L'esito delle prossime elezioni politiche è per me scontato: vinceranno comunque manovalanti del capitalismo, quale sia lo schieramento che avrà più voti. E' presumibile che in termini numerici - e, quindi, di volto da presentare al Paese - avrà la meglio quello più mimetico guidato da Prodi: tutto sommato, dà maggiore affidamento alle lobby, ai poteri forti e occulti, al cattolico integralismo
ruin...oso. L'aziendalismo esasperato e avventuristico di Berlusconi e dei suoi servi sciocchi, tra i quali brillano i dissidenti senz'anima del postfascismo e gli ineffabili contestatori del giorno dopo, ha perso il treno. A meno che non si giunga ad improbabili prove di forze in cui, del resto, secondo antica tradizione, i
pseudo nostri non avrebbero nemmeno l'animo sufficiente a ritirarsi su un amendoliano Aventino. No. Questi sceglierebbero la via dei Rigola e dei D'Aragona che - s'intende, in nome dell'interesse dei lavoratori! - offrirono una
disinteressata collaborazione tecnica allo stato... totalitario.
Sulla scuola ci si barcamena, sull'università si fanno riunioni che progettano un futuro che da centrosinistra curva a centrodestra - l'eterna ambiguità delle parole nel paese delle "convergenze parallele" - per rafforzare i concetti cardine dell'aziendalismo: insistere sul tre più due, più tasse da pagare come detta il criterio del profitto, più privati in cattedra e nella ricerca, più baroni e un mare di valvassini e questuanti, più forum per fare i democratici e regole più aderenti alla necessità d'imbavagliare - così c'è il forum e non trovi il dibattito. E, s'intende, polizia ovunque in nome dell'ordine e della legalità. L'usarono i fascisti a questo fine e gli andò bene.
A questo siamo e ci siamo da tempo, se si pensa alla vicenda irachena o ai bagliori della rivolta giovanile a Parigi. Tutti, da sinistra a destra ce l'hanno con i rivoltosi e, d'altra parte, un Cofferati lo trovi dovunque, destra o sinistra non conta: innanzi tutto la legalità! Sia lode al dubbio ci insegnava Brecht, e morì di cicuta Socrate, che di dubbio nutriva i giovani ateniesi.
Innanzi tutto la legalità. Innanzi tutto, e senza domandarsi se la nostra legalità non sia talvolta molto più violenta della protesta che intende punire e negare. Una legalità che alimenta la violenza. Ci sono violenze storicamente sante e legalità di cui vergognarsi, c'è nella storia una violenza che ha diritto di esistere. Cancellate dalla storia la presa della Bastiglia, l'istinto di libertà che se lo comprimi esplode nell'uomo più violento d'una bomba, cancellate la rabbia per l'ingiustizia, il diritto di dire basta in ogni modo possibile alla prepotenza del potere accecato da se stesso e avete cancellato la storia e noi stessi. Riducete a barbarie la rivolta contro l'oppressione e siete voi i barbari, voi i selvaggi, voi meritate quella "violenza irreprensibile" che vi terrorizza. Voi, che avete negato il diritto all'emancipazione.
Innanzi tutto legalità. Bene. Ma quale? Ancora un poco di questa legalità e la violenza non la fermeremo più. La legalità si ripete ossessivamente. Ma quale? Quella che lega mani e piedi alla miseria, uccide la speranza nel futuro e, da qualunque parte venga la politica, ignora la disperazione prodotta dal sistema? Prodi davvero mente a se stesso ed ai suoi, e lo fa in maniera miserabile, quando lancia il suo grido di allarme: potrebbe accadere anche da noi! Potrebbe, certo. E lui non c'entra niente? Lui che ha avuto ruoli di governo internazionali e locali, lui che ha fatto sinora? E che farà, qualora vincesse?
Ci metterebbe qualche euro in più nelle periferie! mi sento dire. Una pena. Vincerebbe, ma non cambierebbe il sistema, non aprirebbe le porte blindate delle classi privilegiate e non ci inserirebbe la disperazione di chi non ha nulla, la rabbia di chi urla invano! La rabbia, però, ricordi la sinistra che un tempo lo urlava con rabbia, non sempre e solo è madre della disperazione. La rabbia e la disperazione generano protesta e da quest'ultima si generano lotte e pensiero, si accendono riflessioni, si acquista consapevolezza, si intravvedono obiettivi: così un generico ribellismo si fa rivoluzione. Si fa o sogna di esserlo. Io non mi comporterò come fecero i vecchi nel tempo della mia giovinezza: non esistete, ci dissero, non siete interlocutori, che diavolo volete? No. Se è un nuovo Sessantotto, io non sono tra i sessantottini pentiti e non ho fatto carriera. Non vendo parole, non sto sul libro paga di nessuno. Penso con la mia testa e se sbaglio pazienza. Pago. Ho sempre pagato. Non c'è più tempo forse e una sinistra vera, se esistesse, una sinistra con un pensiero filosofico, una concezione della vita e della politica, capace di inseguire sogni e persino utopie - dove si va se non si porta dentro un sogno? - una sinistra di libertari autentici - non quella noglobal con la sua vaga disobbedienza, col suo generico ribellismo, con i suoi eccentrici intellettuali buoni per ogni stagione, con gli antisistema alla Agnoletto e i comunisti francescani alla Bertinotti - una sinistra vera sarebbe alla testa di questa lotta. E' un grande segnale: i giovani, disperati per un sistema disperante, pensano e sono vivi. E questo è il miracolo. Sono quelli che la scuola ha espulso. Ogni scuola, di destra e di sinistra.
Sono vivi e fanno sentire il fiato sul collo ai sinistri postini della De Filippo, alle commosse amebe del buonisensimo rosé in fascia tricolore da sindaci benpensanti, ai compiacenti nipotini di Togliatti, pentiti e volpini, che hanno nel sangue stalinismi rinnegati dopo le Botteghe Oscure.
E' questione di tempo e me ne resta poco, ma sul fuoco che divampa acqua io non ne butterò. E sorrido angosciato per la demagogia di Prodi: qualche euro in più nelle periferie. Ma ci crede davvero?