breve di cronaca
Il sopravvissuto
Scuolamodena,it - 11-07-2005
"Il sopravvissuto"
di ANTONIO SCURATI
Milano Bompiani, 2005

"Un insegnante, non diversamente da un buon parroco, non poteva avere una vita propria perché la sua vita erano i suoi studenti, infatti Andrea era dipinto come un missionario della scuola secondaria superiore, un martire della vocazione, che, in cambio di un misero stipendio,aveva sacrificato la sua vita privata, la possibilità di una più brillante carriera professionale".

Così viene descritto dai quotidiani il professore Andrea Marescalchi, l'unico sopravissuto al massacro di sette professori riuniti nella palestra per la prova orale dell'esame di Stato, pronti ad interrogare Vitaliano Caccia, lo studente autore della strage.

Dunque stando a questo romanzo, tra i professori delle superiori, uno su otto sarebbe un missionario e gli altri degni solo di essere uccisi dai loro studenti.

Spero non sia così. Probabilmente la maggior parte degli insegnanti delle superiori non è né l'uno né l'altro, è una via di mezzo. La terza via è certamente la più diffusa.

Visti da fuori ciò che mi sembra manchi di più ai prof è la capacità di ascolto degli adolescenti.

Possibile che i prof si siano dimenticati com'erano a sedici anni? Ci vorrebbe un po' di quell 'orecchio acerbo di cui parlava Rodari. Pensare che dovrebbe essere più facile per gli insegnanti delle superiori che per noi maestri, visto che i ragazzi sono più grandi. Proprio perché sono più grandi è possibile parlare con loro di tutto, l'età non pone dei limiti come da noi alle elementari.

E perciò, pur avendo i brufoli e l'ombelico scoperto, mi sembra che non dovrebbe essere difficile riuscire ad interessarli, a far nascer in loro la motivazione per lo studio. Perché c'è poco da fare "si studia solo quello che ci piace", parola di Clotilde Pontecorvo.
Al di là di tutte le riforme pensate e mai attuate, mi sembra che il problema delle superiori stia lì.
Il dato che, a mio parere, risulta più grave nelle recenti indagini internazionali, non sta solo negli scarsi punteggi ottenuti dall'Italia, ma nel fatto che la maggior parte dei nostri quindicenni, a domanda, ha risposto che, se potesse, il giorno dopo non tornerebbe più a scuola. Infatti mentre per l'età delle medie continuo a pensare che sarebbe meglio mandarli in campeggio, magari con i boy scouts, piuttosto che tenerli chiusi tra quattro pareti, per l'età successiva dobbiamo riuscire a far nascere e sostenere la motivazione allo studio, anche perché è il momento migliore della vita per questa attività.
Se non ora, quando? Se non ci riusciamo è meglio che chiudiamo i battenti perché significa che continuiamo ad essere come l'ospedale che tiene i sani e caccia i malati, come ci rimproveravano i ragazzi di Barbiana 38 anni fa.

In questo senso "Il sopravvissuto" è una metafora romanzata della scuola superiore oggi. Anzi la userei come una parabola per la rieducazione degli insegnanti da allegare gratuitamente al manuale "Come sopravvivere,continuando a fare l'insegnante". Del resto anche Vitaliano Caccia, lo studente assassino, partecipava e ascoltava le lezioni del suo prof preferito.

"Il professor Marescalchi era stato per l'alunno Caccia il padre che con una mano dice al figlio -sii come me -, ma con l'altra fa schioccare la frusta, da usarsi se il giovane dovesse obbedire alla sua prima ingiunzione".

Per essere dei veri disobbedienti, sulla base della mia personale esperienza, ritengo bisogna aver fatto un buon percorso di formazione. Aver fatto un'overdose di ubbidienza negli anni '50, per poi scoprire a sedici anni un prete che mi dice: "L'obbedienza non è più una virtù".
L'anno dopo, lo stesso prete mi indica la strada maestra dell'insegnamento. Finalmente l'anno dopo ancora ero pronto per affrontare l'esame di stato: studiavo per superare la maturità, giusto nel maggio '68. E' con questo curriculum che siamo diventati una generazione disobbediente.

Oggi invece i ragazzi disobbediscono fin dalla più tenera età. Già nella scuola dell'infanzia non ubbidiscono alle maestre e tanto meno alle mamme. Così che quando arrivano alla superiori non gli resta che allagare le aule, cosa di cui si parla tanto, o fuggire nella droga, cosa che noi adulti fingiamo di non sapere.

Il professor Marescalchi alla fine, dopo essersi a lungo interrogato sulle ragioni della strage, riesce a darsi una spiegazione. Verso la metà di maggio dell'ultimo anno di scuola superiore conclude lo studio della storia dell'umanità con una lezione frontale ("si chiama frontale perché è come essere al fronte") che si "riduce alla spuntatura di una lista di stermini".

....e Vitaliano è insorto: "Se le cose stanno come dice lei, che si fa, professore?" mi ha chiesto Vitaliano. Non ho saputo consigliargli niente di meglio che farci una tesina per l'argomento a piacere della prova orale dell'esame di Stato.

Stando al mio insegnamento, il XX secolo si sarebbe chiuso sulla strage come sulla sua ultima parola. Per il mio giovane allievo, il XXI si annunciava, quindi,a ll'insegna del massacro. Sterminando i suoi professori in quella palestra, l'allievo non ha fatto altro che tradurre in pratica la lezione del maestro. In un certo senso, è stato davvero il mio allievo più perspicace.

Personalmente a questa realtà romanzata preferisco la realtà vera di quello che sta succedendo in questa fine di anno scolastico all'ITI "Leonardo da Vinci" di Borgomanero, dove, da qualche giorno, c'è un prof di chimica che sta facendo lo sciopero della fame perché ritiene che la riforma Moratti farà strage degli studenti italiani. Ebbene gli studenti dell'istituto si sono schierati con il prof e hanno realizzato uno striscione eloquente "Marracini for ever" che sormonta la bacheca dove vengono appesi i messaggi di solidarietà che stanno arrivando da tutta Italia al loro prof di chimica.

La conclusione può essere diversa se i sedicenni ritrovano dei maestri che insegnano loro,in modo coerente e non contraddittorio come il prof Marescalchi, che l'obbedienza non è più una virtù.


Arturo Ghinelli
10 giugno 2005


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