Schiaffo alla Moratti
Alba Sasso - 20-09-2005
Con la presa di posizione della Conferenza Unificata Stato Regioni del 15 settembre, è finito in una bolla di sapone l'assurdo tentativo della Moratti di stravolgere il sistema dell'istruzione secondaria, con percorsi cristallizzati e rigidamente separati: di qua un'educazione di tipo liceale, di là un canale professionalizzante dequalificato.
Lo stop delle Regioni introduce finalmente un elemento di ragionevolezza nel percorso decisionale, in merito ad un settore così complesso e delicato come quello dell'istruzione secondaria: viene rinviata di un anno l'attivazione del decreto e bloccata una sperimentazione che si pretendeva di avviare con troppa precipitazione e con inaudita faciloneria. L'algida Moratti incassa e parla di "condivisione di un percorso".
Ma la battuta d'arresto segnata dalla Conferenza Stato Regioni, oltre all'effetto di impedire alla scuola un vero e proprio salto nel buio, si carica anche di altri significati, in quanto dà ulteriore forza e maggior peso a una serie di considerazioni e di valutazioni politiche già presenti nel dibattito.
Il solo annuncio della cosiddetta riforma della secondaria, il martellante battage pubblicitario che l'ha accompagnato ha già prodotto effetti sociali assai preoccupanti: è chiaro infatti che, nel vuoto lasciato dalla politica, a scegliere sono le famiglie. E le famiglie, in una situazione di ansia e di incertezza generata dal comportamento e dagli orientamenti di questo governo, hanno scelto, per la gran parte, di iscrivere i figli ai licei, abbandonando gli istituti tecnici e professionali. E privando, se non si inverte la rotta, un'intera generazione di quei saperi scientifici e tecnici oggi sempre più necessari.
Ma al di là delle valutazioni sugli effetti prodotti nell'immediato, è proprio lo spirito di fondo, l'ideologia cieca che anima queste scelte politiche ad essere profondamente sbagliata e dannosa. C'è l'idea che i diritti non sono uguali per tutti e che anzi debbano diventare privilegi per alcuni e, nel migliore dei casi, bisogni da assistere per tutti gli altri. C'è l'evidente pretesa di riportare la scuola, e con essa l'intero Paese, indietro nel tempo. C'è una riforma che non riforma alcunché, e che anzi impedisce di effettuare quei cambiamenti e quelle innovazioni oggi sempre più urgenti.
Il messaggio della Conferenza di Lisbona del 2000 non poteva essere più chiaro: per far crescere il Paese, per renderlo competitivo occorre garantire più sapere per tutti, facendo crescere il numero dei diplomati e dei laureati. "Valorizzando le differenze e combattendo le diseguaglianze". Esattamente il contrario delle scelte miopi e di corto respiro di Moratti.
Ma c'è di più: lo schiaffo delle Regioni è anche un promemoria. Serve a ricordare a tutti noi, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, dopo tutte le manifestazioni di protesta e i segnali di dissenso venuti dal popolo della scuola, che non è possibile pianificare una riforma a tavolino e farla calare dall'alto, senza tener conto del patrimonio di idee proposte prodotto dal lavoro e dall'esperienza di chi realmente rende viva la scuola. Di chi la governa sui territori e di chi la vive ogni giorno. E che non è possibile pensare a riforme di alcun genere senza partecipazione e condivisione.
Un'ultima questione. Non possiamo far finta di non vedere che questi anni di governo di centrodestra sulla scuola hanno prodotto solo danni. E allora di fronte a un panorama di rovine, a una scuola derubata di presente, ma soprattutto di futuro, credo che occorra prendere atto una volta per tutte che non si può più dire "vediamo che cosa c'è di buono di questa riforma per introdurre le opportune migliorie". No, l'argomento, che un'eventuale abrogazione della riforma Moratti rappresenterebbe il trauma di un ennesimo cambiamento per la scuola, non è più utilizzabile.
L'abrogazione, o cancellazione se si preferisce dire così, è veramente l'unica strada possibile. E non per tornare indietro, ma per avviare finalmente le riforme di cui la scuola italiana ha sempre più bisogno. E per riprendere a guardare con saggezza e lungimiranza al futuro. Della scuola come del Paese.

Il pezzo è stato pubblicato su Aprile online

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 TuttoscuolaFOCUS N. 115/211    - 20-09-2005
quell’emendamento in zona Cesarini

"...parere fermamente negativo sull’impianto complessivo e sul testo di riforma del secondo ciclo..." ma apprezzamento per la scelta del governo di inserire nel riformulato articolo 27, la affermazione esplicita che "le prime classi dei percorsi liceali e il primo anno di quelli di istruzione e formazione professionale sono avviati contestualmente a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2007/2008, previa definizione di tutti gli adempimenti normativi previsti. Sino alla definizione di tutti i passaggi normativi propedeutici all’avvio del secondo ciclo non si promuoveranno sperimentazioni del nuovo ordinamento nelle scuole".

Questi i passaggi fondamentali dell’emendamento alla bozza di decreto sul secondo ciclo che ha sbloccato l’impasse. Eppure si è andati vicini ad una rottura che avrebbe determinato un inedito strappo istituzionale dagli effetti imprevedibili. Per settimane, prima e dopo la pausa estiva, i rappresentanti delle Regioni e del Miur si sono confrontati. Ma fino al giorno della Conferenza non era stato ancora trovato un punto di accordo. Poi, per iniziativa in particolare dell’Assessore del Lazio Silvia Costa, coordinatrice della IX commissione nazionale Istruzione, Lavoro, innovazione e ricerca della Conferenza delle Regioni, ecco spuntare quell’emendamento che ha avuto l’ok del ministro Moratti.

La decisione del ministro riapre i giochi sul destino della riforma. Le Regioni hanno, infatti, assicurato di "continuare un lavoro di merito per modificare l’impianto non condiviso".

prove di dialogo tra Governo e Regioni

Dalla Conferenza unificata del 15 settembre è emerso chiaramente che i soggetti in campo (Governo e Regioni) hanno interesse ad evitare il muro contro muro. Ma ora? Lo spazio di tempo recuperato dovrebbe essere utilizzato per definire compiutamente il percorso liceale e quello dell’istruzione e formazione professionale di pari dignità cosicché la famiglie siano chiamate a scegliere non tra il certo liceale e l’incerto professionale, ma all’interno di un sistema educativo unitario dove tutti i percorsi liceali e di istruzione e formazione professionale siano stati precisamente definiti sul piano sia curricolare sia legale (riconoscimento dei titoli di studio professionalizzanti). Ciò significa anche, ovviamente, indicare con modalità esplicite le parti dell’attuale sistema di istruzione statale che debbono confluire nel percorso dell’istruzione e formazione professionale.

Sembra prevalere una linea di questo tip o: l’attuale progetto di riforma ha molti difetti e perciò va corretto, ma non gettato via. Del resto, occorre sollevare gli occhi dalle contingenze politiche e capire che la riforma peggiore è quella che non parte mai. Ciò che serve è un confronto franco ed approfondito per farsi un’idea di scuola chiara, aggiornata e condivisa.

quale futuro per la riforma

Ma è proprio questo l’orientamento che va prevalendo nel centrosinistra? Non è detto. Lo si può intuire dal titolo dell’"Unità" del 16 settembre: ‘Scuola, la riforma Moratti non c’è più’ e, nel merito, dall’intervista del presidente della Regione Toscana Claudio Martini al "Manifesto" dello stesso giorno, dove egli risponde così alla domanda sul che cosa gli piaccia di questa riforma: "Nulla. E’ una delle riforme più distanti dalla nostra idea di scuola, che deve garantire pari dignità a tutti i livelli di istruzione. Quello che ci preoccupa di più è la divaricazione precoce al limite dell’irreversibilità tra la scelta del liceo e della formazione professionale". Traduzione: o abrogazione del decreto che la Moratti, dopo il parere delle Regioni, porterà all’esame delle Commissioni di merito d i Camera e Senato, o suo cambiamento nel senso di recuperare la tradizionale posizione della sinistra: obbligo scolastico fino a 18 anni e assolto interamente nella scuola.

In previsione di un possibile cambio di maggioranza, i partiti che compongono l’attuale opposizione debbono comunque interrogarsi su cosa fare rispetto alla prospettiva di uno scenario che potrebbe comportare di dover scegliere tra licei e, come dice la legge n. 53/03, percorsi di istruzione e formazione professionale "di pari dignità"; oppure tra licei bulimici, come quelli disegnati adesso dal Governo (non distanti da quelli progettati dalla riforma Berlinguer), destinati a chi ottiene successo scolastico e sociale, e tra percorsi anoressici di istruzione e formazione professionale, destinati agli ‘sconfitti’ della scuola e ai perdenti nella competizione sociale?

Non basta certo affermare che "va cancellata la riforma Moratti", per risolvere taumaturgicamente i problemi di deficit d’istruzione e formazione che registra il paese. Ciò che serve con urgenza non è l’abrogazione della legge, ma dare dei contenuti che facciano davvero funzionare la scuola, che creino le condizioni per risolvere i problemi. E’ certo che non si può perdere tempo ora e neanche nel prossimo futuro. Perché pensare di far ricadere sulla scuola le pesanti conseguenze di eventuali nuovi avvii di una nuova riforma complessiva del sistema di istruzione, significherebbe assumersi la responsabilità di un peggioramento dei livelli di apprendimento dei giovani, di una crescente divaricazione dei successi scolastici.




 gioanni dio brino    - 25-09-2005
meglio la riforma Moratti che i comunisti al potere

 oliver    - 28-09-2005
Questa riforma va tutta rifatta, non è possibile immaginare che la scuola diventi un supermercato. Gli alunni hanno diritto di sapere che i percorsi formativi proposti sono al di sopra delle ideologie m---------!!!!!