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Per il sessantesimo anniversario della Repubblica
Patrizia Rulli - 25-04-2006

"STORIA E MEMORIE DEL DOPOGUERRA"

un convegno con autorevoli ospiti che si terrà:

Sabato 6 maggio 2006 - ore 16.00

Villa Ghirlanda Silva - Sala dei Paesaggi

via Frova, 10 - Cinisello Balsamo


25 aprile 1945 - 1 gennaio 1948

A sessant'anni di distanza il nostro Paese celebra quel periodo straordinario, pieno di speranza, animato da coraggio e impegno che portò l'Italia dalla Liberazione alla nascita della Repubblica e dell'Assemblea Costituente fino alla promulgazione della Carta Costituzionale.

L'Amministrazione comunale ha dato, e intende continuare a dare, risalto a queste importanti scadenze perché ritiene che rappresentino per il popolo italiano il momento della rinascita dagli anni bui del fascismo, il riscatto morale, il patrimonio comune di ideali e valori nei quali ancora oggi ci riconosciamo.

Per chi si batteva allora per una società democratica e per la fine del conflitto, la scelta di schieramento fu chiara. Anche oggi la difesa delle libertà, dei diritti, della pace e della Costituzione deve vederci impegnati quotidianamente, senza esitazioni, nella difesa dei valori della Resistenza che rappresentano la base essenziale dell'identità storica del nostro Paese e sono indiscutibilmente fondamento della Repubblica democratica e della Carta Costituzionale.

Dobbiamo divenire soggetti attivi nel percorso della memoria delle nostre radici e nella consapevolezza che nulla ci è dato per sempre.

Questo primo importante appuntamento vuole uscire dagli schemi della celebrazione per raccontare quel periodo storico in tutte le sue sfaccettature, perché la conoscenza della Storia aiuta a non ripetere gli errori del passato.

Una rilettura della Resistenza che superi l'immagine oleografica e celebrativa non può prescindere dall'affrontare l'analisi storica degli accadimenti dell'immediato dopoguerra che, correttamente contestualizzati, ci restituiscono il quadro del lungo e travagliato percorso verso la democrazia.

Un convegno con autorevoli ospiti che approfondiranno il clima dell'immediato dopoguerra, eredità di cinque anni di conflitto e di due anni di occupazione e il conseguente strascico di violenze che ne seguì e che accompagnò la transizione dal fascismo alla democrazia. Un'analisi delle varie fasi in cui si verificarono le violenze dopo il 25 aprile, la giustizia invocata ma spesso disattesa, la continuità dello stato fascista anche nell'apparato giudiziario, l'amnistia e la revisione delle sentenze. Ma anche la memoria degli innumerevoli eccidi compiuti dai nazi-fascisti durante l'occupazione a danno della popolazione civile che talvolta individuò i partigiani come responsabili morali delle violenze subite. Una giustizia mancata che creò una distorsione di memoria, la ricerca di capri espiatori che rendessero possibile il superamento del dolore. Uno stravolgimento irreversibile dei rapporti sociali che produsse una pluralità di memorie e la rimozione di un passato per alcuni doloroso e per altri scomodo.

Un periodo di conflittualità politica e ideologica che uomini di grande statura morale cercarono di superare attraverso la condivisione di valori comuni per dare ai cittadini una carta fondativa di una Repubblica democratica, casa comune per tutte le realtà del Paese.


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 La Repubblica    - 25-04-2006
I valori da salvare
GIORGIO BOCCA
L´ESORTAZIONE di Romano Prodi a ricompattare il Paese dietro la Costituzione repubblicana è il vero programma di governo che il centrosinistra può e deve dare a se stesso e al Paese nella celebrazione del 25 aprile. Forse ai più giovani questa identità, questa consanguineità fra guerra partigiana e Costituzione democratica non è così chiara, così evidente, così definitiva come appare a chi la vide nascere, a chi si rese conto di persona che l´Italia stava cambiando.
Nasceva, infatti, una patria degli italiani in cui operai e contadini uscivano dagli steccati di classe, e «il figlio di un operaio poteva avere attese di vita come il figlio di un imprenditore», cosa che sorprende ancora Silvio Berlusconi. Una Italia in cui i comunisti cattolici socialisti liberali repubblicani e monarchici hanno potuto votare, lavorare, stampare giornali, formare sindacati, partecipare a libere manifestazioni, insomma far parte di una democrazia. Chi è nato nella democrazia della Costituzione difficilmente riesce a immaginare che cosa era la democrazia regia e borghese.
Ma in quella democrazia gli operai e i contadini vestivano sempre da operai e da contadini, erano sempre riconoscibili dalle loro abitazioni, dal loro cibo, dalla loro educazione; le loro periferie urbane, le loro campagne erano un altro paese, un paese straniero in cui un cittadino borghese si sentiva diverso.
La differenza era che in guerra a morire erano in prima fila i proletari e anche gli operai tenuti nelle fabbriche restavano in linea di principio carne da cannone. Le guerre da cui nasceva l´Italia regia erano in larga parte estranee come scelte di campo, come comando, come partecipazione sentimentale, come propaganda alle classi popolari. In questa Italia divisa era nata una monarchia e dentro la monarchia una dittatura, ma la gente restava divisa, solo il Mussolini a torso nudo sulla trebbiatrice, essere multiforme, demiurgo universale poteva simulare una unità fragile o inesistente. Per fare degli italiani una nazione vera, un popolo, c´è voluta la guerra persa e l´uscita dalla guerra con la Resistenza. Fu sotto i bombardamenti a tappeto che parificavano il centro delle nostre città alle periferie, fu la guerra di popolo partigiana cui partecipavano tutte le classi, tutti i partiti fra cui i misteriosi comunisti che la dittatura aveva costretto al silenzio, alla emarginazione, ad unirci. La Costituzione nacque da questo largo spontaneo, generale riconoscimento della unità di fronte ai diritti e ai doveri di tutti i cittadini.
Nei terribili mesi della recente campagna elettorale mi sembrò quasi incredibile che un uomo politico da molti giudicato astuto e pragmatico come Berlusconi avesse in pratica scelto di mettersi contro questa unità, di raccontare come esseri demoniaci i comunisti, di mancare ostentatamente a tutte le celebrazioni partigiane, di creare un patriottismo fasullo con grande sventolio di tricolori qualunquisti, con gran rimbombo di inni senza senso e senza eco, composti e suonati per il cavaliere pagante.
Se avesse conosciuto meglio la nostra storia recente, in particolare la Resistenza, non avrebbe mai parlato delle formazioni partigiane come di nemici, non avrebbe mai riportato all´onor del mondo i miliziani di Salò, gli alleati fino all´ultimo del nazismo, alleati anche ora quasi senza accorgersene come quel ministro degli italiani all´estero che ancora rimpiange che a Alamein le divisioni dell´Asse non abbiano battuto gli inglesi come se una vittoria dell´Asse non avesse significato la vittoria del nazismo nell´universo mondo. La Costituzione democratica nacque dall´unità e dalla unità a cui parteciparono tutti i componenti dell´arco costituzionale, tutti i partiti della resistenza, tutti i partigiani che avevano camicie e distintivi di colore diverso ma che fortemente volevano un´Italia libera. E siccome la storia della Costituzione e della Repubblica democratica nascono dalla Resistenza e non dalla collaborazione con il nazismo morente, siccome la nostra legislazione del lavoro nasce dalle lotte sindacali e non dalla carta corporativa di Verona, cioè da un raduno crepuscolare del fascismo morente, siccome la storia dell´Italia è questa e non può essere sostituita da rievocazioni del fascismo né rivoluzionario né del regime, difendiamola e onoriamola questa Costituzione, ricuciamo il piccolo strappo che ha subìto, rileggiamo le parole di Calamandrei: “Nelle montagne della guerra partigiana, nelle carceri dove furono torturati, nei campi di concentramento dove furono impiccati, nei deserti e nelle steppe dove caddero combattendo, ovunque un italiano ha sofferto o versato il suo sangue per colpa del fascismo, ivi è nata la nostra Costituzione. Essa può apparire alla decrepita classe politica che lotta per salvare i propri privilegi come una inutile carta che si può impunemente stracciare, ma essa può diventare per le nuove generazioni il testamento spirituale dei morti che indicano ai vivi i doveri dell´avvenire”. Calamandrei peccava in lirismo resistenziale? A noi sembra che l´Italia ne abbia ancora un gran bisogno