breve di cronaca
Marek e i prof, sfida in classe
Liberazione - 18-02-2006
Insegnanti che si dichiarano felici di avere "il mondo In classe" e altri che tendono ad annullare la diversità culturale

L'alunno straniero? Uno dei tanti problemi della scuola. Al pari del bullismo, dei ragazzi con handicap, delle strutture fatiscenti o del più generale disagio giovanile. E' quanto emerge in linea di tendenza da un rapporto del CNR, realizzato da Camilla Pagani Francesco Robustelli, da titolo Marek a scuola: gli insegnanti e l'inserimento degli alunni stranieri nella scuola italiana. Un lavoro di ricerca durato 3 anni che ha visto coinvolte 10 scuole di diverso ordine e grado ubicate nel centro Italia.
Il metodo scelto è stato quello del "focus group": insegnanti scelti casualmente, riuniti in piccoli gruppi coordinati nelle riunioni da un moderatore e seguiti da un osservatore esterno. Temi prestabiliti che andavano dalla discussione sulla situazione della loro scuola per quanto riguarda l'inserimento degli alunni stranieri, la preparazione degli insegnanti, i problemi più rilevanti incontrati, gli atteggiamenti degli alunni italiani, l'influenza delle diverse culture sugli atteggiamenti degli alunni stranieri nei confronti di quelli italiani, i rapporti fra la scuola e le famiglie. Ne è emerso un aspetto solo superficialmente scontato: il tema dell'inserimento degli alunni stranieri nella scuola è percepito dai docenti come inscindibile da tutti gli altri problemi che caratterizzano la loro normale pratica quotidiana. Una scuola percepita come in forte difficoltà, in cui il ruolo dell'insegnante è spesso frustrato anche nelle sue migliori aspirazioni, sia come figura sociale sia come retribuzione economica. In un simile contesto quello che accade copre una vasta gamma di reazioni: ci sono insegnanti che si dichiarano felici di avere "il mondo in classe" e altri che tendono ad annullare se non a non voler percepire la diversità culturale, nè come problema nè come valore aggiunto. C'è chi cerca di costruire rapporti personalizzati tanto con gli studenti stranieri quanto con gli italiani e c'è chi si limita di fatto a valutazioni oggettive che bypassano le dinamiche che si instaurano in classe.

Manca - e questo è un dato preoccupante - molto spesso nei docenti la curiosità antropologica che porta a voler conoscere in prima persona e poi a riportare in classe, le specificità e le peculiarità culturali dei bambini stranieri, diventano numero non per una integrazione dovuta ad una crescita quantitativa - in alcune classi la loro presenza supera il 50% - ma perché gli elementi messi in campo dalla loro presenza non vengono semplicemente considerati.

Ci sono aspetti pratici di difficoltà come la conoscenza della lingua, l'apprendimento dell'italiano non è mai stato adeguatamente affrontato e sono carenti i corsi di alfabetizzazione con il risultato che i ragazzi stranieri vengono spesso inseriti in classi di bambini di due o tre anni più piccoli. Insufficiente la presenza di figure di mediazione culturale: il mediatore dovrebbe entrare di più nella vita scolastica, è il vero ponte capace di creare ambiti di condivisione, ma spesso mancano le risorse economiche per usufruirne. Preoccupante è poi per gli insegnanti la crescita di forme di razzismo anche nelle scuole medie. Bullismo verso gli stranieri, diffidenza o atti di vero e proprio razzismo soprattutto contro rom e musulmani. Se sono famiglia e media a veicolare questi disvalori sin da età così basse è evidente che la scuola non si è ancora sufficientemente attrezzata per rispondere efficacemente. Da una parte quindi si ignora il peso e l'importanza delle distanze culturali, dall'altra ci si comincia a scontrare con forme di esclusione o di auto esclusione che potrebbero divenire anche ingovernabili. E se la scuola è in ritardo la sensibilità dei soggetti che dovrebbe formare ne risente sia che siano stranieri che italiani. I ricercatori sono rimasti perplessi di fronte ad una palese contraddizione: ad un tema che parlava di multiculturalismo la risposta di molti alunni è stata il racconto della propria solitudine.

Stefano Galieni

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