breve di cronaca
Le mani della politica sulla Storia
Repubblica on line - 22-09-2005
Le mani del governo sulla storia
Un nuovo decreto: gli storici? Licenziamoli


Oggi a Palazzo Barberini la protesta di Paolo Prodi


I migliori nomi della storiografia italiana, di diversa anagrafe ma tutti indipendenti dal potere politico: licenziati entro la fine del 2005. Questo il destino della Giunta centrale degli studi storici - una sorta di carta d´identità della nostra storiografia all´estero, con compiti organizzativi nel coordinamento tra i diversi istituti storici - secondo quanto stabilito dal decreto governativo, ora all´esame del Consiglio di Stato (che ha già espresso un parere negativo, giudicando il nuovo regolamento non rispettoso dell´autonomia scientifica: ma non è un parere vincolante). Se passerà il decreto - manca però la firma del presidente Ciampi - non soltanto figure di rilievo come Paolo Prodi, Pietro Scoppola, Brunello Vigezzi, Giovanni Miccoli, Giuseppe Talamo, Massimo Miglio, Andrea Giardina, Gabriele De Rosa, Pietro Pastorelli, Luigi Lotti, Franco Bolgiani saranno messe alla porta, ma viene approvato un nuovo criterio di nomina per il quale sarà esclusivamente il ministro Buttiglione a decidere chi farà parte della nuova Giunta, senza che gli attuali membri possano avere voce in capitolo (tranne alcune eccezioni). La nomina, inoltre, cessa di essere "a vita" per diventare "a termine": una temporaneità che ne accresce la dipendenza dal governo. «È passata la bozza più invasiva», commenta Prodi, da quattro anni presidente della Giunta. «Una vera occupazione politica degli studi storici: con conseguenze ancora più gravi per la storia contemporanea». Ed ancora: «Un profondo vulnus alla libertà della ricerca e alla rappresentatività della storiografia italiana».

Storico modernista tra i più stimati sulla scena internazionale, fratello maggiore (ma meno conosciuto) di Romano, il professor Prodi ha scelto un´occasione significativa per richiamare l´attenzione sul pericolo del controllo governativo nel campo della storiografia: un bilancio di mezzo secolo di studi storici, che pronuncerà oggi pomeriggio a Palazzo Barberini, in occasione del convegno dedicato al X Congresso internazionale di Scienze Storiche tenuto a Roma nel 1955, il punto più alto di una cultura che vedeva nella storia il centro di conoscenza dell´uomo. «Non avevo compiuto ancora 23 anni», racconta lo studioso. «Vi partecipai clandestinamente dietro consiglio di due maestri sotto la cui guida avevo appena cominciato a studiare la riforma tridentina: Delio Cantimori e monsignor Hubert Jedin, il principale esponente della storiografia marxista in Italia e il grande storico del Concilio di Trento».

Dell´amicizia tra queste due personalità così diverse, Prodi si dice «figlio dal punto di vista del mestiere». Il salto a cinquant´anni dopo non deve essere indolore: sempre più marginali appaiono gli storici, e sempre più esposti alla strumentalizzazione della politica. «Da presidente della Giunta, ho scritto più volte al precedente ministro Urbani, ora al ministro Buttiglione: senza riceverne risposta». Nelle sue lettere il professor Prodi lamenta la mancanza di un principio equo nelle procedure di nomina previste dal nuovo regolamento. «È vero che le precedenti nomine erano politiche, ma si trattava di nomine a vita, che si sottraevano al variare delle maggioranze. Noi abbiamo rinunciato alle nomine a vita, persuasi che agli storici fosse consentito scegliere i candidati da sottoporre al ministro. Ma questa richiesta non è stata accolta, se non per eccezioni».

Il decreto governativo è stato seguito con particolare cura da Gianfranco Fini, il quale ha recentemente appoggiato l´assegnazione dell´archivio storico del ministero degli Esteri al direttore di Nuova storia contemporanea Francesco Perfetti, in sostituzione di Pastorelli, vicepresidente della Giunta. «È evidente», dice Prodi, «che il controllo politico avrà effetti più evidenti sulla storia contemporanea. Ma tutti gli studi storici ne risentiranno». Il decreto sulla Giunta centrale segue di poco un altro contestato decreto che sposta a Palazzo Chigi documenti finora destinati all´Archivio Centrale dello Stato. Commenta Prodi: «Tutti sintomi del disfacimento dello Stato moderno».


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