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L'educazione contro il declino di Raffaele Iosa
Gianni Gandola - 29-03-2006
E' uscito, recentemente, il libro "L'educazione contro il declino", ed. Erickson, di Raffaele Iosa. Iosa è indubbiamente un personaggio complesso, discusso (nel senso che ha fatto discutere e che farà ancora discutere), pieno di slanci. Di lui se ne sono sentite un po' di tutti i colori. Anni fa, dopo la sue esperienza di collaboratore-consigliere dell'ex ministro Berlinguer (1996-2000), allorché si chiuse in un periodo di relativo silenzio, si sentì addirittura dire che era passato dall'altra parte, dalla parte politica avversa. Chi non credette a queste dicerie (noi di Scuolaoggi fra questi) si sente confermato dalla sua attuale uscita pubblica, editoriale. Basta leggere infatti il libro in questione per rendersi conto che vi è una assoluta coerenza e linearità fra le idee, le convinzioni e le posizioni che Iosa esprime da tempo. Con buona pace di chi ne ha dubitato.
Iosa non rinnega affatto, anzi conferma più che mai le proprie radici, il proprio orizzonte politico culturale (la scuola di Barbiana, Sergio Neri e Alberto Alberti, e più in là Dewey, Comenio, Freud e Marx: che c'azzeccano questi maestri con il liberismo morattiano e la politica avanspettacolo di oggi? Con il dilettantismo della politica scolastica del centro destra o dell'arido tecnicismo, anche di certo centro sinistra?).

Quel che è innegabile, ad ogni buon conto, è la profonda umanità, la carica di passione che traspira nelle pagine del libro, fin dalla copertina, che raffigura una fotografia di una bambina che corre lungo un sentiero innevato (non è Katherina, la bambina adottata, ma la ricorda da vicino...). Iosa è uno che ragiona con la mente e con il cuore. Simultaneamente. E che parla al cuore e al cervello degli altri. Si tratta quindi di un libro denso di cose, di "pensieri lunghi". Dalla critica alla surmodernità, all'obesità cognitiva, alla frenesia didatticista, al disciplinarismo eccessivo, alle scuole progettificio, per un tempo lento, un tempo slow della scuola, una scuola che Iosa vorrebbe sobria, mite, massimamente attenta ai bambini. Ma vediamo di accennare a qualche passaggio fondamentale di questo tracciato.

Il declino della scuola in occidente. Dietro questo titolo, che è riferito soprattutto al nostro paese, si situa una crisi che non è dovuta solo all'azione del governo di centro destra di questi anni ma viene da più lontano, è ben più profonda, più strutturale. La crisi attuale, per dirla in altre parole, va ben oltre la Moratti. E' una crisi di senso. Ed è qui che Iosa scrive, dal suo punto di vista di educatore legato alla scuola di Barbiana: "La prima delle questioni, e la principale, è se la scuola italiana abbia compiuto la sua mission milaniana, se insomma l'eguaglianza delle opportunità educative abbia funzionato". E ancora: "Penso ci voglia il coraggio di andare oltre gli schemi. Per migliorare l'eguaglianza delle opportunità servono più insegnanti o migliori insegnanti? Servono più soldi o soldi spesi meglio? Serve solo la scuola o invece un'intera società che garantisca più opportunità sociali, economiche e professionali per tutti?"

Di qui la critica alla surmodernità e all'obesità cognitiva dei neo-bambini. "Non è affatto vero che Internet, i mass media, la digitalizzazione della vita, i cellulari e i robot stiano migliorando la vita degli umani. Possono semplificarla, certamente, e ridurre le fatiche brute e ripetitive. Ma l'epoca ci parla di un'obesità cognitiva, più che di una coscienza critica sul mondo, sulle conoscenze e sul Sé." Sul piano pedagogico e didattico, allora, la messa in discussione del mito della conoscenza quantitativa (l'aumento e la diffusione della conoscenza voluto dalla Carta di Lisbona va bene ma di per sé non basta, se non si accompagna all'ermeneutica, ad una conoscenza non solo quantitativa ma critica, ad una coscienza civile). "Questa nostra scuola primaria, che è tra le migliori in Europa, negli anni Novanta è stata infatti devastata non dalla pluralità dei docenti (che anzi riduceva il rischio di insegnanti monodeliranti) neppure dal tanto o poco tempo, ma dalla surmodernità che ha indotto nelle maestre la fregola della quantità: di fotocopie, di progetti, di attività, di feste, di tabelloni e adesso di slide".

Per un "tempo pieno" di vita. Possiamo riparlare di scuola, secondo Iosa, solo se definiamo assieme tutto il tempo dei bambini , se la società tutta ripensa ai suoi tempi con i propri bambini. La scuola "deve offrire ai bambini non solo più tempo, ma soprattutto tempo più lento. Ha bisogno del tempo dei bambini, non delle maestre, neppure quello delle società sportive, o quello delle mamme o dei papà". E ancora: "Soprattutto lasciamo all'autonomia delle scuole decidere il tempo e l'organizzazione. Non si invada l'autonomia con decreti che impongono rigidità, lo spezzettamento del tempo e tante attività privatistiche. Si abbia invece fiducia nella scuola: pochi obiettivi nazionali uguali per tutti, giuste risorse e poi libertà di organizzazione e di didattica".

Così come è di estrema attualità, nella politica scolastica dei nostri giorni, con le sue modalità discutibili di assegnazione di risorse alle scuole (vedi ad es. i fondi per le scuole a forti processi immigratori ma non solo), la critica alle scuole "progettificio". "Progetto. Troppo spesso questa parola è abusata, soprattutto quando è legata ai finanziamenti che presentano il ricatto della presentazione di "progetti" ad hoc. (...) Molto spesso i progetti scritti per avere finanziamenti non hanno alcuna verifica effettiva, quindi sono pienissimi di buone e retoriche intenzioni, visto che l'obiettivo è chiarissimo: prendi i soldi e scappa. Quello che infastidisce gli insegnanti (e i dirigenti scolastici, aggiungeremmo noi - ndr) è che dietro ad ogni progetto ci sono maree di parole, ansiose rincorse al premio finale, parole del pedagogese in libertà. Il caso più bello mi è capitato quest'anno, nella provincia dove attualmente lavoro: per avere posti aggiuntivi sono stati presentati 22 progetti tutti uguali, anzi copiati l'un l'altro, anche negli errori di ortografia. Potenza di Word e dell'e-mail".

Insomma, qual è allora lo sfondo e l'orizzonte nel quale ricollocare la scuola? Ridare ai bambini la bambinità, una bambinità critica, cognitivamente rigorosa e affettivamente aperta, contro le manie proprietarie della genitorialità individualista, per un nuovo patto tra genitori e insegnanti teso a ripensare a fondo la relazione tra adulti che si occupano di educazione. Una scuola meno quantitativa nei contenuti ma più profonda e stabile sulle competenze fondamentali da mantenere per tutta una vita, fuori dalla logica puerocentrica ma anche da quella disciplinarista, fuori dalle frenesie didatticiste, fondata sulla naturalezza dell'apprendere, inteso come incontro tra la persona che impara e la persona che apprende.
Una scuola realmente autonoma (ricordiamo che Iosa fu tra gli estensori del Regolamento sull'autonomia scolastica al quale resta pervicacemente legato). Autonomia intesa non solo come decentramento di poteri ma soprattutto come diversa cultura del rapporto tra cosa pubblica e cittadini.
Una scuola basata su un tempo lungo e lento, il tempo dei bambini. Una scuola ragionevole, mite e sobria, come si addice ad una scuola seria.
Un libro di grande spessore e di grande interesse, quello di Raffaele Iosa. Un libro tutto da leggere e da meditare.

Gianni Gandola

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