Io non mi sento italiano... e accuso!
Stefano Maschietti - 16-09-2005
Testimonianza del prof. G.

Nel corso del dibattito tenutosi il 10 settembre 2005 nello spazio conferenze della Festa di Liberazione (Roma, area ex-mercati generali), dedicato alla drammatica crisi del sistema scolastico e ai possibili scenari di riforma dopo la lunga ubriacatura della Repubblica, sono stati toccati temi decisivi e delicati, con spirito appassionato e pochi infingimenti. Riassumo il senso dell'intervento da me formulato parlando liberamente a nome dei soci dell'ADACO, come sempre presenti in numero tutt'altro che irrilevante, agguerriti diffusori di un messaggio di sfida e di collaborazione.

Ho apprezzato il richiamo di Andrea Ranieri (DS) alla necessità di intervenire con decisione sui processi educativi del ciclo di base e medio-inferiore, quelli dove si registrano i primi preoccupanti sintomi di dispersione delle capacità di apprendimento e della stessa forza d'animo giovanile. Ranieri parla di persone da seguire nel loro contesto educativo e performativo, e non rinuncia all'idea di coniugare abilità pratiche e astrazione intellettuale, difendendo l'istruzione tecnica e la necessità di aggiornarla alle esigenze del lavoro, del territorio e della loro dignitosissima cultura.
Ho aggiunto che quando si propone un intervento ambizioso è d'obbligo dichiarare con quali mezzi lo si intenda finanziare, e ricordato quel 30% di economia indegnamente sommersa, da cui si potrebbero ricavare risorse per scolarizzarla e renderla più civile.
Non l'ho detto per amor di retorica. A Ranieri piace il confronto con i colleghi stranieri. Ai politici dell'Unione consiglierei, invece di imitare i loro precedessori e moltiplicare inutili enti regionali per distribuire prebende al sottobosco politico, di inviare una squadra a studiare le tecniche informatiche di lotta all'evasione fiscale, in città francesi, tedesche, americane. Scopriranno (ma lo dovrebbero già sapere!) che i mezzi non mancano. Ci manca la volontà politica. Gli evasori, come tutti i lestofanti e gli speculatori, salgono sempre sulla carretta del vincitore, e il potenziale elettorato dell'Unione è ahinoi stracolmo di piccoli e meno piccoli pesci che guizzano tra le maglie della rete fiscale.
Scuola significa, a casa mia, civiltà e diritto, e se non si riuscirà a dire ai propri concittadini-elettori che chi disprezza la legalità e la leva fiscale merita solo disprezzo e un'adeguata sanzione penale, potremo scordarci ogni pur minima speranza di rinascita civile ed educativa di un paese in caduta libera, nel quale magistrati e insegnanti vengono ogni giorno vilipesi e marginalizzati quali soggetti a rischio.

Giovanni Manzini della Margherita ha richiamato l'attenzione sulla questione indegna del precariato scolastico, sostenendo che senza stabilizzazione del personale docente non si darà alcuna seria possibilità di riqualificare la cultura scolastica e la missione educativa di questo istituto centrale delle società europee. Aggiungo io: le nostre "bastardissime" radici greco-romane, giudaico-cristiane, ma anche arabo-mediterranee e medio-orientali, le dovremo coltivare in una scuola o ci vogliamo accontentare di innaffiarle in un preambolo costituzionale con un inutile richiamo verbale o un risibile discorso a pera?

Molti esponenti dell'Unione, da Titti de Simone a Loredana Fraleone allo stesso Giovanni Manzini, hanno ribadito che allo Stato costerebbe relativamente poco stabilizzare il personale scolastico. Lo provano del resto dettagliate analisi dell'attuale Ministero dell'Economia, di cui quello dell'Istruzione è a tutt'oggi uno striminzito sottosegretariato (chi sa domani...). Perché allora non si "mette in regola" il personale, e perché sarà una dura battaglia riuscirci anche in caso di un diverso governo? Mi ripeterò, a costo di rovinarmi. Non si tratta di destra o di sinistra, ma di un'idea della Res-pubblica intesa come "Cosa-nostra" da troppi attori sociali ed istituzionali, anche i più insospettabili.
Il potere forte che oggi suggerisce il differimento dell'assunzione di molti docenti legittimissimamente inseriti dal 2002 nelle famigerate Graduatorie di Merito scaturite dall'ultimo Concorso Pubblico per l'insegnamento nella scuola (1999/2001), ruota intorno alle Università, oggi al collasso finanziario. Molti parlamentari, di destra o di sinistra che essi siano, sono anche professori universitari, ed è relativamente facile persuaderli sulle finalità della caccia al capitale fresco. Un gioco da volpi. Bastano pochi emendamenti a qualsiasi legge, di destra o di sinistra, di oggi o di domani. La posta in gioco su cui allungare l'avido tentacolo "ammanicato" nel programma di formazione di "eccellenti" leve di insegnanti, è ben identificabile. È la quota (50%) dei posti disponibili nella scuola, oggi assegnati e da assegnare ai vincitori del Concorso Ordinario.
Pensate a come andrebbero le cose se nel giro di due-tre anni il personale scolastico venisse stabilizzato... Alle nuove Scuole di Formazione Universitarie, cui si sta cercando di dare confusamente forma giuridica per non ripetere i dilettanteschi errori che misero capo alle SISS ora al tramonto, rimarranno solo i posti che di anno in anno si renderanno disponibili sul territorio e nelle singole scuole dell'autonomia. Come andrebbero le cose se invece si riuscisse, con fulminea inaugurazione delle "Alte Scuole", a liquidare le attuali Graduatorie di Merito e a sostituirle con un copioso esercito di Universitini utili, dopo corsi a pagamento di cui non è nota la benché minima programmazione didattica (le Siss in questo hanno fatto vera "scuola"!!), a ricoprire la marea di posti ora vacanti nella galassia scolastica?
Andrebbe che le Università riuscirebbero a scaricare sui docenti in cosiddetta formazione i costi di una dissennata politica del proprio personale, che dagli anni '70-80 ha permesso il reclutamento spesso ope legis di cervelli servili e scadentissimi, con risultati, per il progresso di molti settori della ricerca italiana, che sono registrati in ogni repertorio statistico-valutativo internazionale. E raccontano muti il nostro declino!
Ai parlamentari dell'Unione e a coloro che si candidano, anche da semplici cittadini-elettori informati, a regolare i processi di promozione di una classe dirigente che sia un pochino più dignitosa e un po' meno classe digerente, vorrei sommessamente dire, da collaboratore-fantasma in alcune attività universitarie, che per opporsi ad un potere forte e tentacolare non bastano le belle parole: ci vogliono schiena dritta, attributi robusti e la capacità di scontentare duramente molti pseudo-elitismi parassitari.
Chi scrive è tutt'altro che contrario alla formazione degli insegnanti, al loro aggiornamento costante e al loro coinvolgimento nella ricerca di nuove vie per approfondire le conoscenze e il modo di trasmetterle con efficacia e stile. Questi processi vanno però innestati su un terreno adeguato. Non ho mai visto aprire un vincente sportello bancario raccogliendo a caso i risparmi di quattro vicini di casa. È da opportunisti più che da dilettanti fare politica in questo modo truffaldino.
Ci si faccia una bella "gita di istruzione" in paesi come la Francia e la Germania, che stanno affrontando il drammatico declino dell'istruzione scolastica con strumenti meno improvvisati dei nostri. Ci si informi su come lì funzionano e come si accede all'aggrégation o al Refendariat. Insomma, chi gestisce e organizza le scuole di formazione e reclutamento degli insegnanti, all'estero? Sono gli insegnanti stessi, quelli di provata esperienza e con meriti acquisiti nello stesso ambito disciplinare di cui pretendono conservare il patrimonio, trasmettendolo ai più giovani. Non si tratta di presuntuosi pedagogisti o di arroganti professori che usano le scuole per dispensare, anche loro, prebende al sottobosco di oscuri collaboratori, del tutto ignari di dove anche sia sita una scuola, tant'è la provinciale spocchia che alberga nei corridoi dei dipartimenti universitari nostrani.
Ricordo solo che i Formatori dei Formatori, all'estero sono pagati istituzionalmente per il loro lavoro, e sono accuratamente verificati, come verificati e non già vessati da truffaldini costi di iscrizione al master-scuola-di-specializzazione, sono gli aspiranti docenti, trattati come persone da educare, severamente e con rigore, non come soma da spremere e impoverire per gettarla poi ignara nell'arena dell'insegnamento.

Dopo di me ha preso la parola, tra gli altri, un neo-abilitato della Siss, che ho ammirato per l'emozionata onestà e la crudezza con cui ha raccontato la sua esperienza di formazione, noché il senso di disorientante frustrazione che lo ha colto nell'apprendere che ben difficilmente riuscirà ad ottenere un vero incarico di insegnamento nel suo primo anno da docente abilitato. Gli chiedo scusa per averlo interrotto con una battuta provocatoria, che non teneva conto della difficoltà del momento. Agli abilitati della Siss, specie a coloro che non erano in età per sostenere l'ultimo Concorso Ordinario, va tutta la mia solidarietà, senza però dimenticare che da troppo tempo si sta cercando di scaricare sugli Ordinaristi il costo sociale della truffa perpetuata ai danni di chi si è lasciato persuadere, con giovanile leggerezza, che le Siss potessero operare come un mutante giuridico in stato di eccezione (e di grazia ricevuta). Ignorantia legis non excusat.
Se vogliamo evitare che la truffa trovi il suo suggello catastrofico in vuote e lucrose "Scuole di Formazione Universitaria", è ora che qualche politico serio, contornato da consiglieri esperti di cose didattiche e ostili al didattichese, definisca prima un piano pluriennale per abbattere la vergognosa piaga del precariato, e istituisca poi una vera scuola di formazione e di aggiornamento, organizzata dal Senato degli Insegnanti di provata esperienza, e in cui le Univesità figurino come doverose e rispettose collaboratrici scientifiche, lasciando la gestione delle attività e il trattamento economico dei professionisti coinvolti a personale serio e qualificato in materia amministrativa.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Teo Orlando    - 27-09-2005
Ero presente anch'io all'interessante dibattito, e ho fatto di par mio un intervento, chiedendo se i parlamentari dell'Unione sarebbero disposti a impegnarsi per aumentare la quota di PIL destinata a scuola e università (ho ripetuto la stessa domanda che avevo posto nel dibattito precedente sull'università a Luciano Modica): le risposte oscillavano tra ampie assicurazioni di principio e sostanziale vaghezza di fondo.
L'intervento del collega Maschietti è in gran parte condivisibile: l'unica cosa che desta in me qualche perplessità è quando sottolinea che i futuri formatori dei giovani aspiranti all'insegnamento debbano essere "gli insegnanti stessi, quelli di provata esperienza e con meriti acquisiti nello stesso ambito disciplinare": infatti, nel corso del dibattito è emerso che questi insegnanti andrebbero preferibilmente scelti tra la generazione degli ex sessantottini prossimi alla pensione; è stato peraltro Andrea Ranieri a deplorare che nel 2012 andranno in pensione quasi tutti gli insegnanti che hanno fatto il '68 e a rammaricarsi per la perdita di cotanta professionalità.
Ora, a parte varie lodevoli eccezioni, vorrei ricordare che i sessantottini si sono distinti per la corsa all'esame di gruppo all'università, per la partecipazione a sommari corsi abilitanti, sanatorie varie e ope legis (all'università hanno saturato i ruoli per decenni): pertanto, semmai dovrebbero essere i "giovani", massimo quaranta-cinquantenni, con dottorati e pubblicazioni al loro attivo, a diventare i futuri formatori dei candidati all'insegnamento. Altrimenti si rischia di reiterare la logica della mera anzianità di servizio, frutto di una cultura vetero-sindacale, di cui (penso che sia il caso di sottolinearlo) personaggi come Ranieri e Panini sono sempre stati fautori. Troppo spesso infatti la cosiddetta "provata esperienza" altro non è che "la rendita di posizione" di chi da anni sta nella stessa scuola, ma che si limita a ripetere identico da decenni lo stesso programma, senza studiare, aggiornarsi o scrivere alcunché (fenomeno che ho notato tra l'anno scorso e quest'anno in due licei storici romani - il "Dante" e il "Visconti" - pieni di personaggi di questo tipo: ma negli stessi licei il recente arrivo di quarantenni con il dottorato metteva in evidenza il fatto che la qualità dell'insegnamento non dipende esclusivamente dall'esperienza didattica, ma anche dalla qualificazione scientifica).

Prof. Teo Orlando - dottore di ricerca in filosofia
Liceo classico statale "Ennio Quirino Visconti" - ROMA.
Coordinatore nazionale del Gruppo di lavoro sulla scuola dell'ADI - Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani.