breve di cronaca
Riforma atto II
Galileo news - 14-09-2005
Ancora qualche pagina vuota, poi per gli studenti italiani sarà tempo di tornare a riempire i diari.
E l'avvio dell'anno scolastico, ha assicurato il ministro Moratti nella tradizionale conferenza stampa dello scorso 6 settembre, avverrà nella massima regolarità: nessun caro-libri, risolti i problemi di organico, le supplenze già tutte assegnate. Merito della riforma che tra l'altro è riuscita, secondo la versione del ministro, a ridurre l'abbandono scolastico dal 25 per cento del 2001 al 20 per cento del 2005, a permettere lo studio della lingua inglese a un milione di bambini in più e a dimezzare il precariato. Un ottimismo che non riesce però a contagiare i sindacati degli insegnanti (Cgil, Cisl, Cobas), fermi nel denunciare la riduzione di risorse destinate alle scuole statali. Questioni economiche a parte, la legge 53 del 2003 che ha riformato il primo ciclo di istruzione (dalla scuola dell'infanzia alla secondaria di I°) continua a non convincere la maggior parte degli addetti ai lavori. Nel mirino delle critiche ci sono le Indicazioni Nazionali, da cui traspare l'anima e l'impianto epistemologico della riforma. Abbiamo cercato di capire con Elvira Federici del Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti), che cosa c'è che non va in quei documenti ministeriali e quali novità hanno introdotto rispetto ai vecchi programmi.

Per le scuole medie la riforma è al suo secondo anno di rodaggio. Che cosa è cambiato rispetto a prima?

"Molto. La cosa che balza agli occhi in modo evidente è che è stato completamente cancellato l'impianto epistemologico, frutto di anni di ricerche, contenuto nei programmi del '79. Mi riferisco a quegli aspetti cognitivi dell'età evolutiva, introdotti da Jerome Bruner, che costituivano un importante punto di riferimento per il lavoro degli insegnanti e di cui nelle Indicazioni Nazionali non c'è più traccia. E' una cosa grave perché denota una perdita di interesse verso i processi dell'apprendimento concentrandosi solo sui contenuti da affrontare".

Parliamo proprio dei contenuti allora. Quali novità si trovano sui libri di testo post-riforma?

"Prendiamo ad esempio la storia. E' cambiata la periodizzazione, per cui in prima media si parte dal Medio Evo e non più dalla storia antica che viene invece studiata alle elementari. L'idea è quella di distribuire lo studio di tutta la storia per un'unica volta in sei anni, dalla terza elementare alla terza media. In questo modo però la storia antica verrà affrontata solo in chiave mitologica, così come è proposta ai bambini delle elementari. Dalle Indicazioni Nazionali si evince poi il disinteresse per la storiografia come riflessione sulla storia, a cui infatti nei nuovi testi è dedicato pochissimo spazio, mentre si privilegia il racconto anedottico dei fatti, trattati tra l'altro con connotazioni ideologiche superate da tempo. Basti fare un esempio per capire meglio: il periodo del colonialismo viene definito nelle Indicazioni Nazionali 'la scoperta dell'altro'".

Passiamo all'italiano. Come lo studia uno studente delle medie post-riforma?

"Qui si è regrediti di circa 30 anni. E la cosa è perfettamente visibile con i libri di testo alla mano. E' tutta grammatica, solo ed esclusivamente analisi grammaticale e logica della lingua. Nessun riferimento all'educazione linguistica che fino a pochissimo tempo fa si basava sul concetto di una lingua che emancipa attraverso l'ascoltare, il parlare, leggere e scrivere. La funzione principale della lingua, che è quella comunicativa, è del tutto assente dalle Indicazioni Nazionali. Certo l'insegnante può colmare questa lacuna, ma avrà serie difficoltà con libri di testo di questo genere. Teniamo presente poi che l'approccio metodologico usato per l'italiano differisce completamente da quello delle due lingue straniere, per cui si taglia qualunque possibilità di interazione tra gli insegnamenti".

E per le scienze? Facciamo il punto sulla questione Darwin?

"Darwin è stato alla fine riammesso nei programmi di scienze delle medie. Ma la vicenda ha messo in luce l'impianto ideologico dei curatori della riforma. La tesi filosofica di fondo è quella di un personalismo cristiano, un po' vecchia maniera, con la persona umana fatta a immagine e somiglianza di Dio. Riesce difficile quindi, con queste premesse, affrontare i vari saperi e quello scientifico in particolare in modo laico".

Nella scuola della Moratti anche i genitori tornano sui banchi. Cosa ne pensa di una famiglia tanto presente?

"I rapporti tra scuola e famiglia sono senza dubbio importanti, ma nel rispetto dei reciproci ruoli. Nell'idea della Moratti la scuola perde completamente l'importante funzione di decondizionamento che aiuta gli studenti a crescere in modo autonomo. La scuola dovrebbe sforzarsi di essere il più possibile un luogo aperto, "neutro", dove si possano creare degli spazi vuoti necessari ai ragazzi per trovare la loro strada. Per dirla con Simone Weil, dovrebbe ambire a diventare una scuola impersonale, ossia senza alcun tornaconto personale. Ma il ruolo dato alla famiglia dalla riforma impedisce di raggiungere questo obiettivo."

Giovanna Dall'Ongaro

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