Sovegliare e punire
Cub Scuola Torino - 11-05-2006
Note di lavoro

Le note che seguono sono state stese sulla base della riunione che la CUB Scuola di Torino ha tenuto il 28 ottobre 2004 sul tema "Sorvegliare e Punire" con la partecipazione di Domenico Chiesa e Marco Revelli. Le facciamo circolare come contributo ad una discussione che intendiamo, nel prossimo periodo, sviluppare ed approfondire e come strumento di orientamento per le prossime iniziative su questi temi.

Il fatto che sulle questioni della libertà di insegnamento, dell'opposizione all'introduzione delle videocamere e dei badge per insegnanti e studenti, della difesa di gruppi di minoranza presenti in categoria, la CUB Scuola si trovi sin troppo spesso in splendido isolamento non è, per diverse ragioni, casuale.
C'è, su queste questioni, un'attitudine consolidata nel sindacalismo scolastico e non solo scolastico, attitudine che possiamo così sintetizzare:
• la burocratizzazione e riconduzione alla dimensione giuridico dei problemi dei lavoratori come individui singoli. In altre parole, i sindacati tutelano, in qualche modo e con molte ambiguità, i lavoratori isolati a fronte delle vessazioni eccessive dell'amministrazione ribadendo, in questo modo, la propria funzione di avvocati dei lavoratori stessi. In una prospettiva del genere non ha senso una battaglia generale per affrontare alla radice i problemi. Paradossalmente, si può affermare che i sindacati hanno tutto l'interesse a che permanga la situazione attuale
• la tendenza a sottovalutare i problemi dei segmenti "minori" della categoria - per fare un solo esempio, i colleghi che insegnano alternativa alla religione cattolica e che non si vedono riconoscere il servizio. Va ribadito che, in realtà, tutti i lavoratori sono, in qualche modo, appartenenti a minoranze e che il lasciar passare comportamenti discriminatori nei confronti di singoli gruppi significa lasciare indifeso l'assieme dei lavoratori
• un certo qual perbenismo e moralismo che caratterizza settori della categoria e l'assieme dell'apparato sindacale. Per fare un paio di esempi, opporsi alla timbratrice appare come la difesa di un privilegio e non di un diritto, rifiutare le videocamere segnalerebbe una sorta di indifferenza alla scurezza dei bambini, dei ragazzi e delle attrezzature presenti nella scuola.
La discussione di giovedì è servita sia a fare un quadro dei problemi che a individuare delle linee di azione da sviluppare assieme e da portare alla discussione con i colleghi.

Ci limitiamo a indicare le questioni più importanti che sono state sollevate:
• il delirio securitario non riguarda solo la scuola ma corrisponde ad una deriva generale: meno libertà, intesa anche come tutela della sfera privata della propria vita e del proprio lavoro, in cambio di sicurezza. Questa deriva determina un vero e proprio addestramento all'essere sorvegliati, la caduta della sensibilità sull'argomento, il ritorno sulla scena del tradizionale luogo comune reazionario secondo il quale chi si "comporta bene" non avrebbe nulla da "nascondere" . L'immagine del grande fratello non è, a questo proposito, eccessiva. Chi controlla i dati, come e quando li usa, secondo quale logica? Sono domande urgenti ed essenziali;
• la riduzione della società ad una rete di aziende e delle scuole ad aziende con caratteri particolari, comporta l'indebolirsi se non il vanificarsi dell'idea, per molti versi astratta ma ricca di implicazioni interessanti, della scuola come comunità educante caratterizzata da rapporti, anche problematici e conflittuali ma ricchi, fra persone, fra adulti e ragazzi o bambini, fra docenti e discenti. La frantumazione del percorso di apprendimento, l'introduzione di pratiche tratte dal commercio all'ingrosso, la costruzione di comunità spettacolari vuole liquidare il conflitto nella scuola e spazzare via gli effetti di anni di lotte degli studenti e dei lavoratori della scuola;
• particolarmente importante è l'attenzione che dobbiamo porre a quanto sta avvenendo nella scuola primaria con l'introduzione del portfolio che tende a diventare una sorta di schedatura di massa e di strumento di addestramento dei bambini stessi a un vissuto privo di autonomia e di riservatezza;
• vi è una dimensione seduttiva del ricorso alle nuove tecnologie di controllo. Un vero e proprio tentativo di ridurre gli spazi di autonomia, di costruzione di relazioni, di autogoverno. In una società ed in una scuola sempre più frantumate, anomiche, faticose, la megamacchina microelettronica pretende di ricostruire, in maniera autoritaria, un legame sociale che le derive aziendalistiche oggi imperanti distruggono;
• l'introduzione delle nuove tecnologie nella scuola è anche occasione di investimento per le imprese e di valorizzazione per le oligarchie che si sviluppano nella scuola azienda. È necessario affrontare questa deriva sul terreno sindacale imponendo che tutte le risorse che entrano nella scuola siano rese pubbliche, contrattate, occasione di arricchimento per la scuola e non di costruzione di gruppi di potere e di interesse;
• il controllo sui tempi di presenza a scuola rimanda anche al dilatarsi del tempo di lavoro che caratterizza, in particolare, la funzione docente. Intensità della prestazione lavorativa, carattere produttivo dell'autoformazione, della costruzione di relazioni, del ruolo attivo che ci viene richiesto nell'innovazione a fronte della miseria di incentivi volti a dividerci vanno affrontate dal punto di vista sindacale. A un lavoro crescente dobbiamo opporre sia la critica da lavoro inutile e dannoso che la rivendicazione di adeguati riconoscimenti retributivi.

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