Documento su precariato
Alba Sasso - 15-07-2005
Gruppo DS -Ulivo della VII Commissione della Camera.

Alba Sasso, Giovanna Grignaffini, Walter Tocci, Andrea Martella, Carlo Carli, Giovanni Lolli, Gloria Buffo, Piera Capitelli, Franca Chiaromonte.


Il decreto sul precariato.

Dopo l'approvazione, voluta dal centrosinistra, della legge 124 del 1999 e la riattivazione del sistema di concorso, negli anni 2001 e 2002 si è potuta realizzare la nomina di oltre 60.000 operatori scolastici.
Capita spesso di sentire il Ministro Moratti e suoi sottosegretari vantarsi di queste nomine attribuendosene la paternità; nulla di più falso, la verità che risulta dagli atti del Consiglio dei ministri e dagli atti parlamentari è la seguente:
il governo Berlusconi, per l'anno scolastico 2003-2004, si è limitato a procedere alle nomine (60.000), già deliberate e finanziate dal governo di centro sinistra, dopo che nei due anni precedenti aveva bloccato totalmente il sistema delle nomine in ruolo.
Ma c'è di più. Il governo ha dovuto accettare, e inserire nella legge 143 del 2004, un emendamento del centro sinistra, approvato dal Parlamento, che prevedeva un piano triennale di immissioni in ruolo su tutti i posti cosiddetti vacanti (cioè occupati da supplenti o liberi per effetto di pensionamenti), al fine di risolvere il problema del precariato.
Ma il Ministro non ha voluto dar seguito a quell'impegno. Nessuna copertura di spesa nella Legge Finanziaria 2005 e solo 15.000 nomine per l'anno scolastico 2004/2005.
Insomma poche, pochissime immissioni in ruolo, piuttosto che un progetto di assorbimento graduale e continuo del precariato, come prevedeva la legge 143.
Infine, il 27 Giugno 2005 il governo, anche per la pressione dei sindacati, di un corposo e combattivo movimento di precari e delle forze politiche di centro sinistra, ha emanato un decreto legge, ora in corso di conversione, per l'immissione in ruolo di quarantamila precari per l'anno 2005-2006. Una tardiva riparazione, forse in chiave elettorale, per un problema che questo Governo non ha mai voluto risolvere, anzi che ha ulteriormente aggravato affollando e pasticciando le graduatorie permanenti. Infatti, mai nella storia della nostra scuola le tabelle di valutazione dei titoli sono state decise per legge, rendendo difficile qualsiasi correzione anche di evidenti assurdità (vedi punteggio di montagna).
Ma soprattutto i quarantamila posti per le immissioni in ruolo (di cui cinquemila per il personale amministrativo) rappresentano una goccia nel mare rispetto ai circa centomila posti vacanti per i docenti (settantottomila per il personale non docente), destinati ad aumentare per effetto dei massicci pensionamenti previsti per i prossimi anni.
E' bene, infine, rispetto a una falsa e pretestuosa polemica sul fenomeno del precariato docente, ricordare due questioni:
a) i docenti che vengono immessi in ruolo sono in servizio da molti anni e sono abilitati o vincitori di concorso. Continuerebbero comunque ad insegnare con incarico a tempo determinato;
b) la loro nomina a tempo indeterminato non comporta significativi aumenti della spesa perché attualmente percepiscono tutti una retribuzione a carico del bilancio dello Stato e avrebbe, quindi, solo un effetto benefico sulla continuità didattica, condizione di qualità e di efficacia degli studi, oggi gravemente compromesse dalla continua mobilità dei docenti.

Contro il precariato per la qualità del sistema.

Crediamo necessario che la scuola italiana abbia un numero di insegnanti adeguato a soddisfare il diritto allo studio di studentesse e studenti su tutto il territorio nazionale, nonché le esigenze di funzionamento dei servizi amministrativi, tecnici e ausiliari nella scuola dell'autonomia.
Il confronto che si è sviluppato in questi anni, sostenuto da sempre più numerose vertenze regionali, ha costretto il MIUR ( Ministero Istruzione Università Ricerca) ad attribuire un contingente aggiuntivo di posti di personale docente in organico di fatto (quello che si stabilisce all'avvio dell'anno scolastico e che viene dato a supplenza annuale, alimentando il precariato).
Insomma mentre da una parte si riduce continuamente il numero degli insegnanti in organico di diritto (posti stabilizzati), si aumenta il precariato.
Insomma queste scelte sono insufficienti a rispondere alle esigenze avanzate dai territori.
E' stata operata una vistosa sottostima dell'andamento delle iscrizioni per rispondere ad esigenze di bilancio, negando la domanda di istruzione delle famiglie.

La scuola italiana oggi dopo le prime devastanti controriforme imposte dalla Moratti non è in grado di soddisfare le richieste di studenti e genitori perché:
o non viene garantita l'esigibilità del diritto alla frequenza da parte dei bambini della scuola dell'infanzia, come comprovato dalle lunghe liste d'attesa;
o non viene soddisfatta la richiesta di tempo pieno e prolungato e, ove questo è formalmente presente, spesso la carenza di organico ne stravolge il modello pedagogico didattico;
o non sono rispettati, in molte realtà, i parametri numerici previsti dai relativi decreti ministeriali per la formazione delle classi che sono sempre più affollate oltre ad essere collocate spesso anche in condizioni edilizie precarie;
o non sono garantite adeguate risorse di sostegno ad alunni diversamente abili, i quali sono inseriti, e in più d'uno, sempre più frequentemente in classi affollate ;
o non si tiene conto delle particolari esigenze degli alunni immigrati o appartenenti a contesti culturali diversi, la cui presenza in alcune realtà raggiunge anche il 50% dell'utenza;
o non è garantita neanche la prosecuzione dei corsi di scuola media ad indirizzo musicale, attivati negli anni passati;
o non sono garantite le richieste degli studenti dei diversi indirizzi nella scuola secondaria superiore;
o non ci sono, nonostante le dichiarate attenzioni alla formazione per tutto l'arco della vita, investimenti in organico di diritto su questo obiettivo ma piuttosto le disposizioni emanate mirano a ridurre l'attivazione dei corsi EDA (Educazione per gli Adulti).

All'insieme dei problemi denunciati sul personale docente si è aggiunto in questi anni l'effetto dei ripetuti tagli operati con le leggi finanziarie sugli organici del personale Amministrativo, Tecnico e Ausiliario della scuola (ATA).
Ad un aumento della complessità del lavoro e delle responsabilità professionali conseguenti all'autonomia, l'amministrazione guidata dalla Moratti ha risposto in maniera miope con il risultato di aggravare le condizioni di funzionalità di tutti i servizi della scuola e di mettere a rischio il rispetto delle garanzie contrattuali sulle prestazioni del personale ( particolarmente gravi le violazioni contrattuali per quanto riguarda la formazione e il finanziamento degli operatori di sostegno ai disabili).
Dopo un triennio di tagli indiscriminati ed ingiustificati, si sono raggiunte condizioni di assoluta insostenibilità.
Anche se, nella fase di adeguamento alla situazione di fatto, si sono ottenuti solo modesti e parziali recuperi di organico, non sono superate le condizioni di precarietà in cui è costretta ad operare la scuola dell'autonomia a fronte delle esigenze di progettazione e di continuità didattica.
E' indispensabile una inversione di tendenza.
Una scuola di qualità non può prescindere da adeguate risorse professionali e in questa direzione sono necessari investimenti.
Il problema delle risorse professionali della scuola non è una questione solo della categoria ma di civiltà dell'intero Paese, se è vero che la formazione e l'istruzione sono la leva strategica per lo sviluppo di tutta la società e gli obiettivi di Lisbona non sono una mera affermazione di intenti, ma obiettivi concreti da raggiungere.
Dopo che negli ultimi tre anni sono stati tagliati oltre trentamila posti in organico di diritto del personale docente e circa diecimila del personale ATA senza che a ciò corrispondesse un calo demografico degli alunni, l'ultima finanziaria pur non prevedendo tagli ha stabilito che il tetto massimo raggiungibile non possa superare il contingente complessivo dello scorso anno.

Poiché le quote di organico si calcolano sui dati previsionali degli alunni e in molte realtà questi dati sono stati sottostimati, tutto questo, unito al tetto fissato dalla finanziaria, sta producendo un taglio surrettizio di organico che si va ad aggiungere a quelli prodotti negli anni precedenti.
Quindi, l'organico di diritto non copre la vera esigenza di funzionamento delle scuole e produce gli effetti sopra denunciati.

E negli stessi anni in cui gli alunni crescevano il personale diminuiva sempre.

Ognuno può comprendere quanto questo declino non sia un ineludibile destino ma il risultato, purtroppo tangibile, delle scelte politiche del governo. E le decisioni politiche possono essere cambiate, ascoltando le richieste dei cittadini e delle scuole. Se guardando i grafici ricordiamo la storia degli ultimi anni è facile riconoscere come, negli anni scolastici compresi tra il '97 ed il 2000, nonostante il calo demografico, si sia decisamente scelto di investire sulla scuola e sulla allora nascente autonomia scolastica. Sono gli anni dell'incremento del tempo pieno e prolungato, dei progetti di integrazione, della lotta alla dispersione, delle lingue straniere presenti fin dalle prime classi della scuola elementare e dell'investimento in informatica. Sono gli anni dell'organico funzionale (la quota di docenti necessaria per gestire la scuola dell'autonomia) e delle ultime consistenti assunzioni. Sono gli anni della scelta di dotare le scuole di risorse per progettare e radicarsi nei territori.
Dal 2001, con il cambio del governo e la "voglia di risparmio", si è imboccata un'altra strada, quella della riduzione e della cancellazione dei progetti, dell'organico funzionale, delle risorse economiche, del tempo scuola, dell'obbligo scolastico...Un intento "riformatore" unidirezionale , capace solo di ridurre e tagliare, incapace di rispondere ai bisogni di sapere, oggi sempre più ampi e complessi.
I numeri degli alunni, però, sono in crescita costante, soprattutto a causa di un vistoso e positivo inserimento di studenti provenienti da altri paesi ( su cui diventa prioritario investire), ma anche di una inversione di tendenza nazionale.
L'andamento degli alunni, ben noto al MIUR non può essere più affrontato con le soluzioni tampone dell'organico di fatto (assumere precari a settembre e mandarli via quando non servono più), ma va affrontato da subito e con rigore per assicurare l'uguaglianza del diritto all'istruzione per tutte e per tutti.
Roma, 6 Luglio 2005.

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