Tra le forme del pensiero
Laura Tussi - 19-08-2005
Dell'azione emotiva sul comportamento

Il pensiero.


Con questo termine lo psicologo indica la realtà che comprende i processi mentali non definibili logici, razionali e creativi, pur essendo prodotti dall'attività psichica dell'uomo. Esistono forme di pensiero in cui sono imperfetti gli strumenti logici quali il pensiero infantile con strumenti logici non sviluppati, il pensiero primitivo sviluppatosi in altri contesti socio-culturali, il pensiero quotidiano.

La formazione dei concetti.

La realtà ambientale è costituita da quantità di oggetti ed eventi percettivi. Se l'uomo utilizzasse tutta la capacità di registrare sarebbe schiacciato dalla complessità dell'ambiente. L'uomo supera queste difficoltà con un'attività di categorizzazione, esemplificando l'universo dell'esperienza e considerando alcuni oggetti come non unici, ma appartenenti a categorie.

Il pensiero produttivo.

Si ha un processo produttivo quando siamo in situazione problematica che non ha possibilità di immediata soluzione, con schemi di comportamento acquisiti in precedenza. Le attività di ragionamento creano nuova conoscenza. Kohler esperimenta dimostrando che è un problema tutto ciò che non può essere risolto con comportamenti istintivi. Ad esempio gli studi sugli scimpanzé che per prendere cibo sono costretti all'uso del bastone. L'animale non si trova in una situazione nuova in senso assoluto, ma si tratta dell'uso di un diverso contesto di oggetto o di metodi. Dunker sperimenta due modi o strategie per risolvere il problema, ossia procedere dal di sotto per cui il soggetto analizza elementi a sua disposizione chiedendosi "questo può servirmi?". E' un risultato più affidato al caso. Nel procedere dal di sopra il soggetto si pone alla ricerca dell'oggetto per mezzo del quale risolvere il problema con un metodo più intelligente. Wertheimer sostiene che chi è meno legato ad abitudini e conoscenze preconcette, chi non si limita a imitare pedissequamente, chi procede con atteggiamento analitico è più facilitato nella soluzione del problema. Occorre osservare la situazione con mente aperta, cercando in quale modo la situazione e il problema sono in relazione.

Pensiero quotidiano.

Lo psicologo Barlet sostiene sia un tipo di pensiero che entra in azione nelle situazioni problematiche della vita di ogni giorno. Le persone senza compiere sforzo per essere logiche, trascurando lacunose informazioni, prendono ugualmente posizione per arrivare alla soluzione. Gli aspetti del pensiero quotidiano consistono nella generalizzazione, accettazione di convenzioni sociali precostituite, nel punto senza ritorno il soggetto che tratta l'argomento raggiunge lo stadio da cui è più facile proseguire che tornare in dietro e nell'emotività, quando i risultati del pensiero quotidiano sono ostacolati si giunge a erompere in emozioni diverse dal pensiero logico.

Pensiero prevenuto.

Presenta due elementi costitutivi: la credenza preconcetta e l'oggetto a cui si applica. La credenza è la durevole organizzazione di percezioni e conoscenze intorno a qualche aspetto del mondo dell'individuo. La caratteristica del pensiero prevenuto è la rigidità, quale resistenza della credenza a modificarsi.

Pensiero nevrotico.

Di fronte a una situazione esterna sentita frustrante e minacciosa per la propria sicurezza, l'Io si difende con meccanismi psichici inconsci per rassicurarsi. Il pensiero nevrotico è irrazionale perché nega l'evidenza della percezione minacciosa, il che non significa assenza totale di ogni forma di logica, ma si tratta di applicare le leggi della logica in modo inadeguato. I nevrotici tendono a non distinguere l'oggettivo dal soggettivo e non sapere se quello che li colpisce proviene dall'esterno (realtà) o dall'interno (fantasia).

Pensiero psicotico.

Deviazione patologica del modello del pensiero logico che provoca disorganizzazione della personalità, con incomprensibilità, assurdità e incoerenza. Nel formulare il pensiero lo psicotico utilizza parole senza più avere la capacità di connotazione, dando più importanza alla denotazione e alla verbalizzazione, quando la parola è considerata come un evento acustico (verbalizzazione).



interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Anna Di Gennaro Melchiori    - 22-08-2005
Segnalo l'indubbia valenza del testo sottostante il cui autore è grande estimatore dello studi scientifici del dr. Lodolo D'Oria: note le sue numerose citazioni su documenti on-line, tra le quali la risposta alla "Lettera agli insegnanti italiani" di James Hillman.
Il suo eminente apporto alla prevenzione del burnout, ma anche al latente disagio mentale della categoria docente, è illustrato nel cap. "La scuola e il nemico invisibile" contenuto nel dossier ed. Armando "Scuola di follia": il coautore dr. Guglielmo Campione, relatore ai seminari FSE, ne riporta l'esempio.
Sono quindi lieta di indicarlo a tutti coloro che intendano arricchire il proprio bagaglio di conoscenze per una maggiore consapevolezza e auto-valutazione che tenga conto della specificità della professione, notoriamente più a rischio di altre helping profession.
Cordialmente.
Anna Di Gennaro

PSICOLOGIA del PROFONDO e
COMPLESSITA’ delle ORGANIZZAZIONI
Collana diretta da Pasquale Picone

“Siamo nani sulle spalle di giganti”, dicevano i grandi pensatori del Rinascimento.
Nella misura in cui la pulsione trasformativa, intrinseca alla prospettiva più ampia, consentita dalla posizione di altezza di una dimora sulle spalle di giganti, viene inibita, si precipita sotto i loro tacchi.
La natura umana, vista nella sua rappresentazione complessa di sapiens/demens, come propone E. Morin, è dotata di spinte filogenetiche che confluiscono in un’opera ontogenetica di metamorfosi.
Questa è un’epoca di grandi opportunità, ma anche di grandi resistenze. Strutture squisitamente medioevali si rivelano non solo nella testimonianze di varie arti e dell’architettura. Il Medioevo non è solo relegato nei libri di storia. Lo si può osservare, come operante, anche oggi, nei comportamenti e nelle mentalità. Gli storici francesi delle Annales ci hanno insegnato che le mentalità sono strutture storiche di lunga durata.
Il fare sistema, la coesione sociale, la knowledge society, il capitale umano per l’Europa, richiedono una passione interminabile di re-interpretazione di valori già noti. Una ri-connessione di questi con le nuove acquisizioni, con le nuove produzioni dello Spirito del Tempo. Questa Europa che, come struttura politica e organizzativa, sta nascendo come produzione del nostro tempo. Ma che, come knowledge society, è sorta nell’Atene del VI-IV sec. a.C. che, dopo l’Epopea, la Poesia Lirica e la Tragedia, ha visto la nascita della Filosofia, della Matematica, della Medicina, delle Scienze Politiche e Sociali, delle Scienze della Natura, cioè della Conoscenza.
Da qui la complessità dei prodotti dell’uomo, generati dalla sua pulsione associativa. Le organizzazioni. Dalla famiglia, allo Stato. Con i loro speculari fenomeni, rispetto all’individuo, di aggregazioni creative e di cieca entropia.
La teoria della complessità è un enorme flusso di idee alimentato da diversi affluenti. Dalla teoria della relatività e dalla fisica quantistica, alla psicoanalisi. Dai contributi degli studiosi dell’Istituto Warburg di Londra, a quelli delle Annales e della scuola di psicologia storica francese. Al punto che il concetto di teoria della complessità può essere interscambiabile con quello di knowledge society.
Alcune radici della teoria della complessità devono essere fatte risalire a Jung, che accolse la proposta di Toni Wolf di usare, come sinonimo di psicologia analitica, il temine “psicologia complessa”. A Giordano Bruno ed Erasmo; ai platonismi di tutte le epoche, e quindi a Platone, ad Empedocle, ad Eraclito, con la teoria degli opposti.
Organizzazione dei servizi. In primo luogo i servizi formativi e sanitari, la lifelong learning e la salute fisica e mentale. Ma anche i media, la giustizia, l’amministrazione pubblica, l’ambiente. Tutte quelle aree che, configurandosi come bene collettivo (al di là della proprietà che può essere anche privata), richiedono valori, atteggiamenti e comportamenti finalizzati al “fare sistema”, come nell’alto richiamo del Presidente Ciampi, nel discorso a Caserta dell’8-12-2003.
Questa collana si vuole porre la mission di contribuire allo sviluppo delle rappresentazioni della complessità organizzativa. Con le relative accezioni di settore: complessità scolastica, complessità organizzativa di un servizio di salute mentale, dell’apparato amministrativo di un Comune, di un asilo nido, ecc.
Una delle direttrici di analisi, produttrice di sviluppo delle rappresentazioni, è la pluralità dei settings, molto spesso trasversali a organizzazioni diverse. Le riunioni con finalità decisionali, la riunione di dipartimento universitario, di un servizio di salute mentale, di una redazione di giornale o di testata televisiva, l’assemblea della società di psicoanalisi, sono tutte realtà di setting organizzativo. Il fatto che oggi, sia un apparato amministrativo, sia un’azienda, devono fare periodicamente aggiornamento e formazione, consente di vedere come il setting organizzativo e il setting formativo sono trasversali a tutti i tipi di organizzazione. Esiste poi una trasversalità del setting clinico, e talvolta addirittura del setting analitico, in organizzazioni in cui, sino a forse un decennio fa, era impensabile che potessero organicamente comunicare, in quanto strutturate come compartimenti stagni del tessuto sociale.
Che c’entra la psicoanalisi con l’azienda? Basta leggere Kets de Vries e Quaglino.
Quando nella scuola si fa un gruppo di prevenzione del burnout dei docenti, oppure un’attività di prevenzione del disagio giovanile o degli interventi sul bullismo degli studenti, concettualmente bisogna parlare di setting clinico.
Ne deriva che un canale di sviluppo, la “vettorizzazione delle rappresentazioni”, per dirla con G. Maffei, avviene lungo l’asse che intercorre tra la polarità individuale del “setting organizzativo interno” e quella collettiva del “setting organizzativo esterno” di una specifica realtà di aggregazione sociale finalizzata ad un obiettivo.
In un tale quadro le competenze filosofiche, cliniche e analitiche possono essere concepite come competenze di gestione di un fenomeno che possiede il gradiente più alto di complessità, rispetto all’intero creato: la mente umana.

1° volume della collana
-P. Picone, SUPERVISIONE E FORMAZIONE PERMANENTE. Per il futuro della professionalità docente.
edizioni SETTE CITTÀ
Largo dell’Università s. n. c. – 01100 Viterbo
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