breve di cronaca
Due nuovi ministri
redazione - 18-05-2006
Il Governo Prodi propone due nuovi Ministri per l'area della scuola: Fabio Mussi per l'Università e Giuseppe Fioroni per l'Istruzione. Siamo andati a cercare qua e là qualche documento per capire di che persone si tratta. Senza pregiudiziali ve ne proponiamo un paio recenti. - Red


Relazione di Fabio Mussi

21 Gennaio 2006

Roma - Seconda assemblea dei segretari di sezione

Care compagne e compagni, la cosa più importante ora è questa: da oggi piede sull'acceleratore e tutti uniti e risoluti per vincere le elezioni politiche.

Lo sapete, non posso nasconderlo, io non sono d'accordo sul partito democratico. Il compagno Zinno, segretario del partito a San Giorgio a Cremano, ha detto: "i compagni più anziani dubitano". Ora io non sono vecchissimo, ma dubito anch'io. Credo nell'Unione, nell'Alleanza democratica, dove le diverse culture storiche si confrontano, dialogano, crescono insieme, diventano programma e progetto comune, non credo nell'unificazione in un solo partito dei Ds e Margherita.Voglio dirlo qui sinceramente. Penso che la sinistra abbia una sua missione, penso che l'Italia e il mondo abbiano bisogno di una sinistra forte, orgogliosa, autonoma, socialista. Ma ora dico questo: discutiamone con serietà dopo il 9 aprile. Ora vinciamo le elezioni, liberiamo l'Italia da Berlusconi e dal berlusconismo. Di che pasta sia fatto l'uomo si vede dalle acque torbide in cui gli piace nuotare e in cui sta sguazzando in questo inizio di campagna elettorale. Ci vuole serenità ma anche denti sfoderati nel respingere l'aggressione. Impegniamoci, combattiamo, vinciamo: vinciamo nella formazione che abbiamo deciso. L'Ulivo alla Camera, la Quercia al Senato, l'Unione per il programma.

Veniamo da settimane difficili. E' stata una prova dura per tutti, questa questione esplosa intorno alle scalate bancarie e all'Unipol. Abbiamo insieme valutato, riconosciuto gli errori politici commessi, e questo riconoscimento è stato un atto di forza, non di debolezza, che ci ha portato ad un voto unanime in direzione e ad un recupero di prestigio e di fiducia. Stiamo parlando di errori politici, nessuno può contestarci reati, affari, soldi. Nessuno può sollevare un'ombra su Fassino, su D'Alema, sui Ds. Chi ci prova troverà un muro.

Noi non siamo in politica per arricchirci. La ricchezza....

Vedete, la sinistra italiana non è mai stata né pauperista, né plebea, né plebeista. Noi combattiamo l'ingiustizia, non il benessere.

E sappiamo bene che qualche volta anche i soldi posseduti misurano il valore delle persone. Certo, Bill Gates è ricco, ma con il personal computer e internet ha avuto una bella idea; e anche il barone Bic fu ricco, ma, con la penna a sfera, ha avuto una bella idea. Hanno fatto tanti soldi, ma hanno avuto delle belle idee. Qualche volta, i soldi misurano, ma non sempre. Che cosa hanno fatto per esempio di buono i branchi di riders che scorazzano per la finanza italiana?

Che cosa hanno fatto esattamente di così grande Consorte e Sacchetti per trovarsi tutto quel denaro?

"Amare l'Italia", più che i propri conti correnti, magari all'estero, non può valere solo per quelli seduti in questa sala.

Deve valere per tutti quelli che appartengono al nostro mondo. Allora, vedete, la domanda giusta è un'altra, ogni volta che ci si trova davanti alla ricchezza bisogna chiedersi di dove viene. L'economia classica e Carlo Marx la chiamavano "questione dell'accumulazione".

L'Italia pullula dei Fiorani, degli Gnutti, dei Ricucci, appaiono continuamente improvvise e ingiustificate fortune. Ingiustificate. E se si cerca, di fronte alle fortune ingiustificate, si trovano cose diverse: qualche volta si trova la spregiudicatezza e il cinismo, la predisposizione a fregare gli altri, qualche altra volta anche il crimine, dalla ruberia semplice alla mafia. Bisogna curare sempre bene il naso, però, perché i soldi mantengono sempre l'odore dei posti da cui passano. Non è vero che non hanno odore, se si annusa bene, allora ecco l'odore, la traccia di un condono, di una cartolarizzazione, di uno scudo fiscale, di una privatizzazione senza liberalizzazione .... Ma se si annusa bene bene, in fondo in fondo i soldi della rendita hanno tutti lo stesso inconfondibile odore: sanno sempre di lavoro, del lavoro di qualcun altro, odore, sempre, in ultima istanza, magari di salario operaio.

Ora, la cosa comica è che l'arricchito numero uno si agita da giorni, e corre dai magistrati (corre dai magistrati solo quando non sono loro a chiamarlo per legittimi motivi). Pensate: "i dirigenti Ds sono andati una sera a cena con un importante uomo d'affari"! Mi verrebbe da dire: "l'importante, caro Berlusconi, è che non siano venuti a cena con te, con Previti e con Dell'Utri". Anche se, per la verità, tutte le sere ormai siamo costretti tutti a cenare con il capo del governo: si accende la televisione ed è inutile fare zapping, dove pigiate pigiate c'è sempre lui. Nuova versione della par condicio: Berlusconi è parimente su tutti i canali a tutte le ore. Vuole persino prolungare la legislatura per avere quindici giorni di televisione in più. Ciampi ha detto "bisogna garantire la parità". Berlusconi ha risposto: "non parlava a me". E' vero. Cosa volete che parlasse a lui! Però forse, magari, Ciampi parlava al Presidente e al Consiglio di amministrazione della Rai, del servizio pubblico, che, se si dessero una sveglia, non sarebbe malissimo.

E' un diluvio. Si può contrastare un diluvio che cala dall'alto, facendo salire dal basso la voce dei militanti, dei cittadini, della società che si mobilita, che prende la parola, perché "la partecipazione "non è solo" libertà", come cantava Gaber, è anche una formidabile forma moderna di comunicazione. Ed è necessaria la partecipazione delle grandi occasioni, perché la sfida è altissima.

I prossimi anni saranno cruciali. Non è un modo di dire. Anni cruciali perché gli uomini e le donne del nostro tempo si troveranno a cavalcare due onde impetuose, due onde che sovrastano il nostro Paese e il mondo, minacciose. Una è quella nostrana, quella nazionale, è l'onda ripida della crisi italiana.

Il nostro non è un Paese morto, è un Paese perso in un labirinto. E non è certo colpa tutta dell'ultimo governo, ma l'opera vandalica di dissipazione e distruzione di etica pubblica, senso civico, autorità della legge, coscienza nazionale, responsabilità del potere, compiuta da questa destra, ha enormemente aggravato la situazione. L'Italia è pur sempre il Paese del grande balzo del dopoguerra, capace di miracoli: ricco di lavoro, impresa, cultura, storia. Certo, oggi, come si fa, con un sistema di imprese, che certo ha anche i sui centri di eccellenza, ma, in generale, sono così ridotte di dimensione, così poco capitalizzate, così poco internazionalizzate, così poco capaci di innovazione? Come si fa con una scuola e una università in queste condizioni, quando la signora Moratti vorrebbe a tredici anni far scegliere i ragazzi se salire le scale o scenderle? Come si fa con una ricerca che è scesa sotto l'1% del Pil? Con una società che regredisce a forme tribali e castali premoderne? La piramide delle classi si era mossa, con l'avvento della Repubblica. Ora c'è una regressione. Il figlio dell'avvocato e dell'ingegnere fa l'avvocato o l'ingegnere, il figlio dell'operaio fa l'operaio, se è fortunato, sennò fa il disoccupato.

Noi siamo preoccupati dei barconi dei clandestini che arrivano a Lampedusa, ma la società italiana galleggia su un mare di clandestinità. Lavoro e impresa clandestini, 25% del Pil in nero. Redditi clandestini, 200 miliardi di euro di evasione fiscale, un tesoro immenso. Poteri clandestini potenti. Il risultato è il declino. La ragione del declino nasce dalla combinazione di tutti questi fattori. Il declino è, prima di tutto, la disuguaglianza che cresce.

Un anno c'è voluto per il contratto dei metalmeccanici, cento euro. Ma vediamo: il Sole 24 Ore dice che negli ultimi 24 anni sei punti di Pil sono passati dai redditi da lavoro, e anche dal capitale di rischio, alla rendita. Bankitalia, ha documentato recentemente che dal 2000, negli ultimi cinque anni, i redditi da lavoro han fatto meno 2,8 in termini reali, e le classi medie sono scese verso condizioni di maggiore difficoltà, quando non verso il livello di povertà. Quali macchine sociali ed economiche hanno determinato questo assurdo risultato? Io dico che la principale macchina è stata la svalorizzazione del lavoro, la macchina che si chiama "flessibilità e precarietà del lavoro". Intendiamoci: c'è una flessibilità buona e una inevitabile. Ce ne è una buona, perché l'evoluzione delle tecnologie e dei sistemi richiede che il lavoro incorpori nuove conoscenze, sia più "versatile", come dicevano i filosofi antichi, cioè richiede un arricchimento delle facoltà umane. Questo è buono. E ce ne è una inevitabile, perché ci sono i lavori stagionali, i lavoratori assenti per malattia, per congedi parentali, per aspettative; ci sono le opere e i servizi definiti nel tempo; ci sono le lavorazioni in fasi successive. E' oggettivo. Punto. Il resto si chiama sfruttamento. Il dumping sociale dei Paesi emergenti si risolve promuovendo lì i diritti, non importando qui i non diritti del lavoro.

Si stanno massacrando generazioni intere, ormai la stima è 4 milioni, 4 milioni e mezzo di persone che vivono con un lavoro precario. Solo gli ex co co co, oggi co co pro, sono più di un milione, età media 31 anni, reddito medio 13.500 euro lordi l'anno. Vedete, lo Stato sociale, la più grande invenzione politica del mondo moderno, ha significato questo: ha significato sottrarre almeno una parte della vita delle persone alla minaccia dell'arbitrio, del caso, del destino avverso. Ma cos'è, oggi, la vita di persone che ricevono salari da fame e che ogni tre, sei, dodici mesi aspettano col cuore in gola nella paura di perdere quel poco di lavoro che hanno? "Vite di scarto", le chiama Sygmund Baumann. La nostra è una società che produce come suo rifiuto milioni di vite di scarto. E ci sono altri effetti che devono essere valutati. Che cosa ne è del principio della terzietà della pubblica amministrazione, se tutti i nuovi assunti sono precari e non rispondono al cittadino, ma all'assessore, al sindaco, al direttore generale? C'è un'altra lotta per il contratto in corso, nel mondo dell'informazione: che ne è della libertà dei giornalisti, se, come pretendono i gruppi editoriali, non si assume più ad articolo uno ma solo con lavori precari? Prova a dire al direttore di scrivere una cosa che lui non condivide, se hai un contratto a termine! Tutto ciò contrasta con gli articoli 1, 3, 36 della Costituzione, e contrasta con le speranze e le possibilità di uno sviluppo nuovo della nostra società. Io credo che quello del lavoro è un buon bandolo per afferrare la matassa di una nuova politica economica. E questa parte (ho visto che l'ha detto anche Cesare Damiano) della bozza del programma dell'Unione presentata non va. Bisognerà rimetterci le mani.

Io penso che il nostro governo dovrebbe avanzare una proposta forte. Io penso che sarebbe giusto che nel codice civile si prevedessero solo due forme di lavoro: o lavoro dipendente o lavoro autonomo. Tagliando tutto il bosco delle figure a metà. Io penso che debba costare di più il lavoro precario rispetto a quello stabile, e che ci debba essere un limite alla reiterazione dei contratti a tempo determinato. E credo che quando il lavoro viene ceduto ed esternalizzato, l'impresa che lo cede debba mantenere almeno per un periodo la responsabilità della tutela dei diritti del lavoratore. Penso che occorre stabilizzare il lavoro nel settore pubblico. Insomma, penso che nuova politica del lavoro e nuova politica economica alla fine posso diventare la stessa cosa. Vorrei che questo fosse un punto forte della nostra campagna elettorale.

Dico un'altra cosa e concludo. Perché c'è un'altra ondata che investe l'umanità. E con essa dovranno fare i conti gli uomini, tutti gli uomini e tutti i governi di questo inizio millennio. All'Europa, e all'Italia in Europa, vanno particolari responsabilità. Pensateci bene: tre grandi transizioni innescate dalla rivoluzione industriale stanno arrivando al culmine.

Si sta stabilizzando la popolazione mondiale, forse entro una ventina d'anni crescerà ancora un po' e si fermerà a nove miliardi di persone.

Si sta riducendo la povertà estrema, ma c'è un miliardo di persone che restano totalmente escluse dai benefici dello sviluppo e restano in condizioni, come dice l'Onu, di "miseria abietta".

La pressione sul pianeta sta aumentando esponenzialmente.

Siamo troppi, sono troppi questi nove miliardi? L'idea del " mondo pieno", è molto antica. C'è una tavoletta cuneiforme dell'antica Babilonia, quando le terre erano abitate di pochi milioni di uomini, che dice "siamo troppi, il mondo è troppo pieno". Questo incubo ha continuato ad accompagnare la storia dell'umanità. Il punto ulterioredella nostra epoca è che questi nove miliardi saranno per lo più anziani, e più della metà sarà concentrata nelle città. Pensate, avverrà tutto nei prossimi trent'anni. E la crescita sarà concentrata in nove nazioni: India, Pakistan, Nigeria, Congo, Bangladesh, Uganda, Etiopia, Cina, Stati Uniti, (grazie al tasso di immigrazione). Ora, tutti gli scienziati dicono che nove miliardi sarebbe un numero sostenibile, la Terra può dar da mangiare anche a qualcosa di più. Il punto è che non cresce solo il numero degli uomini, cresce l'economia e aumenta la pressione sul pianeta. Emettiamo anidride carbonica tre volte più velocemente di quanto gli oceani e la Terra siano in grado di assorbire. La previsione è di un accelerazione esponenziale del riscaldamento globale, ed entro la metà di questo secolo si può essere arrivati ad un punto di non ritorno. Foreste e riserve di pesca possono esaurirsi anche prima. Noi siamo i testimoni della più grande estinzione di specie viventi dal tempo dei dinosauri, spariscono 25.000 specie, animali e vegetali, l'anno. Ora, la vita sulla Terra cambierà inevitabilmente, non se saremo nove miliardi, ma se le forme di vita sociali tenderanno a quelle degli Stati Uniti d'America. Non possono esistere nove miliardi di persone che consumano diecimila, dodicimila, quindicimila kilovattori di energia a testa.

Insomma, è chiaro che nella sua forma attuale - vorrei che le parole venissero prese esattamente per come sono pronunciate - nella sua forma attuale il capitalismo è incompatibile con il pianeta Terra. Nella sua forma ottocentesca diventò incompatibile con i bisogni umani, e fu riformato con lo Stato sociale. Oggi si consuma troppa materia ed energia, si producono troppi rifiuti. Il petrolio è vicino alla fase dell'esaurimento (tutti rilanciano il nucleare, trascurando, a prescindere dal problema delle scorie, che anche l'uranio è una fonte non rinnovabile scarsa e se si usasse massicciamente, a parte i problemi connessi, ne avremmo per poche decine d'anni). La verità è che non siamo, per usare un titolo di Karl Krauss, agli "ultimi giorni dell'umanità", siamo all'epilogo di una stagione politica, di un'idea politica: il liberismo appare sempre più come una ideologia primitiva.

Le cose ora sono più chiare. Non sarà il mercato da solo a tendere la mano al miliardo di poverissimi, a garantire la distribuzione di beni essenziali: acqua, medicinali, informazione, tecnologia, cibo. Non sarà il mercato da solo a provocare il salto tecnologico, fondato sul risparmio energetico e fonti rinnovabili, indispensabile per rendere lo sviluppo sostenibile. Non sarà il mercato da solo, (magari da solo potrebbe fare il contrario, ahimè!) a curare la follia di un miliardo di dollari spesi in armamenti. Non sarà il mercato da solo a cambiare la società, riducendone la dipendenza dal consumo allargato delle merci. (Non lascerei solo al Papa il grido contro la riduzione dell' uomo a merce, vorrei che ci fosse una parola forte nostra).

C'è uno dei più grandi biologi viventi, E.O. Wilson, il quale è ottimista sul futuro - come credo che dobbiamo essere ottimisti noi, ma ottimisti, non sciocchi o ciechi - che dice: "Nei prossimi vent'anni il mondo sta per passare attraverso un "collo di bottiglia", cioè il periodo di massimo stress per le risorse naturali e l'ingegnosità umana". Il che comporta un salto di razionalità, politica e sociale, perché per affrontare questa prova, passare dal collo di bottiglia, e garantire un futuro all'umanità, ci vuole politica, tanta politica, tanta buona politica, ci vuole intervento pubblico, ci vuole programmazione, ci vuole Stato, ci vogliono istituzioni nazionali e sopranazionali globali, ci vogliono governi. Chi dice che questi sono ferri vecchi, non ha capito nulla. E' lui, indietro di un giro.

Venti anni, l'umanità deve fare uno sforzo straordinario, e l'Italia è un Paese importante in Europa e nel mondo, una delle maggiori economie nel mondo.

Noi saremo al governo. Non è come vincere un terno al lotto. E' una responsabilità grande, è una sfida enorme sulle questioni vere del nostro Paese e del mondo, una sfida così grande che davvero avere ancora a che fare con uno come Berlusconi è umiliante: leviamocelo di torno e cominciamo a parlare delle cose serie. E' una vera grande sfida, è la prova della nostra vita, quella singola di ciascuno di noi e quella del nostro partito e della nostra esperienza collettiva. Impegniamoci a fondo per vincere. Vinciamo. Il lavoro più importante comincia il giorno dopo.


Tratto da www.dsonline.it


Il Giornale - Intervista a Giuseppe Fioroni

28-03-2006

«La Rosa guarda all'800 I Pacs? Non ci saranno mai»

A difesa dell'iper-cattolico duo Bobba-Binetti, che lancia altolà al centrosinistra sulle questioni «eticamente sensibili», scende in campo un esponente ex Ppi della Margherita come Beppe Fioroni, che molti indicano come il vero sponsor della contestata lettera dei due candidati Dl.

Onorevole Fioroni, Bobba e Binetti invitano i cattolici a votare l'Ulivo assicurando che i Pacs non passeranno mai, e mezzo centrosinistra entra in fibrillazione...
«Condivido pienamente quella lettera, perché è un grande contributo per un Ulivo consapevole che una presenza forte di cattolici aumenta i consensi elettorali e impedisce le ridicole strumentalizzazioni del centrodestra che agita lo spauracchio di Zapatero».

I vostri alleati della Rosa nel pugno denunciano una «involuzione ruiniana» dell'Ulivo, ma anche Rosy Bindi parla di un «eccesso di difesa», e dice che nelle liste elettorali non servono «biografie cattoliche di garanzia».
«Quella lettera non è né un eccesso di difesa né una risposta alle aggressioni laiciste della Rosa.È l'affermazione che i cattolici stanno nel centrosinistra a testa alta e schiena dritta, e sono parte di una coalizione plurale senza rischi di egemonie. Non si possono annacquare le biografie per stare insieme, anzi nell'Ulivo ci si sta orgogliosi della propria storia e identità culturale: il partito democratico può nascere solo da una vera e profonda contaminazione, e da un nuovo inizio nel quale sia forte la presenza cattolica».

E al momento giudica che i Ds si siano adeguatamente contaminati con voi?
«Credo che la Quercia abbia imboccato un percorso proficuo, sì. L'unico ostacolo potrebbe essere costituito dall'idea che qualcuno abbia dei geni dominanti sugli altri. Ho apprezzato le parole di D'Alema, consapevole dell'importanza della contaminazione coi cattolici».

I Ds stanno però tra l'incudine e il martello, col rischio di farsi soffiare molti voti laici dalla Rosa nel pugno.
«Non devono sentirsi messi in discussione, e non credo che si faranno condizionare da spinte diverse da quella di sforzarsi per dare un buon governo al Paese. E poi la Rosa nel pugno ha la testa girata all'indietro, non guarda al futuro ma all'800, pone problemi superati dalla storia del Paese».

Onorevole Fioroni, facciamo un gioco, ci dica come voteranno i futuri gruppi unitari Ds-Dl su alcuni temi: il divorzio breve?
«Ci vuole una riflessione seria. A partire da questa domanda: è civile un Paese dove per sciogliere un matrimonio occorre meno tempo che per sciogliere un contratto d'affitto? Non lo è».

Parolina magica: i Pacs?
«Abbiamo chiarito che siamo disposti a riconoscere diritti alle singole persone, anche conviventi. Il riconoscimento della coppia in quanto tale sarebbe un para-matrimonio, e non serve, i Pacs non ci saranno in Italia. Ho due amiche lesbiche splendide, e sono le prime a dire che se ne fregano del riconoscimento del Pacs, quel che chiedono sono diritti precisi, sanitari o pensionistici eccetera».

Testamento biologico?
«La linea è quella sancita dal Comitato nazionale di bioetica: possibilità per il cittadino di rifiutare l'accanimento terapeutico, mai e poi mai legalizzazione di un atto col quale si definisca la qualità della vita che merita di essere vissuta».

E sul finanziamento delle scuole cattoliche?
«Continueremo nel solco iniziato dai governi di centrosinistra, dal '96 in poi: un percorso che garantisca una visione integrata del sistema scolastico, garantendo pluralità e pari opportunità e doveri a scuola pubblica e privata».


E la legge sulla fecondazione assistita?
«Prima di modificarla va sperimentata a fondo. E in ogni caso il tema va affrontato sapendo che i dirigenti del centrosinistra devono rispettare quel 75% di cittadini che non sono andati a votare nel referendum».

Le pare che ormai i ds ne abbiano preso atto?
«Sono una forza politica saggia, che condivide con noi un percorso importante».


Tratto da www.margheritaonline.it

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 Cobas Scuola    - 18-05-2006
All’Istruzione (pubblica?) un ministro legato al Vaticano

Comunicato-stampa

All’interno di una compagine governativa che si caratterizza per l’adesione alle politiche liberiste (Padoa Schioppa come simbolo più eclatante) e per lo strapotere DS-Margherita (ben 19 ministri su 25), risalta la “sorpresa” Fioroni.

Imposto con un diktat di Rutelli, che ha accantonato anche Rosy Bindi, costituisce una fortissima garanzia che Margherita e Ulivo hanno inteso dare alle gerarchie vaticane.

Rispondendo platealmente alle direttive dell’”impiccione” Camillo Ruini che pochi giorni fa aveva fissato i paletti al nuovo governo, in particolare per quel che riguarda la filosofia della scuola-parrocchia, Rutelli ha imposto al MIUR (da cui è stata scorporata Università e Ricerca), Giuseppe Fioroni, uomo fortemente permeato di valori cattolici e assai orgoglioso di essi e del suo legame con il Vaticano. Se a questo aggiungiamo che la Margherita è fortemente contraria alla cancellazione delle leggi Moratti, c’è di che essere allarmati.

Malgrado ciò, invitiamo il neo-ministro – che finora si è occupato di sanità ove, come nella vicenda della legge sulla procreazione assistita, ha fatto risaltare la sua “cattolicità” – a dare ascolto e soprattutto risposte positive alle richieste che, in questi anni di dura lotta contro la politica scolastica morattiana, il “popolo della scuola pubblica” ha espresso con forza: cancellazione immediata della controriforma Moratti, basta con la scuola-azienda e con i finanziamenti alle scuole private, massicci investimenti nella scuola pubblica, completa laicità dell’istruzione e fine delle ingerenze vaticane nell’insegnamento pubblico.

E, ministro Fioroni, contiamo a breve di venire sotto le finestre del “suo” ministero, che vorremmo ritornasse, di nome e di fatto, ad essere “della Pubblica Istruzione”, per segnalarle l’urgenza di fornire al “popolo della scuola pubblica” tali positive risposte.


Piero Bernocchi portavoce nazionale dei COBAS della scuola

 dalla Tecnica della scuola    - 18-05-2006
Fioroni all'Istruzione e Mussi all'Università

di R.P.

Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca si divide in due. L'Istruzione va a Giuseppe Fioroni (Margherita) e l'Università a Fabio Mussi (Democratici di sinistra). Perplessità nel “Movimento”
Si è conclusa in modo inaspettato la vicenda della assegnazione degli incarichi ai Ministeri dell’Istruzione e dell’Università.
La malaugurata ipotesi di separazione del Miur in due ministeri distinti (il termine "malaugurata" lo ha usato il responsabile scuola dei DS, Andrea Ranieri) si è realizzata.
Rosy Bindi data per certa come ministro fino all’ultimo istante è finita al Ministero per la famiglia ("Ma che roba è ?", pare abbia commentato quando ne è stata informata), mentre tecnici di spicco indicati dal Pdci (l’italianista Alberto Asor Rosa, lo storico Nicola Tranfaglia e il rettore dell’Università della Tuscia Marco Mancini) hanno dovuto cedere il posto a Fabio Mussi, diessino che fa riferimento al cosiddetto "Correntone", nato a Piombino nel 1948, deputato dal 1992 per la circoscrizione Pisa-Livorno-Lucca-Massa-Carrara.
Le prime battute di Fioroni rilanciate dalle agenzie di stampa sono un po’ scontate: ''Faro' di tutto per rendere il prestigio dovuto agli insegnanti che sono l'ossatura di questa istituzione. Lavorerò per valorizzare e rilanciare quella straordinaria risorsa che è la scuola pubblica''.
Silvia Costa, assessore all’Istruzione della Regione Lazio esprime "soddisfazione per la scelta di due personalità politiche come Giuseppe Fioroni e Fabio Mussi alla guida di due dicasteri importanti come quelli dell’Istruzione e dell’Università".
E aggiunge: "Esprimo una grande attesa perché si apra una nuova fase, nel rapporto tra le Regioni e il Governo, che veda una forte intesa istituzionale".

Molti dubbi invece da parte del Movimento anti-Moratti.
Francesco Mele, insegnante modenese, uno dei leader del Movimento (ha contributo anche a redigere il testo della proposta di legge popolare per l’abrogazione delle leggi Moratti), è molto esplicito: "In una lettera inviata a Prodi nei giorni scorsi, avevamo chiesto che all’Istruzione ci andasse una persona competente. Appena sentito il nome di Fioroni ho fatto una ricerca in rete per cercare di capire quali competenze abbia il neo-ministro e sono rimasto perplesso e deluso: nei 5 anni della precedente legislatura non risulta che Fioroni si sia mai occupato di scuola o che abbia fatto anche solo una modesta dichiarazione in merito. Mi pare che si tratti di una scelta puramente interna a logiche di partito; ad ogni modo aspettiamo di conoscere anche i nomi dei sotto-segretari per poter dare un giudizio più completo"


 Anna Pizzuti    - 18-05-2006
Avremo tempo e modo di verificare, di valutare, mi dico, ma la delusione è veramente grande. E non perché il nuovo ministro non sia una personalità della cultura o una personalità tout court.
A lasciare quanto meno perplessi è la sudditanza agli ambienti vaticani, e poi la consapevolezza della fatica che ancora si dovrà fare per spiegargli, per fargli capire cosa sia la scuola, prima ancora che per portare il nuovo ministro al punto in cui siamo ed all'elaborazione prodotta durante questi cinque anni.
Quanto tempo si perderà, mi chiedo, e con quali prospettive.

Quello che si può fare fin d'ora, è osservare alcune coincidenze temporali che appaiono piuttosto preoccupanti.

La prima la osservavo qualche giorno fa, leggendo una nota di Tuttoscuola Focus nella quale si riferiva del convegno "Quale sistema di istruzione e formazione per il Lazio?" promosso dalla Cisl il 9 maggio a Roma, durante il quale, con il contributo dell'assessore regionale, on. Silvia Costa, "sono stati analizzati i contenuti di una futura legge regionale sull'istruzione e formazione professionale alla luce della competenza legislativa esclusiva che la Costituzione riconosce alla Regione" e, da parte dello stesso onorevole è stata sottolineata "l'urgenza di sciogliere il nodo della mancata attuazione del Titolo V, parte seconda, della Costituzione perché è condizione anche per il varo della legge regionale sull'istruzione e formazione professionale. "

In altri tempi si sarebbe potuto anche guardare con interesse e con qualche aspettativa alla legge cui si fa cenno, pensandola, magari, come tentativo di riequilibrio delle storture del doppio canale morattiano.

Ma ora che nel programma dell'Unione diventata governo si afferma l'intenzione di cancellare il decreto sul secondo ciclo e si parla di obbligo scolastico a 16 anni nella prospettiva dei 18, che senso può avere una legge regionale ancora "intestata" con la dicitura "istruzione e formazione"?

E che tipo di percorso lascia presupporre, considerata la comune appartenenza politica dell'onorevole Costa e del nuovo ministro?

La seconda coincidenza l'ho verificata proprio questa mattina leggendo il Vademecum per il nuovo ministro della scuola proposto, su Repubblica, da Edmondo Berselli.

"Il tema della scuola è uno dei più delicati perché risulta poco plausibile programmare l´abbattimento integrale della riforma Moratti: anche se la politica del governo di destra ha destato forti inquietudini nel corpo docente, sembra irrealistica l´idea che si possa procedere a colpi di shock e contro-shock su un organismo provato come il sistema scolastico del nostro paese. "
E ancora: "Occorre ripensare un sistema che si biforca precocemente fra un indirizzo professionale e un orientamento volto alla creazione della futura classe dirigente. Nello stesso tempo, non va persa di vista la connessione fra corso scolastico ed evoluzione del mercato del lavoro. "

Coincidenze o "sponde" per il nuovo ministro?


 dal Messaggero    - 18-05-2006
Fioroni: ho una sola priorità, rilanciare la scuola pubblica

di ANNA MARIA SERSALE

ROMA - Giuseppe Fioroni, viterbese, classe ’58, laureato in medicina, specialista di medicina interna, tra gli esponenti di spicco della Margherita, ed ex Dc, è il nuovo ministro dell’Istruzione. Per Fioroni è il primo battesimo di fuoco come membro del governo.
Ora, da ministro esordiente, che cosa pensa di fare?
«Accostarmi con grande modestia ad uno dei dicasteri più vitali, perchè entra nella vita di tutte le famiglie italiane».
Un atteggiamento di ascolto per preparare la strategia di governo?
«Sì, per capire che cosa fare, e per farlo nel modo migliore».
Ma da quali obiettivi parte? Con quali idee di fondo metterà piede a viale Trastevere?
«Sono due le cose che più mi stanno a cuore: ridare il doveroso prestigio agli insegnanti italiani e rilanciare il ruolo della scuola pubblica».
Può spiegare meglio?
«Gli insegnanti sono l’ossatura dello Stato, a loro è stato affidato un compito straordinario, quello dell’istruzione delle nuove generazioni. Meritano un forte impegno perché il loro ruolo venga rivalutato e perché l’Italia vada a testa alta in Europa, senza temere i confronti internazionali sul rendimento della scuola. Le professionalità le abbiamo, dobbiamo soltanto valorizzarle».

Con il governo Prodi per l’Università si torna al ministero autonomo, sganciato da quello dell’Istruzione. Nel grande palazzo di marmo bianco dell’Eur ci sarà Fabio Mussi, 58 anni, livornese, della sinistra Ds, laureato alla Normale di Pisa con una tesi su Adorno e la Scuola di Francoforte. Mussi conosce bene il mondo universitario. «Basta con la fuga dei cervelli, bisogna fermare il declino del sistema universitario. Certamente - ha ammesso - esiste un problema di risorse. Su questo punto - ha ricordato - il programma dell'Unione è chiaro e netto: L'obiettivo nell'arco della legislatura è di arrivare al 2% del Pil destinato alla ricerca, quasi il raddoppio rispetto alla situazione attuale». Va potenziato senz'altro, secondo il nuovo ministro, l'apporto dei privati, ma in Italia, anche per la particolare articolazione del sistema di impresa, i due terzi della spesa devono provenire dallo Stato. Mussi pensa anche a «più alte forme di autogoverno della comunità scientifica», in una prospettiva internazionale. «Non è affatto scandaloso - afferma - che chi fa ricerca si senta cittadino del mondo, ma questo non deve diventare un obbligo. Bisogna creare delle condizioni di occupazione e di reddito - ha concluso - che rendano libera la scelta. Oggi molta emigrazione culturale è forzata. A questa tendenza bisogna mettere la parola fine».

 Da Aprile online    - 20-05-2006
Nessuno tradisca la scuola

Intervista ''a tutto tondo'' ad Alba Sasso. La composizione del governo, la nomina di Giuseppe Fioroni al Ministero dell'Istruzione. La deludente presenza ''rosa'' nell'esecutivo

Tra le critiche sollevate al nuovo governo di centrosinistra due ci trovano d’accordo. La nomina di Giuseppe Fioroni al Ministero dell’Istruzione e il basso numero di donne presenti nell’esecutivo. Ne parliamo con Alba Sasso, deputata, tra le massime esperte di scuola del nostro Paese e in prima fila nella lotta fatta contro la riforma Moratti.

Qual’è il tuo giudizio complessivo sul nuovo governo?
È una buona squadra. Ci sono persone di grande valore. Lavorerà bene. Il discorso d’insediamento di Prodi è stato significativo da diversi punti di vista. Un esempio è il riferimento fatto al mondo del precariato. Questa realtà, purtroppo, ha assunto dimensioni drammatiche anche nel mondo della scuola e dell’Università. Tutti gli atti del ministro Moratti sono stati improntati a raggiungere l’obiettivo della regolarità dell'avvio dell'anno scolastico. Una ricerca di efficienza senza efficacia. E neppure c'è riuscita. Le premessa per elevare la qualità dell’istruzione sono la continuità didattica e la stabilità del lavoro.

A proposito di scuola, ti aspettavi la nomina di Giuseppe Fioroni al Ministero dell’Istruzione?
Credo che non se l’aspettasse nessuno perché si è concretizzata nelle ultime 24 ore. Bisognerà lavorare e fare squadra. Prodi ha parlato di ricostruzione di un'etica pubblica e di cultura della legalità. E dove iniziare se non dalla scuola? Vorrei che fosse chiaro a tutti che almeno il 70% del mondo della scuola ha votato per l’Unione. Queste aspettative vanno ascoltate e debitamente prese in considerazione nel lavoro del governo.

Cosa significa politicamente questa nomina?
Mi auguro che Fioroni - nonostante le cose che si dicono di lui, ossia che sia stato scelto dal Vaticano – sappia capire le esigenze e i problemi della scuola. Ci vuole in questa fase molto equilibrio e molta saggezza. Prodi ha parlato di ricostruire un'etica pubblica e di cultura della legalità. E da dove iniziare se non dalla scuola?

Sei delusa dal basso numero di donne presenti nell’esecutivo?
Molto delusa. Un numero più elevato di donne sarebbe stato un riconoscimento nei confronti dell’elettorato dal momento che in campagna elettorale sono state fatte delle promesse. Sicuramente ci sono donne che avrebbero potuto avere ministeri più significativi. Un maggior numero di donne avrebbe dato più qualità all’esecutivo. Più volte hanno dimostrato, se impegnate nell’amministrazione della cosa pubblica, di raggiungere ottimi risultati.

Il centrosinistra ha mostrato di avere ancora al suo interno una cultura marcatamente patriarcale?
Un pochino sì.

Un’occasione perduta?
Spero che si riesca a recuperare.


 dall'Unità    - 20-05-2006
Non sarò un viceministro “contro”

di Antonella Cardone/ Bologna

VICEMINISTRO “Quando mercoledì mattina mi è stata fatta la proposta, la prima reazione è stata quella di dire: “Non è possibile, non posso andarmene, qui ci sono troppe cose da portare avanti”. Poi mi sono detta che magari poteva essere l'occasione di realizzare questi programmi anche a livello nazionale, e mi sono sentita di non potere dire di no”.
Ed è così che ieri Mariangela Bastico ha lasciato il suo ufficio di viale Aldo Moro e ha fatto rotta verso Roma per assumere l'incarico di viceministro all'Istruzione. Dal 2000 guidava l’assessorato alla Scuola, Formazione professionale e Lavoro della Regione Emilia-Romagna. Una lunga esperienza contrassegnata dalle battaglie contro i danni della riforma Moratti sulla scuola e della legge 30 sul lavoro.
Ora la cinquantacinquenne modenese, già sindaco della città della Ghirlandina, arriva al Governo al fianco di Giuseppe Fioroni.

Viceministro Bastico, allora, preoccupata per il nuovo impegno?
Penso anzitutto che sia il riconoscimento della capacità di innovazione che, come Regione, abbiamo speso sulla scuola in un periodo particolarmente difficile quale è stato quello del governo di centro destra. Credo che si voglia anche premiare il lavoro di elaborazione e confronto prodotto assieme alle altre Regioni, nonché con le forze politiche del centro sinistra nella costruzione del programma di governo.
Sarà difficile scrollarsi l’etichetta di spina nel fianco dell'ex ministro Moratti?
Le leggi che abbiamo promosso in Emilia-Romagna non sono mai state in una logica "contro", ma per il miglioramento della scuola. Oggi c'è l'opportunità di applicare la stessa logica a livello nazionale, portando la ricchezza e la validità dell'esperienza emiliana.
Quali saranno le linee di azione?
Personalmente sono sempre stata convinta della centralità dell’istruzione come leva su cui agire per attivare concretamente i diritti di ogni cittadino e come potente strumento per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Se si vogliono dare uguali opportunità a tutti le ragazze e i ragazzi del nostro Paese, non si può che partire dalla scuola.
Riguardo la formazione professionale?
È un ambito di competenza prettamente regionale, ma sul tema ritengo ci sia la necessità di regole quadro nazionali, per dare forma a un sistema oggi troppo frammentato. C'è da lavorare, ad esempio, sull’accreditamento degli enti di formazione o su una normazione nazionale delle qualifiche professionali, che garantirebbero ovunque la validità del titolo rilasciato.
Che ne pensa del numero di donne del nuovo Governo Prodi?
È positivo che sia maggiore rispetto a tutti gli altri precedenti governi, ma il fatto che siano in prevalenza ministri senza portafoglio dimostra come bisogna investire di più per garantire alle figure femminili la visibilità che meritano. Mi consola l’alto numero di sottosegretarie, ma occorre rilanciare il tema delle quote per garantire la presenza delle donne in politica.
Lascia con rimpianto il lavoro a Bologna?
Decisamente sì, in questo momento sono a Roma, in cerca di una stanza per passare la notte. Ma domattina sarò di nuovo nel mio ufficio in Regione, mi manca già.