La mediazione a scuola
Laura Tussi - 27-09-2005
La scuola, come tutti i sistemi sociali complessi, è attraversata da conflitti che di volta in volta interessano diversi soggetti e si presentano sotto varie forme. Riconoscere questi conflitti, delinearne possibili sviluppi, gestire costruttivamente gli andamenti e le conseguenze rappresentano alcuni dei compiti professionali di coloro che lavorano nella scuola e nei servizi educativi. Allo stesso tempo tali compiti costituiscono la condizione sine qua non per costruire relazioni positive all'interno di contesti formativi, una didattica volta a favorire gli apprendimenti e scelte istituzionali condivise che vadano incontro il più possibile ai bisogni non solo dell'utenza, ma anche di insegnanti ed educatori.

Le teorie del conflitto e i risultati della ricerca psicopedagogia possono fornire alcuni interessanti strumenti di analisi per leggere ed interpretare le situazioni conflittuali, offrendo inoltre alcune strategie o linee di intervento per la prevenzione e la gestione dei conflitti stessi.

Mediazione

La mediazione è il processo attraverso il quale un terzo neutrale tenta, attraverso l'organizzazione di scambi tra le parti, di permettere a queste stesse di confrontare i loro punti di vista e di cercare con il suo aiuto, una soluzione al conflitto che le oppone.

Il progetto di mediazione scolastica integra obiettivi specifici a quelli più generali che derivano dalla nota definizione di mediazione quale "processo attraverso il quale un soggetto esterno alla situazione conflittuale, crea un contesto che facilita la comunicazione fra le persone, permettendo loro di gestire e trasformare positivamente la condizione di rottura nella quale si trovano, alla ricerca di un accordo che soddisfi i soggetti coinvolti" (J. P. Bonafé Schmitt ,1992)
Con questo si intende specificare l'obiettivo della mediazione nella restituzione ai soggetti del potere e della responsabilità di assumere una decisione in ordine allo scontro che li oppone, utilizzando modalità di risoluzione dei conflitti alternative rispetto a quelle tradizionali di "risoluzione dall'alto" (arbitraggio, giudizio...).
Di conseguenza, la mediazione sociale e scolastica tenta di trasformare l'esperienza di rottura relazionale in un occasione di apprendimento, attraverso la promozione di una maggiore autonomia e responsabilità nello stabilire e negoziare soluzioni possibili ai propri conflitti.

Un possibile ntervento mira a sensibilizzare tutti gli alunni al tema della comunicazione e del conflitto, a formare mediatori tra gli stessi alunni e a creare una stretta collaborazione con il contesto scolastico e territoriale (insegnanti, direttore didattico, preside, genitori, referenti territoriali, educatore e assistente sociale dei comuni).

In modo più specifico ed in un'esperienza attuata sono stati individuati e concordati i seguenti obiettivi da perseguire nella relazione con gli alunni:

· sensibilizzazione dei gruppi classe rispetto alla tematica del conflitto e delle diverse modalità di gestione;
· promozione del dialogo e della comunicazione rispetto ai conflitti che vengono vissuti nella quotidianità della scuola;
· creazione di un gruppo di mediatori riconosciuti e presentati ai coetanei dall'istituzione scolastica, che svolgano l'attività di mediazione in tutto il loro ciclo di studi in orari e spazi definiti;
· promozione del protagonismo e della partecipazione attiva degli alunni nel contesto scolastico;
· Ascolto attivo.

Segnali per identificare un ascolto attivo:

1- riproduzione fedele dei fatti ascoltati
2- prestare attenzione a ripetere nell'ordine ascoltato almeno i primi tre o quattro elementi
3- attenzione a riprodurre "termini effetto" (inflessioni della voce, battute, esclamazioni...)
4- evitare aggiunte personali

L'ascolto attivo è un mettersi empaticamente nell'ascolto dell'altro.
I compiti fondanti dei mediatori devono basarsi su modalità di comprensione, nell'atto di riconoscere e riparare una conflittualità, nel sentirsi corresponsabili delle dinamiche conflittuali.

Consenso e cooperazione

Il metodo del consenso è una forma per prendere decisioni di modo che esse siano cooperative e non coercitive. Sebbene sia in sé piuttosto semplice, di solito richiede qualche sforzo per essere capito e praticato, e un po' di esperienza per funzionare bene. In breve: un gruppo di persone si riunisce, solleva una questione, la discute, ipotizza varie soluzioni e sceglie quella che soddisfa l'intero gruppo.
Il consenso non è unanimità: la decisione finale, di solito, non coincide con la prima preferenza di ciascun individuo del gruppo, e ci saranno persone a cui il risultato finale non piacerà parzialmente o del tutto, ma sarà una decisione a cui tutti avranno acconsentito e a cui ciascuno sarà disposto, a livelli diversi, a cooperare. Se non c'è l'onesta volontà di venirsi incontro, metodo del consenso non funziona. Non funziona quando vi sono individui che vogliono mantenere posizioni di potere, che non possono o non vogliono cooperare. Il metodo del consenso è un processo che permette a ciascun individuo del gruppo di partecipare e di lavorare e prendere decisioni insieme agli altri, in maniera nonviolenta: un risultato di vera democrazia, che di solito attrae molto la gente che ha sofferto a causa di dominio od oppressione. Il consenso dà alla gente il potere di prendere decisioni, e allo stesso tempo richiede a ciascuno di assumere responsabilità per tali decisioni. Non rinuncia al potere (è potere-insieme), non chiede di trasferire responsabilità su rappresentanti, ma domanda che noi la si assuma completamente.
L'alternativa è il voto, ma il voto è qualcosa di diverso da un processo di incontro: è piuttosto una procedura. Il voto implica che una parte del gruppo non sarà assolutamente soddisfatta, e non porterà il proprio contributo all'azione comune o lo porterà in misura molto minore di quanto avrebbe potuto. Anche il voto può produrre decisioni finali soddisfacenti, ove ci si trovi in presenza di un gruppo in cui ciascun individuo è sereno e tollerante, o dove l'opinione sulla questione sia unanime, ma questa è una situazione limite, difficile da sperimentare: è più facile che ci si trovi invece in presenza di competizione per il potere nel gruppo, con la conseguente frattura in fazioni ed il rischio di coercizione. Se il processo del consenso è agito bene, ciascun membro del gruppo potrà esporre le sue idee, le sue preoccupazioni e le sue opinioni. A differenza del voto, il consenso dà valore al sentimento, all'emozione, al come-ci-si-sente, perché questo, nell'azione diretta nonviolenta, fa la differenza.

Il metodo del consenso in poche frasi

  • Con-senso = elaborare insieme un senso comune

  • Convivere con le differenze (non eliminarle)

  • Coerenza tra mezzi e fini (la gestione del potere influenza il modo di prendere le decisioni)

  • Tiene conto dei Contenuti e delle Relazioni tra le persone (fiducia, clima cooperativo, vinci/vinco), del Fare insieme e dello Stare insieme = duri con i problemi, morbidi con le persone (distinguere i problemi dalle persone)

  • Importanza del Singolo individuo (come valore in quanto tale) (potere, veto, obiezione radicale, potenzialmente bloccante)

  • Processo composto da varie Fasi che usa tecniche di analisi, di discussione e confronto al fine di giungere ad una decisione.

  • Le fasi si possono ripetere più volte nel corso del processo, non sono scisse dal 'clima' del gruppo. Il processo avanza per microdecisioni basate su 'garanzie'

  • Non esclude l'utilizzo di altri metodi decisionali (votazione, delega), se deciso insieme.

  • Ricerca il Bisogno e il Fondamento sottostante i contrapposti punti di vista. Un bisogno può essere soddisfatto in tanti modi diversi.

  • Ricerca soluzioni vantaggiose per tutti: fantasia, intelligenza, creatività, esperienza favoriscono, l'identificazione nelle proprie idee ostacolano.

  • Prevede diversi gradi di Accordo e di Impegno personale ma Esplicitati.

  • Permette una distinzione tra Accordo-Disaccordo, che si esprime a livello di contenuto, e il Consenso-Dissenso che si riferisce soprattutto alla relazione tra i soggetti (fiducia, collaborazione, volontà di continuare assieme).

  • Individua Criteri di Scelta in modo esplicito, verificabili e 'a priori'.

  • Permette le scelte migliori, in quel momento e contesto.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Annamaria    - 27-09-2005
Condivido l'analisi sulla didattica della mediazione, come processo ed esercizio di democrazia. Credo che la mediazione sia implicita alla funzione docente e che non abbia bisogno di un progetto. Il problema, semmai, è quello di chiederci, da docenti, quanto e come i contenuti specifici della scuola, le discipline e gli strumenti che si insegnano possano davvero determinare la formazione democratica degli alunni, la partecipazione alle scelte nel confronto e nello scontro. Diversamente la mediazione diventerebbe un puro esercizio tecnico che potrebbe fare anche un addetto ai lavori della comunicazione, che non sia un insegnante.