Scuola e mercato nel mondo globalizzato: quarta puntata
Roberto Renzetti - 10-02-2006
...continua dalla terza parte

VALUTAZIONE DELL'EFFICACIA EDUCATIVA

Sono vari anni che siamo bombardati da una parola intrigante ma vuota: riforma. Occorre riformare tutto, sono tutti riformisti anche se molto difficilmente spiegano cosa e come riformare. Si chiedono deleghe in bianco per poi passare a riforme micidiali di pezzi fondamentali della convivenza civile (lavoro, pensioni, scuola, sanità, giustizia, Costituzione, ...). Chi sostiene che occorre andare cauti è, nella migliore delle ipotesi, un conservatore, quando non una persona che tende a difendere le sue certezze ed i suoi privilegi (sic!). Riformare è un termine che sta all'interno di un altro verbo, altrettanto e forse più affascinante ma ugualmente privo di significato: modernizzare. Sia il riformare che il modernizzare, se non hanno complementi oggetti e varie specificazioni, non significano nulla. Ma figuratevi quale giudizio pioverebbe sul capo di chi si opponesse alla modernizzazione.
Cerchiamo di capire qualcosa di più andando brevissimamente a seguire la modernizzazione della scuola negli USA, perché gli stimoli alla pretesa di nostra modernizzazione partono dagli interessi di quel Paese.
Oggi gli Stati Uniti sono considerati il Paese più avanzato e moderno del mondo intero. Forse non tutti sanno che è anche il Paese con la scuola più disastrata tra i Paesi evoluti e con livelli di ignoranza veramente paurosi (il 65% degli statunitensi non è in grado di trovare su un mappamondo la posizione geografica del proprio Paese, gli USA). Secondo molti analisti il motivo di questo stato di cose risiede nel fatto che proprio negli Usa si è costruita una scuola con valori e metodi propri dell'economia e dell'industria.
Dai tempi del taylorismo (inizi del Novecento) si iniziò a considerare lo studio, ad esempio, del greco e del latino come un fatto eminentemente aristocratico. La scuola, secondo gli industriali ed i finanzieri, in sintonia con il mondo produttivo, deve sfornare persone che siano formate in contabilità, in diritto commerciale, in tecniche di mercato. E' una spesa inutile preoccuparsi di una cosa come la cultura generale (si confronti con le sciocchezze delle tre i e con le modernità reclamate dalla sinistra). La scuola, oltre ad essere centrata sulle cose ora dette, deve anche essere efficace, proprio con analoghi criteri di una qualunque impresa.
L'efficacia è un qualcosa che acquista significato associata con i concetti di quantità e misura. Il test discende da questa esigenza di misura, misura che deve fornire una valutazione quantificata, standardizzata dei risultati scolastici da mettere in relazione con gli investimenti fatti al fine di capire qual è il rendimento dell'operazione. Fanatici di queste operazioni si cimentarono in studi sempre più dettagliati che riempirono la letteratura Usa dei primi decenni del secolo scorso. L'ideale di una misura completa, sempre più perfetta, dei risultati suddetti deve disporre di personale sempre più qualificato ed addirittura addetto allo scopo. Nacquero scuole speciali per formare persone nella tecnica dell'efficiency, i valutatori preparati con una filosofia di dedizione all'industria. Queste persone diventarono imprescindibili nelle scuole con la loro preparazione specialistica. Non sapevano nulla delle problematiche scolastiche nel loro complesso, dei contenuti, di motivazioni culturali. Ubbidivano solo a logiche di gestione aziendale ed erano molto attenti alle pressioni economiche dei finanziatori della scuola. Erano nondimeno considerati esperti di didattica. La scuola risultò così suddivisa verticalmente in due tronconi sempre meno comunicanti: quello degli esperti in scienze dell'educazione e quello degli esecutori (generalmente insegnanti) dei procedimenti messi in campo dai primi. Il carico di lavoro degli insegnanti crebbe sempre più per tutte le incombenze inventate dagli esperti in didattica. Le classi aumentavano di alunni (risparmio), una gran mole di test da preparare e da valutare, mantenimento di libretti scolari degli alunni, statistiche da fare. In questo modo l'insegnante (il tecnico dell'insegnamento) perse sempre più il suo status di trasmettitore di conoscenze. Al fine poi di ridurre i costi si pensò di ridurre anche i programmi e cioè la quantità dei contenuti culturali da trasmettere. Tutte queste cose si sommarono tra loro: le disuguaglianze tra alunni, quelle tra scuole, la forte presenza di materie opzionali, il degrado ambientale e sociale di molte scuole, sfociarono in una generalizzata sfiducia nella scuola pubblica con conseguente apprezzamento delle scuole private che in più fornivano insegnamenti di tipo accademico, compresi quel greco e latino di cui sopra. I riformatori di inizi del Novecento avevano distrutto la scuola pubblica. Ma questo fatto non fermò altri Paesi nell'imitare l'ideale di scuola-impresa che divenne piano piano un argomento forte degli organismi internazionali a gestione maggioritaria degli Stati Uniti. E ci siamo così trovati ad avere proprio i teorici Usa dell'insegnamento a spiegarci la necessità della modernizzazione dell'insegnamento secondo i canoni che avevano dato così pessimi risultati nel loro territorio metropolitano. Ma il fine sembra essere proprio il tentare loro di capire cosa fare per risollevare i disastri scolastici del loro Paese.
Possiamo ora ritornare al culto dell'efficacia che nasce in una scuola pressata dall'impresa o da ambienti politici e sindacali modernisti di sinistra e di neopositivisti che reclamano l' innovazione come valore in sé.
I pedagogisti nostrani si sono fatti veicolo per trasferire la concezione di efficacia come un qualcosa di perfettamente misurabile in tutti i suoi aspetti. Basta che i docenti collaborino per avere un insieme di categorie scolastiche completamente misurabili e, nel loro insieme, definibili come efficacia dei processi educativi. Metodi e tecniche devono però diventare standardizzabili e quindi sfrondati di ogni aggettivo che li rende caratteristici ed individuali. Non è infatti possibile parlare di misura se non rispetto ad una unità di essa o almeno rispetto ad un termine di paragone. E quindi occorre realizzare strumenti utili per operare misure e confronti, come i tests, ma, in accordo con quanto ora detto, su metodi e tecniche standard. Ciò comporta che la stessa pedagogia deve assumere un ruolo burocratico molto accentuato e, come vedremo meglio più oltre, che la pretesa autonomia decentrata dovrà portare a rigidi inquadramenti centralizzati.
I tests sono un poco l'architrave del sistema di valutazione. Agli inizi del Novecento iniziarono ad avere ampia diffusione negli USA. Si stabilirono via via delle tassonomie che trovarono in Italia un certo successo dopo l'esplosione del 1968. In modo molto laico occorre prendere in considerazione ogni strumento che possa aiutare. Ciò che non si deve fare è costruirsi dei totem, dei feticci intoccabili. Uno degli aggettivi che qualificavano e qualificano i tests è oggettivi. Solo questo basterebbe a far intendere il tipo di operazione al quale questi strumenti, a volte utili, si sono prestati. Di oggettivo non esiste nulla e tantomeno i tests lo sono. Rispondono sempre quantomeno all'impostazione di chi li fa e risentono di chi, dove, quando e perché li subisce. Sono figli di una cultura che non è condivisa e, con la scusa dell'oggettività, sono strumenti ferrei di selezione che non forniscono un ampio spettro di informazioni sulla persona che subisce il test medesimo. Vi è poi una gigantesca operazione commerciale dietro le batterie di tests. La possibilità di costruire questi strumenti in grado di funzionare decentemente è tutta legata ad alcune condizioni ineludibili. Intanto la taratura, che prevede classi di controllo. Nel dire questo sto dicendo che la gestione di un test non può avvenire all'interno di una classe, non può essere di un singolo docente. Serve la disponibilità della scuole ed a volte di più scuole. Il test in sé non consiste poi in una serie di domande a caso. Si tratta, ad esempio, di ripetere opportunamente la stessa domanda in altro modo per controllare chi ha risposto a caso; si tratta di misurare l'efficacia delle singole domande (quelle a cui tutti rispondono non misurano nulla, come quelle a cui non risponde nessuno); si tratta di studiare il linguaggio utilizzato nelle domande; si tratta di dosare opportunamente il tipo di domande (risposta aperta, si o no, vero o falso, scelta multipla, ..). Insomma è un'impresa che, negli Usa, è realizzata da agenzie specializzate e che muove una montagna di dollari. Le agenzie correggono pure i tests. Insomma è una vera e propria catena di montaggio inesorabile che alla fine deve convincere dell'oggettività dell'insuccesso di qualcuno.
Di queste incombenze si fanno carico i docimologi, branca collaterale ai pedagogisti. Fanno uso, pensate un poco, di matematica sofisticata, di statistica, di istogrammi e grafici. Ancora non sono arrivati all'uso del test del chi quadro ma non glielo dite altrimenti lo piegheranno a loro fini. Valutano su griglie costruite al fine di misurare ciò che a loro conviene che non è necessariamente ciò che conviene allo studente (39). Una griglia la propongo perché spiega tutto meglio di qualunque discorso. Ecco cosa occorre valutare da una sola domanda (tipologia A o B degli esami di Stato, ad esempio) con 15 righe di risposta o con 3 risposte da 5 righe:


VARIABILI CONOSCENZE COMPRENSIONE APPLICAZIONE ESPRESSIONE CAPACITA' DI ANALISI CAPACITA' DI SINTESI E CRITICHE IMPRESSIONE GENERALE
  1) Contenuti 1) Cogliere senso 1) Saper applicare le conoscenze 1) Impostazione fluida e corretta 1) Approccio metodico ed accurato 1) Rielaborare 1) Ordine e chiarezza
   2) Cogliere implicazioni   2) Proprietà di linguaggio   2) Commentare i risultati 2) Grafica
      3) Gestire nuove situazioni 3) Completezza
LIVELLI L'alunno ha: L'alunno: L'alunno: Si esprime: Effettua: Sintetizza in: Svolge:
Basso . Voto < o = 4 Conoscenze gravemente lacunose Commette gravi errori di comprensione Commette gravi errori nell'applicazione Con difficoltà ed imprecisione Analisi gravemente lacunose e scorrette Modo scorretto o incoerente In modo caotico e con troppe correzioni
Medio basso. Voto 5 Conoscenze carenti Commette qualche errore di comprensione anche in argomenti semplici Commette qualche errore ma sa applicare in argomenti semplici Con improprietà linguistiche ed incertezze Analisi parziali Modo semplice ed impreciso In modo piuttosto caotico ed incompleto
Medio. Voto 6 Conoscenze globalmente complete con qualche imperfezione Coglie correttamente il senso ed i contenuti di argomenti semplici Sa applicare le conoscenze in argomenti semplici Analisi corrette In modo semplice con qualche incertezza Modo semplice ma corretto In modo abbastanza ordinato
Medio alto. Voto 7 Conoscenze complete con qualche imperfezione Coglie correttamente il senso ed i contenuti anche di argomenti complessi Sa applicare le conoscenze anche in argomenti complessi con qualche errore In modo semplice ma corretto Analisi complete Modo corretto e completo In modo ordinato
Alto. Voto 8 Conoscenze complete e articolate Sa interpretare un concetto cogliendo correlazioni Sa applicare le conoscenze anche in argomenti complessi Con proprietà linguistica Analisi complete e coerenti Modo completo corretto e chiaro In modo ordinato, chiaro e senza troppe correzioni
Molto alto. Voto 9/10 Conoscenze complete, ampliate e personalizzate Coglie implicazioni e determina corrette correlazioni Sa applicare le conoscenze anche in argomenti complessi e con le migliori procedure In modo fluido e con un lessico ricco e appropriato Analisi complete e approfondite Con precisione e completezza In modo ordinato, chiaro, senza correzioni e con buona presentazione


Il voto deve nascere dall'intersezione di conoscenze, comprensione, applicazione, espressione, capacità di analisi, capacità di sintesi e critiche, impressione generale. Il presunto esperto che crede di aver costruito una tabella oggettiva dovrebbe spiegare da dove ha tratto lo zero della sua scala di valutazione e, a proposito di oggettività del test, che significato hanno parole ed espressioni del tipo: grave, lacunoso, difficoltà, imprecisione, scorretto, parziale, semplice, carente, qualche, incertezza, caotico, completo, articolato, coerente, troppi, abbastanza, ... Se non si fa questo si è fatta una operazione di facciata, buona per i grulli ma assolutamente inutile.
Il docente che dispone di quella griglia, dovrà poi assegnare dei pesi ad ogni singola voce di modo che occorrerà un calcolo non elementare per assegnare il voto finale. Il docimologo ha anche uno schema per questo, schema dal quale è un poco più semplice assegnare il sospirato voto finale

a = conoscenza
• b = comprensione
• c = applicazione
• d = espressione
• e = metodi e capacità di analisi
• f = sintesi e capacità critica
• g = impressione generale

a + b + c + d + e + f + g = 10
p1 + p2 + p3 = 15
*********************************************
1° sottoquesito

Materia

p1

a

b

c

d

e

f

g

1)        
2)        
3)        
4)        

Spero si sia capito che la gestione di questi marchingegni che hanno soprattutto la caratteristica della stupidità richiede moltissimo tempo. Nel corso di un anno occorrerebbe somministrare almeno una decina di tali test nelle classi che comunemente sono di un insegnante. In una classe vi sono almeno 25 alunni. In tre classi vi sono 75 alunni. Moltiplicando per 10 si ottengono 750 prove da correggere. Occorre poi preparare queste prove (10 per classe, cioè 30) e la cosa non è semplice dal punto di vista della docimologia. Qualunque domanda che si rivolge per iscritto ai ragazzi la si deve suddividere in tanti piccoli periodi ciascuno dei quali deve poter essere valutato dagli insegnanti a seconda di ciò che a priori desiderano. Per far ciò si devono assegnare punteggi parziali ad ogni singola risposta e, per evitare di imbrogliare con preconcetti riguardo agli alunni, si deve fornire la risposta scritta con il massimo punteggio che daremmo. Questa prova preparata e risolta analiticamente dagli insegnanti la si deve depositare presso il Dirigente in modo che vi sia il notaio indipendente ed al di sopra delle parti. Tralasciamo ogni possibile indignazione per il ruolo che il docimologo assegna al docente e ricordiamo quali sono i lavori che l'insegnante deve fare: preparare non una ma varie domande da fare ai ragazzi; rispondersi come si vorrebbe rispondessero i ragazzi; assegnare i punteggi parziali con i relativi pesi. Ho detto questo solo perché si intenda cosa diventa via via l'insegnante nella scuola e come diventa impellente la necessità di far fare questo lavoro ad agenzie specializzate all'esterno della scuola (private ed a pagamento).
Per quanto distorcente, il modo di valutare ora visto non è la cosa peggiore che ci si possa spettare. Il peggio consiste nel fatto che i docimologi sovrappongono allegramente una valutazione a metodi didattici completamente differenti; fanno una operazione anticulturale per eccellenza.
E' quanto ad esempio si è realizzato con le valutazioni IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), P.I.S.A. (Programme for International Student Assessment), TIMMS (Third Internationale Mathematics and Scienze Study ), OCSE (Organisation for Economic Co-operation and Development) in Italia e nel resto del mondo (40).
A roposito di tali valutazioni della efficacia delle riforme nella nostra scuola, si è costituito un Servizio Nazionale di Valutazione alle dipendenze del Ministero (MIUR). Di fronte agli insuccessi dei nostri studenti di fronte alle prove PISA, il MIUR della Brichetto Moratti dà indicazione di insistere su quanto si sta facendo con documenti in cui, dopo aver premesso che (41):

Nella tradizione scolastica italiana è prevalente il fine della trasmissione di conoscenze ed abilità disciplinari. Gli studenti "bravi" sono spesso quelli che "sanno" e "ripetono" quanto si insegna loro.
L'indagine Pisa, in linea con la più recente legislazione scolastica dal Dpr 275/99 alla Legge di Riforma 53/2003, conferma l'esigenza di trasformare la scuola da "sistema organizzato per l'insegnamento" ad "ambiente di apprendimento" capace di portare gli studenti ad utilizzare i saperi scolastici per crescere come persone che vivono nell'attuale società complessa.
Occorre, pertanto, favorire una riflessione ampia e articolata sulle modalità di insegnamento delle discipline (Quale italiano? Quale matematica? Quali Scienze?), per spostare il baricentro dalla sola trasmissione di conoscenze e abilità astratte (eccessivi contenuti ed eccessive sequenze di tecniche esecutive) alla loro applicazione in contesti di problem solving
.


Dopo cioè aver dato per certo ed indiscutibile il risultato dell'ultima indagine PISA e per altrettanto certa l'arretratezza della scuola italiana, si afferma:

Ci aspettiamo che il Servizio Nazionale di Valutazione, nel predisporre le prove nazionali, tenga conto delle metodiche e dei risultati delle indagini internazionali ... Occorre arrivare preparati ... (ai prossimi) appuntamenti. Il punto di partenza deve essere la diffusione e riflessione nelle scuole dell'indagine Pisa. In particolare, trattandosi di indagine sui quindicenni, si propongono riflessioni approfondite e simulazioni da parte dei docenti di italiano, matematica e scienze delle scuole secondarie di 1° grado e del primo biennio delle superiori

mostrando a chi è scettico che occorre preparare gli studenti a determinate prove e, peggio, che l'insieme del lavoro della scuola deve essere finalizzato non tanto alle scelte autonome (se la cosa non fosse drammatica ci sarebbe da ridere) quanto al successo nelle prove internazionali, successo che vale una medaglia alla Brichetto Moratti ed una ulteriore svalutazione per la nostra scuola. Occorre spiegare alla ministra per caso, visto che i pedagogisti ed i docimologi sono di corte e non lo faranno mai, che una prova di valutazione è strettamente connessa con ciò che ci si propone di conseguire, con quanto si è fatto, con i metodi didattici e con le tecniche di valutazione utilizzate. Non è pensabile una prova di valutazione costruita in un luogo, con la presunzione di sua neutralità e quindi bontà, somministrata in altro luogo dove si è lavorato in modo completamente differente da quel tipo di valutazione. Nella scuola spagnola, ad esempio, dove da molti anni si lavora con test di vario tipo e solo con quelli, si hanno risultati discreti in prove che si basano su tests. In quella scuola non esiste valutazione orale. Se la valutazione la si dovesse fare con i metodi che noi conosciamo, si avrebbero interessanti sorprese (è d'interesse notare che i giovani spagnoli non sanno discutere tra loro. Le eventuali dispute non sono accompagnate da argomentazioni dialettiche ma dalla voglia di distruggere l'avversario con affermazioni nette alle quali non è ammessa replica). Ma l'insistere con i tests, dietro una pretesa efficienza del mezzo, nasconde la violenza della loro accettazione come unico modo di valutare e, conseguentemente, la trasformazione della scuola in un luogo dove si devono introdurre questi strumenti di valutazione e non altri. In questo ultimo caso il rischio è perdere il treno dell'essere in posti più elevati nelle graduatorie mondiali. Insomma lo strumento di valutazione imposto internazionalmente sta modificando radicalmente la nostra scuola. Si tratta di attendere qualche anno, quando gli ultimi insegnanti resistenti saranno andati in pensione.
Ho comunque parlato di efficacia ma ancora non sono entrato in un dettaglio non da poco: che cosa è che realizza un insegnante efficace? L'efficacia di un operatore scolastico è riproducibile? Vi sono cioè metodi e tecniche che rendono gli insegnanti efficaci e sono poi trasferibili ad altri insegnanti? Anche qui, come per altre cose che ho discusso parlando di valutazione, tutto dipende da quali sono gli obiettivi che si hanno in mente di conseguire con un tale insegnante, in quale processo deve essere inserito. Fino a qualche tempo fa l'insegnante doveva trasmettere delle conoscenze formando intellettualmente e professionalmente gli alunni. La sua efficacia misurata su questo darebbe alcuni risultati. Se è invece misurata su altro, la sua efficacia decresce, anche drasticamente. Se, ad esempio, si dovesse misurare come gli ex alunni si adattano al lavoro, come sono preparati per un dato lavoro, come sono stati integrati gli immigrati, come e se si rifiuta la violenza, evidentemente i risultati potrebbero essere diversi. Sto cercando di dire che l'efficacia non è una grandezza evidente e di per sé univocamente misurabile. Si tratta di un concetto che ha certe valenze in certe epoche storicamente determinate e valenze che possono cambiare rapidamente. Insomma si tratta di una convenzione sociale, frutto delle opinioni di pedagogisti, di ideologie, di rapporti di forza. Il concetto tende anche a confondersi con quello di efficienza tanto caro agli economisti (nella legge 59 del 1997 di Bassanini si parla più volte delle due cose insieme: efficienza ed efficacia del processo educativo). L'efficienza in economia consiste in questo. Una impresa ha alcuni risultati produttivi. Tra gli obiettivi che l'impresa si dà vi sono sempre quelli di aumentare (rendere massimi) i risultati conseguiti. Traducendo questo nella scuola viene fuori che, occorre dare il massimo con il minimo finanziamento per obiettivi che sono in sé oscuri o comunque non ben quantificabili. A meno che non si passi a numeri che di per sé non dicono nulla sulla crescita culturale degli studenti: numero di diplomati, percentuali di abbandono scolastico, percentuali di buone votazioni, ... tutto da mettere in relazione con quanto si è investito e con le necessità dell'impresa (in fisica efficacia ed efficienza sono sempre definite come rapporto tra due grandezze che, in somma sintesi, sono quanto si dà e quanto si ottiene). Questo tipo di calcoli sono una specialità della Banca Mondiale. Li iniziò andando a calcolare l'efficacia dei soldi dati per lo sviluppo scolastico dei Paesi africani. Venne fuori che i docenti di quelle scuole dovevano rinunciare a gran parte del loro salario (già miserrimo) o aumentare il numero degli alunni nelle classi per avere un corretto numero di efficacia dell'intervento. E questo credo spieghi bene tutto e faccia intendere che l'efficacia è intesa solo in senso economico stretto. Ciò che si misura è solo una parte dell'insieme. E' una pia illusione pensare di misurare tutto. Come si può misurare la parte critica dei contenuti trasmessi? Come la ricaduta civile? come misurare l'apertura mentale e l'accettazione di altre culture? Come la tolleranza? Come l'onestà, l'amore al vero, all'uguaglianza? Come, in definitiva, misurare tutto ciò che ancora moltissime famiglie ritengono essere il risultato occulto ma più importante della socializzazione che la scuola opera? Coloro tra pedagogisti e docimologi che pensano di poter misurare tutto sono figli della metafisica della scienza che è il Positivismo. Sono innovatori normalizzati dalla cultura dominante, capaci di negare la complessità del reale sull'altare del modello liberista. Inoltre occorre sempre avere presente che anche la valutazione dell'efficacia è soggetta alla ferrea legge dell'efficacia, con tutto ciò che consegue se i misuratori non arrivano ad indicare drastiche cure di dimagrimento spese.
Le nuove tecnologie sono il complemento necessario all'efficacia. L'idea di modernizzazione in fabbrica è sempre stata associata all'ammodernamento degli impianti, cioè alle nuove macchine. Quando si parla di nuove tecnologie nella scuola si ha a che fare con pedagogisti che provengono da studi umanistici e che hanno la venerazione maniacale per le macchine e la tecnologia, credendo che siano un elemento fondamentale per superare le difficoltà didattiche (come se Gentile e Lombardo Radice avessero puntato sulla dattilografia per la riforma del 1923). Ed in completa sintonia con l'esaltazione delle nuove tecnologie vi sono gli industriali europei dell'ERT che affermano (42): E' ormai ora di trasformare l'aula della classe con gli stessi benefici avuti dalla tecnologia e dalle tecniche di gestione che hanno rivoluzionato ogni luogo di lavoro nell'industria e negli affari.
Anche in Europa, come negli Usa, i problemi didattici dovrebbero essere risolti con strumenti meccanici. E sappiamo come sono finiti gli Usa ...

continua

NOTE

(39)
Vedi il mio A che servono i pedagogisti? (per non dir di docimologi)
(40) Vedi http://www.fisicamente.net/index-898.htm e PISA-OCSE: efficacia ed efficienza nella scuola della globalizzazione.
(41) ibidem
(42) ERT, Education for Europeans, towards the Learning Society, 1994.


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