».
Alberto guarda a sua volta il cielo. Non ci sono dubbi, si avvia verso casa. Non abita lontano dalla piazza e quindi pensa che la sua assenza sarà breve. Con passo spedito forse riuscirà a arrivare in tempo per l'inizio della manifestazione. Affidato il bambino alla nonna, Alberto torna correndo verso la grande piazza. Si fa largo a fatica tra la folla che ormai ha riempito le vie circostanti. Riesce a intravedere la moglie, Clem che, per via di una pioggia leggera si è riparata sotto l'arcata di un porticato. Sta per raggiungerla. È arrivato a meno di due passi da lei, tende la mano e un terribile boato lo proietta nell'aria e il suo corpo ricade quasi frantumato al suolo.
Sono morti tutti e due i miei cari Alberto e Clem. Il bambino si è salvato. Oggi ha 32 anni, la stessa età della gigantesca, irrisolta menzogna che avvolge la morte dei suoi genitori a Brescia in quel 28 maggio del 1974.
Me lo sono fatto indicare, il figlio. È lì, seduto da solo al bar che dà sulla piazza dove è avvenuta la strage che ha ucciso, nell'omertà ad alto livello istituzionale, non soltanto suo padre e sua madre, ma anche quel po' di nascente democrazia.
Pensavo di intervistarlo, di parlare con lui, ma non riesco a convincermi che sia giusto distoglierlo dalla sua solitudine e da quel suo profondo silenzio. Quale potrebbe essere la prima domanda? Nessuna. Mi allontano, pensando che Alberto e Clem siano d'accordo con la mia scelta.

Silvano Agosti


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