breve di cronaca
Dalle cyber-scuole ai mattoncini
Ciao zaino, ecco la cartella col chip

MILANO — Niente più zaini pesanti come macigni con dentro libri da portare ogni giorno da casa a scuola e viceversa. La cartella degli studenti sarà presto elettronica e, quindi, più leggera: il materiale sarà nei cd, con forum via Internet, magari con accesso attraverso pc portatili. E così per le giustificazioni, per i compiti, per le iscrizioni, per il pagamento delle tasse, per le pagelle: la carta finirà in archivio e la tecnologia la sostituirà. In 8 scuole delle province di Milano e Brescia il progetto sperimentale, denominato «e-scuola», dovrebbe diventare realtà entro 18 mesi. L'accordo che lo prevede è stato firmato ieri da Comune di Milano, Provincia di Brescia, Ministero per l'Innovazione Tecnologica e Ufficio scolastico regionale della Lombardia. Si tratta di un protocollo d'intesa che promuoverà programmi di servizi amministrativi e di comunicazione fra le famiglie e i professori.

Il ritorno del mattoncino

BILLUND (Danimarca) - Chi pensa che il gioco non sia una cosa seria, lasci perdere queste righe e passi ad altro. Perché qui si parla di un'azienda e delle sue iniziative di studio che fanno del gioco il fulcro del mondo. Imparare giocando è lo slogan di Lego Company, azienda che da un angolo sperduto della Danimarca costruisce giocattoli da settant'anni, e che dopo aver sperimentato nuove produzioni come computer e giochi elettronici, ed aver visto finire in rosso i suoi bilanci, torna alla grande verso l'antico, i sempre verdi mattoncini. Con i quali magari costruire dei robot e animarli collegandoli al pc, ma facendone sempre comunque il punto di partenza di ogni gioco. Perché gioco deve essere creatività e libertà di esprimersi.

Se qualcuno pensa che non ci sia niente di nuovo in queste affermazioni, si fermi un attimo a riflettere su come i nostri bambini trascorrono il loro tempo libero: passivi, davanti alla tivù; oppure a manovrare giocattoli già belli e pronti, mostri o kit che impongono determinati movimenti. O ancora alla loro vita scolastica: seduti immobili, impediti a fare qualsiasi cosa, costretti solo ad ascoltare. L'impegno di Lego è invece quello di divulgare il playful learning, insomma imparare giocando. L'azienda danese non ha mai rinunciato a stimolare l'immaginazione, la creatività, l'entusiasmo dei piccoli e, pur restando un'azienda di giocattoli, ha stabilito un accordo con il più prestigioso centro di ricerca tecnologica, il Mit di Boston, dove un team di Lego fa ricerca finalizzata alla produzione; ha spedito i suoi esperti a collaborare con il Reggio Children, pure quello famoso in tutto il mondo per le innovative tecniche di insegnamento. Si avvale dalla metà degli anni Ottanta della consulenza dell'Università Danese dell'Educazione. E ora, sempre fedele alla sua politica, ha lanciato una nuova iniziativa, il Lego Learning Institute (LLI).

Due volte l'anno focus groups costruiti in Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, composti da insegnanti, artisti, accademici locali e da oltre tremila genitori, sono chiamati a rispondere a una serie di domande che serviranno a disegnare lo stato dell'arte nel gioco nel mondo di oggi. Il primo report è appena stato presentato ed offre alcune curiose conclusioni: intanto i genitori ritengono che i bambini di oggi abbiano pochissimo tempo a disposizione per il gioco, molto meno di quanto ne avessero i loro genitori. Il 94 per cento crede che sia possibile apprendere anche attraverso il gioco, eppure il 65 per cento include nella definizione attività passive come guardare la tivù o stare davanti al pc. Il 70 per cento comprende tra i passatempi la lettura e in Francia, addirittura, un 53 per cento pensa che lo shopping sia un gioco da bambini. Ora questi questionari saranno analizzati e interpretati dai maggiori esperti nello sviluppo infantile.

Oltre duemila anni fa, Platone scriveva: "Evitate le costrizioni e fate in modo che l'istruzione infantile sia un modo per divertirsi. I bambini imparano giocando, l'istruzione imposta non resta nell'anima". Nella prima metà del Novecento, sulla scorta delle teorie dello psicologo svizzero Jean Piaget, Seymour Papert del Mit di Boston, affermava: "Il miglior apprendimento non deriva dal mettere a punto dei metodi migliori di istruzione da parte dell'insegante, ma dall'offerta delle migliori opportunità per costruire la propria conoscenza". E oggi Dorothy L. Singer, docente di psicologia a Yale: "La fantasia sviluppa lati del carattere che sono importanti fattori di successo nella società attuale, quali la capacità di apprendere cose nuove, di pensare in autonomia, di essere creativi. E il successo, nella società di domani, non si baserà sull'informazione o sulla conoscenza, ma sulla creatività". C'è ancora qualcuno che pensa che il gioco non sia una cosa seria?



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 GentileAnnunziata    - 14-05-2002
Credo che i bambini abbiano più che mai bisogno di ritrovare e riscoprire il significato del gioco come espressione della propria personalità e come modalità privilegiata di socializzazione. C'è sempre più difficoltà a relazionarsi e ad accettare e rispettare il prossimo e lavorare individualmente non aiuta il processo di socializzazione. La tecnologia nella scuola va benissimo se vista come un ulteriore mezzo di apprendimento, ma l'esperienza diretta e vissuta nell'interazione con l'ambiente circostante rimane, a mio parere, la più significativa forma di apprendimento. Il gioco e l'uso di materiali strutturati e non, riescono, proprio per la loro semplicità e quindi per la molteplicità dell'utilizzo, a soddisfare tali esigenze e a sviluppare la creatività di cui ogni individuo ha bisogno.