Abbiamo delineato in un
articolo precedente luci ed ombre della
bozza di legge di iniziativa popolare per una "buona scuola" per la Repubblica avanzata da Retescuole. Più le ombre che le luci, volendo deliberatamente essere il nostro contributo un'analisi critica del testo. Ci riservavamo di entrare più dettagliatamente nel merito di alcuni aspetti che ci lasciavano alquanto perplessi. Uno di questi è la questione degli organici. Questione non di poco conto se si pensa che una delle principali critiche che vennero mosse nel 1990 alla legge 148, istitutiva dei moduli e del tempo pieno nella scuola elementare, riguardava proprio questo punto. Si disse infatti che quella legge era stata fatta, dietro le pressioni sindacali, sostanzialmente per aumentare i posti di lavoro nella scuola.
In realtà, se questo era indubbiamente un effetto della 148, il suo cuore pulsante era costituito da un'idea di scuola coerente e lineare, fondata sul "gruppo docente", ritenuto lo strumento organizzativo più idoneo per attuare i Programmi del 1985, stabilendo con ciò uno stretto legame tra "contenitore" e "contenuto" sul piano pedagogico e didattico.
Occorre dire peraltro che in quella fase un'espansione degli organici era possibile (ed infatti lo è stata). La situazione oggi è ben diversa, ed è questo che rende la bozza di proposta di legge di Retescuole - in tema di organici - del tutto irrealistica e insostenibile.
La proposta di legge prevede infatti:
- art.1, comma 6 (organico): un numero massimo di alunni per classe non più di 25 - com'è da più di trent'anni - ma di 22 (19 - e non più 20 - in presenza di alunno disabile, anche meno in caso di 2 alunni h)
- art.1, comma 7 (dispersione scolastica): a ciascun Istituto Scolastico lo Stato assicura una dotazione aggiuntiva di docenti opportunamente specializzati per "
interventi rivolti agli/lle alunni/e in situazioni di disagio socio-ambientale e/o in difficoltà di apprendimento" (distintamente dagli alunni "disabili", quindi)
- art.1, comma 8 ("alunni diversamente abili"): nella determinazione dell'organico va garantita l'assegnazione di docenti di sostegno per tutto l'orario di permanenza a scuola dell'alunno/a -
- art.1, comma 9 (alunni stranieri e educazione interculturale): la dotazione aggiuntiva verrà determinata in misura di un docente ogni 5 alunni con necessità di prima alfabetizzazione e di un docente ogni 25 alunni di recente immigrazione (da meno di tre anni in Italia).
Ma qualcuno ha provato a fare quattro conti? A tradurre quei parametri in termini concreti di organico? Tutto ciò comporterebbe intatti una lievitazione incredibile degli attuali organici docenti. Proviamo a fare una "simulazione" (o meglio, un'ipotesi di concreta applicazione di quanto sopra delineato...). Prendiamo una scuola elementare (reale) di media entità, collocata in una zona urbana non periferica di Milano, con la propria, attuale, dotazione organica (due plessi scolastici, 34 classi, 707 alunni dei quali 146 stranieri, 62 insegnanti titolari di classe, 19 alunni disabili certificati, 10 insegnanti di sostegno, 1 insegnante facilitatore, per un totale di
72 docenti, più 3 di inglese e 2 di religione).
La stessa scuola aumenterebbe l'organico di quanti posti? A dir poco 4 o 5 per effetto delle classi (6 sezioni) che superano il numero massimo di alunni previsto. Occorrerebbero almeno 26 docenti di sostegno (quindi altri 16) se si dovesse garantire la copertura di almeno trenta ore (non 40, ma semplicemente 30!) di permanenza a scuola di
tutti gli alunni disabili certificati. Stranieri: occorrerebbero almeno 3 docenti per gli alunni di recente immigrazione (tre anni) e almeno altri 2 per quelli appena arrivati.
In totale,
a voler star bassi, fanno
25 docenti in più rispetto agli attuali 72! A questi andrebbero aggiunti altri docenti per gli interventi sui bambini disagiati o con difficoltà di apprendimento per cause socio-ambientali (non alunni h). Vogliamo dire, su una popolazione scolastica di 700 alunni, almeno altri 2 o 3? E poi ci sono ancora inglese (quanti docenti e per quante ore?) e religione.
Un aumento esponenziale quindi di circa
27 insegnanti in un solo Circolo didattico (una percentuale del
38%)...! Oltre al consolidamento, naturalmente, degli attuali posti di tempo pieno (2 docenti per classe) e modulo (3 docenti ogni 2 classi). Proviamo a moltiplicare numeri più o meno simili (quale scuola non ha stranieri, disabili e/o bambini disagiati?) per il numero di scuole primarie sul territorio nazionale e poi vediamo l'effetto che fa...!
Non solo, ci sono poi le scuole dell'infanzia, le scuole medie e le scuole superiori per le quali valgono gli stessi parametri (se non andiamo errati i commi citati dell'art.1 valgono indifferentemente per gli Istituti scolastici di ogni ordine e grado, all'interno del Sistema Educativo di Istruzione...). Risultato: una dilatazione enorme degli attuali organici docenti.
Insomma, conti alla mano, è fin troppo evidente che tale proposta è del tutto irrealistica e velleitaria. Se consideriamo poi l'attuale congiuntura economica (e la situazione finanziaria disastrosa che si troverà a dover fronteggiare un possibile futuro governo di centro-sinistra) una proposta del genere è addirittura fantapolitica.
Il problema è che questo sta scritto nell'articolato di una proposta di legge non nel libro dei sogni. Gli articoli di una legge hanno - dovrebbe essere noto! - precise implicazioni, sul piano tecnico-giuridico, amministrativo e finanziario. Non è possibile non tener in nessun conto il problema delle compatibilità finanziarie.
Si trattasse di una rivendicazione sindacale si potrebbe anche capire una "tendenza al rialzo": per arrivare ad un contratto, che altro non è che una mediazione fra le parti, si chiede cento per ottenere cinquanta. Ma non in un testo legislativo!!!
Ora, ci chiediamo: un testo del genere, per come è formulato, su una questione così decisiva, non finisce per rendere poco credibile e quindi inficiare la stessa proposta di legge nel suo complesso?
Non solo, ma secondo noi, oltre che irrealistica, la bozza di proposta di legge - sempre per quanto riguarda questo specifico aspetto - è anche sbagliata nella sostanza.
La proposta muove esplicitamente dal presupposto che dal combinarsi di due elementi esplosivi (aumento indiscriminato delle dotazioni organiche di insegnanti e diminuzione secca del numero di alunni per classi) consegua quasi automaticamente il miglioramento della
qualità della prestazione scolastica.
Ora, se è sacrosanto invertire la tendenza morattiana contrassegnata da pesanti tagli di organici e se è auspicabile il perseguimento dell'obiettivo di un organico "funzionale" (una dotazione organica arricchita e stabile che risponda alle domande che pongono tutti gli alunni, in particolare quelli in situazione di diversità problematica), altra cosa è ipotizzare il 6% del PIL per la scuola senza specificare l'allocazione delle risorse e la loro finalizzazione specifica (non generica) al miglioramento della qualità dell'offerta formativa.
Che ce ne facciamo di tanti, troppi insegnanti se essi vengono assunti senza un progetto di cambiamento radicale dell'organizzazione scolastica?
Se gli insegnanti continueranno ad essere assunti per ruoli distinti (l'insegnante curricolare, l'insegnante di sostegno, l'insegnante di supporto, lo specialista x, lo specialista y, ...) e spesso gerarchicamente sovraordinati/subordinati, l'integrazione delle competenze resterà una pia intenzione ed il successo formativo degli alunni (di tutti e di ciascuno) ipotizzato come scopo principale dal DPR sull'autonomia delle istituzioni scolastiche resterà sommerso dal libro dei sogni scritto nella proposta di legge.
Che ce ne facciamo di tanti insegnanti se continuiamo ad ipotizzare organici distinti per ordini e gradi di scuola e se non li inseriamo in un progetto per cui valga la pena "spendersi"? (ad es. la lotta alla separatezza dei vari segmenti della scuola di base, che resta invece sostanzialmente confermata nella proposta di legge...).
E l'aumento indiscriminato di insegnanti di sostegno e di supporto agli stranieri porta automaticamente alla
valorizzazione delle diversità, al riconoscimento della diversità come risorsa? Non si possono assegnare le risorse aggiuntive (per l'handicap, per gli stranieri e per le varie diversità problematiche) "un tanto al chilo"! Vanno indagate attentamente la gravità e la problematicità dei soggetti e soprattutto il piano di interventi educativi, terapeutici riabilitativi ed assistenziali predisposti dalla Scuola, dalla ASL e dagli EE.LL. In assenza di queste condizioni di fattibilità del progetto diversità, rischieremo di incrementare l'effetto perverso dell'insegnante di sostegno come "angelo custode" del "diversamente abile", al quale sarebbe destinato un percorso tortuoso di separazione e non garantito il diritto ad un percorso virtuoso di integrazione, che dev'essere l'essenza di qualsivoglia ipotesi di utilizzo di risorse aggiuntive.
Concludiamo, riprendendo e sottolineando un
aspetto decisivo perché l'utilizzo delle risorse diventi effettivo incremento della qualità della prestazione degli operatori scolastici:
"la cultura professionale dei docenti dovrebbe arricchirsi di saperi più contestuali, quelli che favoriscono la predisposizione di "contesti di apprendimento" (così velocemente liquidati dalle Indicazioni Nazionali), dotandosi di strumenti (l'osservazione, l'ascolto, l'esplorazione, la negoziazione) che sono al tempo stesso strumenti della didattica e della ricerca (si tratta, tra l'altro, di una legittimazione culturale e pedagogica non secondaria alla collegialità). Se - come da più parti sostenuto - si può stabilire una correlazione tra l'aumento delle conoscenze degli insegnanti riguardo i processi di apprendimento degli allievi e il miglioramento delle prestazioni degli stessi, occorre sostenere la ricerca come costitutiva delle buone pratiche didattiche, anche al fine di un loro trasferimento".
Gianfranco Scialpi - 18-11-2005
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la politica è l'arte della mediazione, della riflessione per individuare ciò che è possibile e accettabile per il Paese. Gli aspetti finanziari evidenziati nell'intervento, a mio parere, rendono la proposta di iniziativa popolare irricevibile e impraticabile. Non riesco a capire perché alcuni movimenti vogliano mantenere quelle condizioni di secca contrapposizione al potere decisionale, quando sarebbe più semplice e contemporaneamente più impegnativo pensare ad una riforma praticabile ( compatibilità finanziaria ) e adeguata a rispondere alle nuove sfide della postmodernità. In quest'ultimo caso non si può riproporre il modello rigido con due soli tempi scolastici, ignorare la realtà dei comprensivi e dimenticare l'autonomia funzionale, che è un'ottimo esercizio per mettere in gioco la capacità di riflessione e progettualità delle scuole.
Per formazione personale ritengo che le cose non si cambiano, rimanendo "estranei" o "esterni" al sistema, ma dal di dentro con idee e soluzioni ragionevoli. |
Isa - 20-11-2005
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Ma gli insegnanti devono anche fare quattro conti ogni volta che propongono e discutono sulla scuola?
Si chiede di fare proposte adeguate alla realtà.. ma quale realtà ? Quella dell'esigenza di una buona formazione culturale che dia la possibilità a tutti di apprendere e autoapprendere in modo critico al fine di diventare cittadini a titolo pieno di un Paese Civile, o quella dei conti dello Stato?
Io credo che agli operatori della scuola spetti il compito di fare proposte, di discutere, di mettere in primo piano le esigenze legate ai processi educativi, didattici, alla formazione, alle strutture... sarà poi lo Stato che opererà scelte politiche adeguate a quelli che pensa siano i bisogni della Scuola e a realizzarli anche dal punto di vista degli investimenti.
E' proprio dall'esplicitazione di queste scelte politiche che poi potremo scegliere, col voto, la coalizione o il parito che sentiremo vicino.
Mi sembra che il documento di Gandola e Niccoli sia decisamente fuori luogo, in quanto parte da una richiesta che io personalmente ritengo improponibile. |