breve di cronaca
Gli studenti dell'ITC Marconi di Brindisi
Funzioniobiettivo - 24-10-2005
Giudizio di studenti delle superiori sulla riforma
(documento argomentativo su un' occupazione civile e ben riuscita)


Con la riforma dei licei la Moratti vuol completare la distruzione della scuola pubblica.

Gli studenti dell'ITC Marconi di Brindisi occupano simbolicamente la scuola come segno di estrema protesta civile contro la legge di riforma Moratti approvata recentemente in forma di decreto dal governo.
Il ministro, ancora una volta, non ha voluto ascoltare le ragioni della protesta e le indicazioni che venivano dal mondo della scuola: studenti, insegnanti, sindacati, regioni, associazioni professionali, organi collegiali.
Questa riforma non piace alla maggior parte del nostro tessuto sociale, civile. Non piace alle regioni alle quali è demandata gran parte dell'attuazione. Non piace a noi perché non produce l'avanzamento culturale e civile delle nuove generazioni. Essa è pensata per un modello di società vecchio e superato perché reintroduce contraddizioni e discriminazioni classiste che sembravano ormai confinate nel passato.
In particolare è inaccettabile il cosiddetto doppio canale dell'istruzione e della formazione. La scuola superiore oggi è unitaria, ma con questa riforma sarà divisa in scuola di serie A (i licei) e di serie B (i professionali). La scuola di massa, conquista degli anni settanta ed ottanta, aperta a tutti è stata spazzata via.
Riteniamo ipocrita e assurdo costringere un ragazzo di 13 anni a dover scegliere se accedere all'istruzione liceale o optare per un'istruzione professionale dequalificata.
In particolar modo saranno distrutti gli istituti tecnici come il nostro ed i professionali, e così metà della scuola italiana sarà trasformata in uno squallido e privatizzato avviamento al mestiere di apprendista e precario a vita. Saranno penalizzati il Sud e le famiglie meno agiate.
Se poi questi contenuti fondamentali della riforma si inseriscono in un contesto che vede diminuite le risorse ed i finanziamenti per scuola e ricerca, con i tagli ripetuti delle diverse finanziarie, allora il quadro diviene allarmante. Riteniamo che sia pesantemente a rischio il ruolo ed e l'importanza sociale di istruzione, formazione, ricerca e cultura. Sono a rischio i contenuti democratici e di avanzamento sociale che derivano da un buon sistema scolastico. Sono attaccati i diritti elementari allo studio ed alla cittadinanza..
Per queste ragioni sinteticamente riportate l'occupazione simbolica dell'ITC Marconi di Brindisi si unisce a quella di centinaia e centinaia di altre scuole italiane ed università.

Gli studenti dell'ITC Marconi di Brindisi

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 il domani di Bologna    - 24-10-2005
Scuole, la protesta si allarga. Per la prima volta occupato anche il Galvani

«La protesta? È come un sassolino che si stacca da una montagna e rotola a valle: scivola, scivola e pian piano diventa una valanga. Gli universitari sono stati il sassolino, noi saremo la valanga». Simone ha 17 anni, frequenta la II liceo al Minghetti, liceo classico di Bologna che porta il nome di un padre della Patria. Dall’altro giorno è uno dei tanti che occupano le scuole bolognesi.
La marea di cui parla forse non riuscirà a fermare il ministro Moratti, ma per ora un primo risultato storico lo ha ottenuto: da ieri sera è occupato anche il liceo Galvani. Una novità assoluta, visto che neanche nel ’68 le austere stanze del liceo classico di via Castiglione erano state occupate dagli studenti, e l’unica prova di occupazione datata 1969 durò solo lo spazio di una mattinata.
«Abbiamo occupato, fino a ieri sera i professori sono rimasti qui con noi e la preside, pur dicendosi contraria, ha detto che se ci assumiamo la responsabilità di quello che facciamo possiamo occupare», spiega Francesco, uno dei ragazzi che stanno organizzando l’occupazione. Questa notte al Galvani hanno dormito 50 studenti: oggi li raggiungeranno gli altri 800 compagni e faranno un’assemblea, scriveranno una lettera aperta sulla riforma che presenteranno domani mattina nel corso dell’assemblea d’Istituto che si terrà al cinema Nosadella.
«Certo che è una novità assoluta, ma è il segno di come sia importante questo tipo di cose», assicura Francesco. Al Galvani la situazione è delicata: all’interno della scuola sono conservate opere d’arte. «Ci siamo impegnati a non far entrare nessun estraneo», precisa Francesco. Insomma in via Castiglione non deve accadere come al Righi dove, ieri, sono entrati estranei che ha provocato alcuni danni agli arredi della scuola.
Che qualcosa di nuova stava accadendo anche al liceo preferito dalla borghesia bolognese era chiaro già dalle prime ore di ieri mattina: di fronte alla scuola un gruppo di universitari e studenti dell’ultimo anno ha volantinato e fatto di tutto per convincere gli altri studenti a non entrare.
«È un modo per essere solidali con le altre scuole», ammonisce Alessandra, 18 anni e un sogno: «Diventare interprete internazionale senza dover cercare lavoro per forza all’estero».
Nel pomeriggio, dopo un’affollata assemblea, è scattata l’occupazione: «Andremo avanti fino a lunedì (domani per chi legge, ndr), poi martedì tutti a Roma», spiegano i ragazzi.

La marea
La marea che ieri ha travolto anche il più aristocratico dei licei bolognesi ha allungato l’elenco delle scuole bolognesi in lotta contro il governo. Nel primo pomeriggio di ieri, infatti, oltre al Galvani l’occupazione è scattata anche anche al Fermi, liceo scientifico di via Mazzini.
Un virus, quello della protesta, che sta contagiando tutte le scuole bolognesi: assemblee, autogestioni e, quando professori e presidi lo permettono, occupazioni.
Giovani, spaventati dal futuro («non vogliamo essere precari», lo slogan più usato), ma allo stesso tempo pieni di speranze: così si raccontano gli occupanti delle tante scuole - oltre a Galvani e Fermi anche Righi, Sabin, Tanari, Minghetti - che hanno sospeso le lezioni di storia e matematica per studiare e protestare contro la riforma Moratti. Degli studenti medi pochi saranno quelli che martedì prossimo andranno a Roma, alla grande manifestazione nazionale anti Moratti, ma anche da qui, dalle Due Torri, lo spirito è quello di chi vuole contare di più.

Le storie
«Nulla di grave, vogliamo coinvolgere gli insegnanti e, perché no, anche i genitori nella protesta: la scuola che verrà interessa a tutti e non può essere appannaggio di pochi», spiega con il fare del sindacalista Martino, maturando del Minghetti che per il proprio futuro vede «una laurea in Lettere e poi tante incognite».
Nei corridoi del liceo di via Nazario Sauro si parla di tutto: politica, sport, impegni per la serata e programmi per il futuro.
«L’occupazione è un modo per stare insieme, per ritrovarci: lo sapete che la maggior parte di noi non sa i nomi dei compagni delle classi accanto?», interroga Valentina, terza ginnasio che, con il sorriso sulle labbra, ammette che «sì, della riforma Moratti sappiamo solo quello che abbiamo letto sui giornali, ma siamo qui per quello, per fare i gruppi di studio e di confronto».
I gruppi partono, come nelle altre scuole, a dir la verità a ranghi ridotti. Se si vuole parlare con i ragazzi, al Minghetti come al Copernico, si deve stare nei corridoi. Nei “ponti” del liceo di via Garavaglia si gioca a calcetto, si discute di cosa fare quando calerà il buio. «Tutti d’accordo, questa sera niente pub: si sta qui fino a notte fonda», attacca Carlo.
Una notte a scuola: una novità per molti. Un rito consolidato per gli studenti degli anni superiori.
Nel week-end scuole e facoltà occupate sembrano svuotarsi: «Certo, si sta più a casa o si esce», si giustificano i ragazzi, ma guai a chiamarli sfaccendati: «Abbiamo come obiettivo di spiegare ai nostri insegnanti la scuola che vogliamo, come immaginiamo le lezioni, come vorremo fossero fatti i programmi...».

La scuola che vorrei
Le proposte, appunto: nei corridoi delle scuole occupate si parla anche di questo.
Nessuna nostalgia del “6 politico” o delle lezioni collettive. Gli occupanti del terzo millennio parlano di programmi scolastici aggiornati e di un modo non autoritatario di fare interrogazioni e compiti in classe.
«Ormai si fanno solo test all’americana, crocette e via, sembriamo nozionisti in batteria», scherza Paolo, II ginnasio al Minghetti.
«Abbiamo bisogno di lezioni più attente ai temi di oggi: siamo andati alle cerimonie per i morti di Srebrenica, a vedere lo spettacolo in teatro, ma della guerra in Yugoslavia nessuno ha mai parlato», fa eco Barbara, V Sabin.
Ce n’è anche per come i professori interrogano e verificano la preparazione: niente interrogazioni programmate, molto meglio che ogni giorno si faccia un po’ di domande a tutti. «È un modo per vedere la preparazione complessiva», spiega la giovane. «Sì, ma così devi studiare sempre....», contesta Pamela, studentessa del secondo anno.

I miti
Che Guevara e il sub comandante Marcos non abitano più qui. I miti degli occupanti della nuova generazione sono altri: meno ideologizzati e più concreti. I missionari comboniani e quelli che si battono contro le ingiustizie nel terzo mondo, ma anche i volontari di casa nostra, chi ogni giorno lavora al fianco di chi soffre come chi si occupa di studi e ricerche scientifici.
Meno ideologizzati dei loro genitori, i ragazzi che in questi giorni stanno occupando le scuole bolognesi hanno persino tolto la “k” dalla scritta “occupazione”. Non più la lettera dell’alfabeto che ha caratterizzato due decenni di proteste (gli anni a cavallo tra i ’60 e i ’70: Okkupazione, Kultura, Kossiga, ecc....), ma una italianissima “occupazione”.
A tenere banco nelle aule trasformate in forum sono soggetti collettivi: il popolo di Genova come i movimenti della pace di questi ultimi anni.
A guardarci bene un mito c’è: ma è in negativo, è il nemico contro cui scagliarsi. Si tratta del presidente Bush, indicato dai più come «la causa della guerra e dell’instabilità del mondo».
Sorprese anche al capitolo libri: se l’anno scorso nei cortei era ricomparso il Libretto rosso di Mao, nelle scuole occupate il cult è Angeli e Demoni di Dan Brown. Un altro segno di come l’impegno politico sia vissuto con passione, ma a tasso ideologico attenuato.

Luca Molinari


 Gianni Mereghetti    - 23-10-2005
Carissimi studenti che scioperate, autogestite o occupate,
come ogni anno è tornata la stagione delle agitazioni studentesche. Questa volta la ragione sarebbe una riforma assurda, almeno così sembra ad ascoltare i vostri proclami o a leggere i vostri volantini. Ma via, siamo seri, è solo una minoranza che lo fa per questo motivo eminentemente politico o meglio ideologico, la maggioranza di voi non è per questo che vuole liberarsi per qualche giorno degli obblighi scolastici, è per fare qualche cosa di diverso, per diventare protagonisti o anche solo per starsene a letto a dormire, in ogni modo è perché nella scuola le vostre domande, i vostri desideri non trovano spazio, tanto meno c’è qualcuno che li raccoglie.
Per questo, se chi manifesta contro la riforma Moratti pone una questione che non c’è, voi che scioperate, autogestite, occupate o semplicemente ve ne state a casa ponete una sfida reale, quella che a scuola val pena andarci solo se c’entra con la vita.
Allora che spreco questo agitarsi vano, che tristezza quando tornate in classe più scettici di prima, perché questo alla fine è il risultato di tanto manifestare, una grande delusione tanto da portarvi a credere che la felicità che cercate e che nelle ore di lezione non avete trovato non ci sia nemmeno là dove vi eravate illusi di essere protagonisti.
Le cose non stanno così, essere felici è possibile, e non per un giorno, per un’ora, per un minuto, è possibile esserlo sempre, dentro la quotidianità dell’esistenza, ascoltando una lezione, impegnandosi nello studio, scatenando le proprie energie nel tempo libero. e lo per una semplice ragione, perché la vita ha senso. Solo questo ho da dirvi, che la vita ha una positività, una positività che non sgorgherà in chissà quale momento della storia, ma che riempie ogni piccolo e grande momento di cui è fatta la nostra esistenza. E’ per questo che ogni giorno torno in classe, per la certezza che questa positività la possiamo tentare facendo scuola!