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La favola argentina di Mussolini
Repubblica - 24-04-2006
Un libro rivela la beffa ordita nel ´33 a Buenos Aires

Nel 1933 Il Mattino d´Italia, quotidiano fascista degli italiani immigrati in Argentina, lanciò un referendum tra i suoi lettori. Dovevano rispondere alla domanda: «Cosa direste a Mussolini se aveste occasione di parlargli?». Fu un successo straordinario. Risposero in 44.000. Per gli "italiani all´estero", come lui stesso aveva voluto ribattezzare gli emigrati, il duce era l´uomo che aveva dato alla patria ormai lontana un ruolo nel mondo. Era un "padre dell´umanità", un "redentore", un "messia". E sono solo alcuni degli elogi citati da Camilla Cattarulla, docente di lingua e letteratura ispanoamericane a Roma, autrice di uno dei saggi che compongono Fascisti in Sud America, pubblicato da Le Lettere di Firenze. Il volume, attraverso l´esame dell´attività di propaganda tra gli emigrati in Argentina, Brasile e Perù, rivela che i fascisti italiani furono una componente importante delle società d´oltreoceano tra gli anni Venti e gli anni Trenta. Fino al punto di influenzare, anche dopo la fine del Ventennio, i successivi populismi sudamericani.

Il referendum fu realizzato all´indomani della firma del Patto di Roma, in un momento di gran prestigio internazionale di Mussolini, quando il fascismo, come scrive la curatrice Eugenia Scarzanella, docente di storia e istituzioni dell´America latina a Bologna, «offriva agli italiani emigrati in Sud America, indipendentemente dal loro ceto sociale, uno strumento d´identità e insieme uno strumento di integrazione nella società ospite». I lettori del Mattino d´Italia non solo deificano Mussolini, ma spesso lo indicano come modello da portare in Argentina. Non a caso Manuel Galvez, uno dei più illustri tra i collaboratori argentini del quotidiano, vedrà nell´avvento di Peron una versione argentina del duce.

Su questo sfondo avviene un fatto stranissimo. La racconta Vanni Blengino, ordinario di Lingua e letterature sudamericane a Roma, nel saggio dedicato alla metaforica "marcia su Buenos Aires" realizzata dal fascismo proprio attraverso le pagine del Mattino d´Italia. Il 21 dicembre del 1933 - quando ancora il 'referendum' è ancora in corso - un giornale radicale, Critica, irrompe nelle edicole con un titolo perentorio: Mussolini è argentino. Uno scherzo? Una beffa ai danni dei più fanatici tra gli ammiratori sudamericani del duce? Pare di no. Critica dà credito alla notizia. Spiega d´averla appresa attraverso la telefonata di un informatissimo lettore secondo il quale il capo del fascismo e suo fratello Arnaldo sono nati nella "Fattoria dei Negretti" a Puàn, in provincia di Buenos Aires, dall´unione tra tale Giovanni Mussolini, un genovese emigrato in Argentina nel 1865 e rimasto vedovo pochi anni dopo, e Merilla Mattaldi, "giovane italiana di singolare bellezza".

L´inviato di Critica raggiunge Pues e svolge un´inchiesta. Non trova la "Fattoria dei Negretti", né alcuna traccia del duce. L´unico riscontro è il racconto di un collega di un foglio locale il quale gli dice di aver intervistato, poco prima che morisse, tale Alessandro Mussolini, figlio maggiore di Giovanni e dunque fratellastro di Benito e Arnaldo. Questi gli avrebbe confermato parola per parola il racconto del lettore. Tutto qua. Un po´ poco, in effetti. Ma Critica ugualmente (e qua, forse, l´inchiesta fallita diventa consapevole beffa) conclude che la "argentinità" di Mussolini può essere considerata provata in modo definitivo. Non solo. Incrociando le norme italiane (jus sanguinis) e quelle argentine (jus soli) in tema d´acquisizione della nazionalità, afferma a caratteri cubitali che il capo del fascismo è sia italiano, sia argentino.

La reazione del Mattino d´Italia è furibonda. Intanto per l´offesa alla signora Rosa Maltoni di Predappio, la vera madre del duce, e anche al padre Alessandro. Con un editoriale non proprio in punta di penna, il Mattino accusa il quotidiano concorrente di aver agito "con la volgarità propria dei bastardi". Ma pochi giorni dopo è un giornale socialista, La Vanguardia a riprendere la notizia accreditandola come vera. Poi, come tante altre, scompare dai giornali, viene dimenticata. Salvo ricomparire a sorpresa, in forma simmetrica, qualche anno fa in Sardegna. Sono due i libri che sostengono l´italianità, anzi la sardità, di Juan Domingo Peron. Sarebbe nato a Mamoiada, in provincia di Nuoro, nel 1891, come Giovanni Piras, per poi emigrare in Argentina e diventare il leader de los descamisados. Proprio negli anni in cui, con la caduta del fascismo, moriva anche tra gli italiani all´estero il mito del duce redentore.

GIOVANNI MARIA BELLU
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