Elezioni e costituzione
Renato Solmi - 04-03-2006
LE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE
E IL REFERENDUM SULLA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE


È bene che i cittadini italiani prendano coscienza - ciò che purtroppo non è avvenuto, se non in misura molto limitata, in questi ultimi mesi - del fatto che le prossime elezioni politiche presenteranno un carattere completamente diverso da quello che hanno avuto, a prescindere da ogni altro cambiamento, quelle che si sono svolte dal 1948 fino ad oggi. Esse non avranno, infatti, per oggetto solo la scelta dei rappresentanti nelle due Camere, e della coalizione di partiti che dovrà governare il paese nei prossimi cinque anni, ma saranno anche, implicitamente, una sconfessione o una conferma della legge di riforma della Costituzione (che è, in realtà, il varo di una Costituzione affatto nuova) e di tutte le altre leggi più o meno eversive che sono state approvate a tamburo battente, e praticamente senza discussione, nell'ultimo scorcio di questa legislatura.
È vero che la legge di riforma costituzionale (la cui possibilità, come ha fatto notare Luigi Ferraioli, non era nemmeno prevista dalla Costituzione stessa) dovrà essere confermata da un referendum popolare obbligatorio, ma è difficilmente pensabile che, se le elezioni politiche conservassero in carica la coalizione attuale di governo, l'esito del referendum possa essere in contrasto con esse (o possa avere, comunque, per effetto un arresto dell'eversione costituzionale in atto). E, purtroppo, l'esistenza di questo nesso è tutt'altro che chiara e presente agli occhi dell'opinione pubblica nel suo complesso, comprese quelle parti di essa che sono rimaste deluse dal regime berlusconiano, ma non fino al punto di avvertire la gravità della situazione che si verrebbe a determinare se esso non risultasse, in questa occasione, pienamente sconfitto.
Tanto più imperativo risulta oggi il dovere, per tutti quelli che si riconoscono negli ideali e nei principî dell'opposizione, o anche solo di questa o quella parte di essa, di non cedere alla tentazione di un astensionismo motivato dal disgusto per la politica in generale o da un estremismo velleitario e controproducente (o da mille altre varianti individuali di questa sindrome, che non è il caso di analizzare qui), e di rendersi conto della necessità di essere presenti a un appuntamento o a una chiamata di questo genere, che presenta un carattere pregiudiziale e perentorio rispetto ad ogni altro possibile sviluppo ulteriore o conseguenza secondaria.
Alla gravità della situazione economica e politica interna corrisponde, del resto, sul piano dei rapporti internazionali, un deterioramento progressivo del clima politico generale, in cui comincia a venir meno ogni garanzia e sicurezza, come quella che poteva essere determinata, paradossalmente, nell'epoca della guerra fredda, dall'"equilibrio del terrore" fra le due parti (che ne erano peraltro, a quei tempi, entrambe discretamente consapevoli). E qui si aggiunge, come discriminante ulteriore, e come alternativa irriducibile fra le due coalizioni contrapposte, la scelta di ritirare le proprie truppe dall'Iraq da parte dell'Unione nel suo complesso, che non può fare a meno di incontrare l'approvazione della grande maggioranza del popolo italiano, anche se, purtroppo, dietro di essa, sembra venire meno, da qualche tempo, l'appoggio e il sostegno morale della Chiesa, o, quanto meno, dei vertici della sua gerarchia, che non era mancato, invece, tre anni fa, per merito di Giovanni Paolo II, alle grandi manifestazioni pacifiste in cui si è manifestata, per la prima volta, in forma imponente, la potenzialità di un nuovo soggetto storico e politico capace di mobilitare dietro di sé, sotto nuove insegne, ma senza spezzare la continuità di una lunga tradizione, la maggior parte dell'umanità e dei popoli della terra.
È a questa duplice sollecitazione, la difesa della Costituzione democratica e progressista del 1948 e il rifiuto di ogni concezione egemonica e imperialistica del futuro del genere umano, che devono rispondere, senza alcuna esitazione, e a prescindere da ogni possibile divergenza su altri temi per quanto importanti e significativi, ma su cui sarà sempre possibile cercare e trovare, nel corso del tempo, le necessarie mediazioni, in occasione delle prossime elezioni, come a un segnale di allarme potentissimo, a cui non si può fare a meno di prestare il debito ascolto, tutte le cittadine e i cittadini del nostro paese.

Renato Solmi è membro del Movimento Nonviolento del Piemonte e Val d'Aosta - Red


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