breve di cronaca
Scuole di scambio
Il Manifesto - 06-02-2006
Finanziamenti diretti alle private

ROMA - E' inarrestabile e incurante degli ostacoli la corsa di Letizia Moratti verso la poltrona di sindaco di Milano. Così che di quest'ultimo scampolo di legislatura, il ministro approfitta per collezionare transgenici fiori all'occhiello - l'anticipo della sperimentazione, in barba agli accordi presi in sede istituzionale con regioni e sindacati - o per distribuire a destra e a manca (ma con sicura propensione per la destra) doni non esattamente inaspettati.
Approvato dalla camera in via definitiva, il decreto sull'università (oltre a contemplare "un incremento di oltre 32 milioni di euro al fondo per il sostegno dei giovani") servirà, infatti, anche a "mettere ordine" nell'universo delle scuole private. Per un verso consentendo alle scuole primarie paritarie di poter accedere a quelle convenzioni sinora destinate alle sole scuole parificate (elementari), per altro verso dando l'opportunità alle semplici scuole private di fregiarsi del titolo di «scuole non paritarie riconosciute» e di assolvere così il diritto-dovere all'istruzione (ma senza rilasciare diplomi). Per farlo, sarà necessario il solo rispetto di alcuni requisiti minimi: docenti con titoli professionali idonei agli insegnamenti (dunque, non necessariamente abilitati), alunni dell'"età giusta", locali a norma di sicurezza e programmi a norma di Costituzione. Quel tanto che basta per tagliar fuori dalla "selezione" le scuole private indesiderate. Come la scuola islamica di via Quaranta.

"La Casa delle libertà - commenta Alba Sasso (Ds) della Commissione cultura della camera - impedisce una libertà fondamentale prevista dalla Costituzione. Sino ad oggi, le scuole private che chiedevano di diventare paritarie non avevano bisogno di autorizzazione - anche grazie a una sentenza della corte costituzionale del 1958 che vietava il controllo preventivo sulle scuole libere - ma solo di una presa d'atto da parte del ministero. Da oggi non sarà più così".

Le norme approvate, in sintesi, introducono surrettiziamente un contributo alle scuole paritarie che la legge 62 sulla parità non prevede e, in tal modo, allargano la «platea» degli aventi diritto ai finanziamenti. A fronte, naturalmente, di una totale mancanza di copertura ma soprattutto rimandando la concessione dei contributi - già devoluta alle regioni - a un regolamento governativo.

"Con l'approvazione delle nuove norme - afferma Titti De Simone, capogruppo di Rifondazione comunista in commissione cultura alla camera - la maggioranza è andata ben oltre la legge di parità, ridefinendo di fatto il sistema scolastico in una logica di scuole di tendenza che potranno operare sulla base delle regole di mercato, con evidenti finalità di scambio elettorale. Il bisogno di voti spinge a legiferare senza senso su materie fondamentali".

Quanto all'anticipo della sperimentazione, nuove critiche all'operato del ministro sono arrivate ieri dall'Anci.

IAIA VANTAGGIATO

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 da Tuttoscuola focus    - 06-02-2006
Riprtiamo una riflessione interessante per il giudizio di metodo sull'efficacia politica delle azioni di un MInistro per l'Istruzione. Prima ancora di entrare nei vari meriti

Mentre la Merkel rilancia la cooperazione istituzionale, la Moratti la affossa

Consapevole del fatto che non si può essere competitivi senza un sistema formativo di elevata qualità, il Cancelliere tedesco Angela Merkel lancia una grande intesa tra Governo, Lander e privati per investire nell’istruzione.
In Italia, viceversa, si registra una crescente difficoltà nei rapporti tra il governo, le Regioni e le Autonomie territoriali.
I recenti comportamenti politico- amministrativi del Miur (decreti sulla sperimentazione, di definizione tabelle confluenze, di corrispondenza dei titoli, di utilizzo della quota oraria del curricolo riservata alle istituzioni scolastiche) evidenziano impietosamente un vero e proprio collasso istituzionale che deriva in modo diretto ed evidente da una quasi totale mancanza di governance.
Il Miur sembra incapace di costruire un rapporto nuovo, lineare, non occasionale e strumentale con le Regioni, nonostante la pregressa travagliata esperienza del decreto legislativo n. 226 sul secondo ciclo.
Né si ravvisa da parte della maggioranza delle Regioni una gran voglia di collaborare in questa fase.
Tra i due litiganti, verrebbe da dire, chi ci rimette sono i cittadini: le proposte del Governo alle Regioni relative alle predette questioni ponevano questioni di merito di natura tecnica e giuridica che andavano affrontate in forma costruttiva nell’interesse del paese. Che troppe volte viene dopo.