breve di cronaca
Roma non è Berlino, ma il tempo stringe
La Sicilia online - 06-04-2006
Le polemiche che hanno investito la scuola Ruetli, nel quartiere berlinese di Neukoelln, sono diventate velocemente in Germania argomento di dibattito politico nazionale. L'istituto - situato in un quartiere ad alta presenza arabo-turca, con l'83 per cento della popolazione scolastica di provenienza extracomunitaria - è stato infatti costretto a chiedere la protezione della polizia per proseguire normalmente le sue attività. Un evento che è suonato immediatamente come un campanello d'allarme per l'intera politica d'integrazione condotta dalla Bundesrepublik negli ultimi decenni. Sull'argomento sono dunque intervenuti tutti, dal segretario generale della Cdu Volker Kauder al cancelliere Angela Merkel, che ha anche invitato i suoi connazionali a manifestare con «orgoglio il proprio essere tedeschi» e a difendere quella lingua germanica che nelle nuove generazioni, anche in conseguenza dell'alta presenza di giovani extracomunitari, sembra sempre più corrotta.
L'Italia, come è noto, non si trova ancora alle prese con un numero così ingente di alunni e studenti stranieri; tuttavia - anche stando ai dati forniti da fonti del ministero della Pubblica istruzione - è molto probabile che in un futuro non lontano anche Roma e Milano dovranno confrontarsi con problemi come quelli vissuti oggi da Berlino o Parigi. Attualmente infatti il numero degli studenti extracomunitari iscritti nelle scuole italiane non supera i trecentomila: cifra cui si è arrivati però negli ultimi cinque anni, con un incremento annuo di circa cinquantamila unità. «Negli ultimi anni abbiamo assistito in effetti a una crescita molto forte - commenta al Velino Giorgio Rembado, presidente Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (Anp). Naturalmente l'Italia si è confrontata più tardi della Germania, o di altri Paesi europei, con un problema come quello dell'apprendimento scolastico di studenti di provenienza straniera. Ci troviamo quindi ancora in una fase iniziale, dove i flussi crescono decisamente anno dopo anno ma tendono ancora a depositarsi, per così dire, a macchia di leopardo. Nel senso che ci sono alcune realtà - come a Prato, Milano, o Roma - dove la presenza di alunni extracomunitari è già abbastanza significativa, con punte che possono arrivare al 20, al 25 o anche al 35 per cento degli iscritti, mentre vi sono anche zone dove il fenomeno è ridotto a casi individuali, o quasi». «Conosco situazioni molto positive, come quella dell'Esquilino, a Roma - riprende Rembado -. Parliamo però di realtà che sono partite per prime, e quindi hanno già immagazzinato un tasso di esperienza e professionalità molto elevato nei confronti di scolaresche multietniche. L'integrazione è sicuramente un'esperienza molto difficile, ma là dove è condotta con professionalità è possibile e riesce anche a raggiungere risultati di buon livello». Condizione necessaria, naturalmente, è che la scuola si doti di strumenti adeguati.
«Occorrono alcuni requisiti - spiega il presidente dell'Anp -. Il primo, è quello di avere personale docente flessibile e disponibile a un forte aggiornamento in servizio. In secondo luogo, accanto ai docenti curricolari, occorrono delle figure di raccordo che possono essere di due tipi: i comunicatori culturali e gli operatori linguistici. Personale cioè che abbia esperienze d'insegnamento della nostra lingua anche con alunni che provengono da realtà culturali molto diverse da quelle europee. L'integrazione scolastica è una sfida possibile, pur con tutte le difficoltà che essa comporta. Sicuramente rappresenta, per i docenti, l'occasione per mettersi fortemente in discussione da parte dei docenti.

P. A. P.

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