Pino Patroncini - 20-09-2005 |
Anche a prescindere dal giudizio politico sulla legge 53 e sul decreto applicativo nel secondo ciclo il decreto era in realtà impraticabile per tre motivi di fondo: 1) Non erano definiti tempi e modi del passaggio dell'istruzione professionale alle regioni e neppure che cosa si intendesse per istruzione professionale dal momento che tra giri di parole, campus vari e conservazione dell'organico statale non si capiva dove cominciasse e dove finisse; 2) la riduzione degli indirizzi da 41 a 15 imponeva una redistribuzione del servizio scolastico sul territorio di ciascuna provincia, una redistribuzione che ogni amministrazione deve seriamente studiare a tavolino e che non può essere affidata alla spontaneità delle scuole ( esempio: che cosa accade se tutti i PACLE si trasfomano in licei economici? Avremo il doppio di offerta che abbiamo oggi con gli ITC! E se si traformano tutti in licei lingusitici? Avremmo il doppio dell'offeta linguistica! Chi lo decide?! La singola scuola?!) 3) I titoli liceali non sono validi per accedere alle professioni ( geometra. perito, agrotecnico) e la commissione non ha ancora stabilito i nuovi titoli e i nuovi percorsi, quindi per ora non è che non ci sono più i vecchi sbocchi professionali, non ci sono neppure i nuovi (a parte l'università)! Era credibile che tutti questi nodi fossero risolti nei due mesi e mezzo tra il 18 di ottobre 2005 e il 6 di gennaio 2006? A quella data le famiglie devono sapere dove iscrivono i loro figli e perché, senza contare che nel frattempo le scuole dovrebbero presentarsi. E come fanno se non sanno che cosa diventano? La riforma non parte perchè non ha le gambe per partire. La Moratti ha dovuto fare di necessità virtù. E la necessità in questo caso è il fallimento della sua riforma che, come era prevedibile, sarebbe andata ad infrangersi non tanto sull'ostilità di insegnanti, genitori e studenti ( che pure c'è) , ma soprattutto sugli scogli della sua parte più difficile: la riforma della superiore, che non è una cosa che si improvvisa così. Solo i pasdaran dell'ideologia liberista, ridotta in verità ad approssimazione e azzardo,( gli stessi che pretendono di essere senza ideologia)non si accorgono di ciò. Essi pensano che basta volerla una cosa per averla. Ma non è così. E la Moratti probabilmente se ne è accorta. La riforma non poteva partire, almeno non a tappeto, nel 2006. Forse qualche corso sperimentale qua e là, ma non oggi, tra un anno e col rischio che la ridistribuzione degli indirizzi rendesse vana qualsiasi sperimentazione oppure che ogni sperimentazione pregiudicasse una redistribuzione del servizio scolastico oculata ed equa. Ognuno dovrebbe ormai aver capito che la riforma di una scuola dove abitano (per così dire, ma mi sembra il verbo più appropriato) ottomilioni di studenti, sedici milioni di genitori e un milione di operatori scolastici non è una ristrutturazione aziendale e non è neppure un orpello della propaganda politica da sventolare per le prossime elezioni o comunque ad uso e consumo della propria immagine. |
kikrana - 21-09-2005 |
Sarebbe stata, ora non lo è più, perché chiunque la può riportare alla vecchia scuola, dove tutti imparano le stesse cose, ossia niente! Giudizio severo ed ingiusto! La vecchia scuola ha sfornato e (per fortuna) sforna ancora periti meccanici, elettrotecnici, informatici, elettronici, ragionieri. Queste figure , essenziali per il funzionamento di industrie e servizi nel nostro paese, le sforna tuttora la scuola e sono richieste dal mondo del lavoro più di un laureato in lettere o in giurisprudenza o in scienze politiche... L'attuale sistema di istruzione prevede 4 canali : i licei , gli istituti tecnici, gli istituti professionali (dove è stata adottata con successo l'alternanza scuola- lavoro e la formazione professionale. Sarebbe stato sensato lavorarci sopra per migliorare , semplificare. Invece, come al solito, prevale la logica del distruggere tutto (tranne quel monumento nazionale del Liceo Classico) e rifare tutto. Finendo poi per scontentare tutti (o quasi) |
Anna Pizzuti - 22-09-2005 |
Eppure, caro Patroncini, io continuo a pensare che la procedura poteva essere diversa. Molti hanno detto che non esprimerlo, il parere, avrebbe portato ad una grave rottura istituzionale, Rottura con chi? Era così importante, non rompere? O non sarebbe stato, invece, un segnale molto più chiaro e netto? Soprattutto per quelli che hanno votato il centrosinistra proprio perché rompesse? E se il ministro non ne avesse tenuto conto, come – formalmente – avrebbe potuto fare, la si sarebbe costretta ad assumersi una responsabilità pesantissima, realizzando, così, una nettezza di posizioni molto più utile (e necessaria) a mio avviso. C’è poi la questione – secondo me ancora più grave – dell’intesa sul sistema di Istruzione e Formazione. Questa era – a norma di legge – pregiudiziale. Bene, la domanda che vado rivolgendo da qualche tempo, senza avere risposta è: c’è stata o no, questa intesa? Se non ci fosse stata, il decreto non poteva andare in commissione. O sbaglio? Certo, dubbi, perplessità e critiche ci sono stati e sono quelli che anche tu riporti, ma se il decreto va in Commissione Parlamentare, vuol dire che un’intesa di fondo c’è stata. Sul modo no, ma sulla cosa sì. E non mi è sembrato molto lungimirante mettere a dimora – comunque lesionato - il mattone più forte, che creerà i problemi maggiori alla linea abrogazionista. Anzi, a proposito di abrogazioni, sarà un altro mio pallino, ma se nel testo che andrà in commissione l’articolo mai scritto del decreto, quello, appunto, sulle abrogazioni che faranno loro, toglierà di mezzo quei puntelli (il regolamento della legge Bassanini, ad esempio, il famoso decreto 112) ai quali anche le regioni a luglio si erano appellate per motivare la richiesta di ritiro del decreto quale reale autonomia o competenze o margine di manovra dai alle regioni per evitare il doppio canale o per limitarne realmente e non a parole i danni? O per interpretare correttamente, come da più parti si dice, la riforma del Titolo V? Insomma, a me sembra che, nonostante tutto, sia stata persa un’occasione per togliere ogni margine di iniziativa al ministro o ai partiti della maggioranza. Per metterli veramente all’angolo. Io – per quello che può contare – mi aspettavo, dalle regioni, molto di più. Ora, invece, sto aspettando che qualcuno mi dica che sbaglio. Grazie. |
antonino rallo - 25-09-2005 |
Sarebbe stata, la riforma Moratti, far finta di seguire il modello tedesco (molto in crisi e discusso nel paese dove fu inventato, alla fine del dopoguerra) con scarsità di mezzi e idee confuse. In sintesi: Meno scuola e più TV! Il fallimento della "riforma" Moratti non mi turba. Mi preoccupano, e molto, i 150 allievi che mi trovo quest'anno: record personale in 23 anni di insegnamento. Record di cui avrei fatto a meno. Lo dico soprattutto per loro, per i miei studenti: avrebbero meritato più attenzione e più fondi; e meno tagli. |