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Il problema è l'Italia
E' il titolo di una nota postata in rete ad opera del circolo pavese di " Libertà e Giustizia ". Ed all'indomani della disgustosa messinscena dei sedicenti padani che si sono meritati un'espulsione da quel parlamento, leggere per l'appunto l'analisi di seguito riportata riconcilia, ma non più di tanto, con la ragione ed il buon senso che alberga anche in tantissimi di quei valligiani.
Scrive Ezio Mauro, direttore del quotidiano " la Repubblica " nel suo editoriale " L'anomalia di questa destra " a seguito dei fatti di Strasburgo:

" La destra italiana ha esportato ieri in Europa il suo volto più protervo e allarmante, inscenando nell´aula del Parlamento di Strasburgo una contestazione contro il presidente Ciampi, in visita ufficiale alla Ue.
Quei tre leghisti costretti dal loro paganesimo ideologico a vestirsi di verde, che alzano la bandiera padana di uno Stato inesistente mentre schiamazzano contro l´euro, sarebbero - da soli - l´immagine di un provincialismo spaesato, più patetico che gaglioffo.
Ma di fronte avevano il Presidente della Repubblica italiana. L´aula di Strasburgo ha dunque assistito allo spettacolo inedito di un Capo di Stato contestato in Europa dai parlamentari del suo Paese, a conferma di una divaricazione morale, e non solo istituzionale tra questa destra e il nostro Stato.
Dopo Casini, Fini e Follini che hanno denunciato immediatamente l´aggressione preordinata dei leghisti, (mentre Prodi ha chiesto che se ne vadano dal governo) anche Silvio Berlusconi ha dovuto condannare la contestazione a Ciampi, e questa volta in modo non equivoco.
Ma il premier non può sfuggire al problema che Strasburgo ha rivelato: il suo progetto di creare una moderna cultura conservatrice in Italia è fallito come il suo governo.
E nel tramonto del berlusconismo dopo l´implosione di An, l´afasia di Forza Italia, il disincanto dell´Udc, mancava soltanto il ritorno della Lega al suo istinto alieno ed eversivo, fuori da ogni regola e da ogni responsabilità.
Se la Lega ricomincia a parlare di secessione con Speroni, a chiamare il Capo dello Stato "il Ciampi", ad aver bisogno di gesti "da estrema destra" come dice Giorgio La Malfa (senza capire che suo padre non avrebbe mai fatto parte di un governo con questi alleati), la colpa è nell´incapacità del decennio berlusconiano di creare una destra diversa, moderna ed europea. Non bastano le cene del lunedì, per trasformare la Lega in forza di governo. E infatti Bossi era a cena ad Arcore, lunedì sera, proprio mentre i suoi preparavano l´attacco a Ciampi.
La realtà è che la destra italiana del 2005 è un´anomalia, come dimostra ogni volta che si presenta in Europa.
L´unica sua cifra è il populismo, che crede di tenere insieme istituzioni e istinti, alieni e governanti, barbari e ministri. Oggi la pentola dello stregone sta scoppiando davanti all´Europa, nello spettacolo inquietante di una politica sgangherata e cieca che contesta il suo vertice istituzionale, uno dei pochi uomini pubblici italiani che l´Unione europea può ancora applaudire. Almeno, dopo ieri, non si parli mai più di "Casa comune dei moderati". A destra, i moderati sono una minoranza eretica, sovrastata dalla Lega pronta ad urlare ciò che Berlusconi pensa. "

" ( ... ) A destra, i moderati sono una minoranza eretica ... " conclude nella sua opinione Ezio Mauro, concordando in pieno con quanto scritto da un altro grande opinionista, Giorgio Bocca, nel suo sempre citatissimo lavoro " L'Italia l'è malada ":

" ( ... ) Il fatto che un potere politico accusato di reati comuni come la corruzione di magistrati, le evasioni fiscali, i falsi in bilancio non solo pieghi la giustizia ai suoi interessi ma addirittura la rifiuti, la accusi di complotti, le imponga il gioco di astuzie e garbugli dei suoi avvocati, ne ricusi i giudici onesti, si nasconda dietro la cortina fumogena delle manovre procedurali segna la sconfitta dello Stato, la morte del diritto. ( ... ) "

"Il problema è l'Italia"

" L'Italia è cresciuta economicamente sulla base di un facile ricorso alla svalutazione ed alla spesa pubblica: ci si lamenta di come l'entrata nell'Euro della Lira è stata decisa ad un livello troppo penalizzante, sintomo questo di un approccio alla politica valutaria esclusivamente in favore della «svalutazione competitiva». Posto che il livello di parità (le famose 1936,27 Lire per 1 Euro) è stato comunque derivato dalle valutazioni dei mercati finanziari e non è stato figlio di una mera contrattazione stile «foro boario», l'abitudine alla svalutazione facile ha implicato un impoverimento generale del Paese e, in una nazione priva di materie prime, l'importazione di inflazione.
Quest'ultima, in particolare, ha segnato in modo indelebile la vita degli italiani: all'inizio degli anni Ottanta, i prezzi crescevano annualmente di oltre il 20%, i tassi sui finanziamenti ai privati ed alle imprese stavano a livelli simili. Oggi l'inflazione è circa al 2%, i tassi sui mutui sono intorno al 4%. E ancora, già che si fanno i conti della spesa, oggi la benzina costa 1,25 Euro a litro, ma con una Lira debole e volontariamente svalutata sarebbe costata una cifra di gran lunga superiore, molto di più delle corrispondenti 2.420 Lire al litro. Gli effetti generali di questo costo sono ovvi.
Adesso proviamo a fare un passo tra numeri grossi. Solo dieci anni fa lo Stato italiano, quindi la collettività, finanziava il suo debito a tassi circa doppi rispetto a quelli tedeschi, 12% contro 6% sui prestiti decennali: oggi, grazie agli effetti dell'Euro sulle dinamiche inflazionistiche e sul rischio valutario, tale differenza si è ridotta ad un misero 0,2%. Poiché lo Stato italiano si finanzia ogni anno per circa 300 miliardi di Euro, i vantaggi economici per tutta la collettività sono evidenti.
Alla fine siamo così sicuri di avere nostalgia degli anni prima dell'Euro?
Certo, c'è stata una severa riduzione del potere di acquisto a cavallo dell'introduzione della nuova moneta, ma ancora nessuno tra gli «euroscettici» ci ha spiegato come è potuto succedere che, «Lire 1000» sia stato confuso con «Euro 1», invece della cifra corretta «Euro 0,52», forse il caldo.
In realtà, l'Euro è stata l'occasione per un sistema poco avvezzo alla disciplina di darsi delle regole finanziariamente più serie: dopo la devastazione dei conti pubblici degli anni 80, dopo il conseguente dramma della svalutazione violenta del 1992, dopo avere corso il rischio di fare in quell'anno la fine che avrebbe fatto l'Argentina 10 anni più tardi, l'Italia non poteva permettersi di percorrere oltre la via del disordine, ed ha dovuto accettare le indicazioni di Paesi sicuramente più virtuosi.
L'alternativa era entrare a fare parte del Terzo Mondo economico e finanziario: tassi ed inflazione alle stelle, disoccupazione, instabilità. Siamo così sicuri di volere tutto questo?
Ha ragione chi dice «il problema non è l'Euro, ma l'Italia»: la moneta ci ha garantito la stabilità finanziaria, ma non ci ha dato l'immunità dalle colpe e dagli errori. Il sistema economico deve abbandonare l'abitudine di rifugiarsi sotto la calda coperta della svalutazione e della spesa pubblica, devono essere liberate le risorse oggi sprecate per alimentare i quasi-monopoli che numerosi ancora prosperano nel Paese, si devono liberalizzare il più possibile i servizi, le professioni ed il commercio, si deve favorire la ricerca e l'innovazione, non dare contributi a pioggia per produrre beni che nessuno compra.
Soprattutto, si deve avere il coraggio di prendere misure dure, urgenti, anche impopolari, ma sicuramente lontane da quegli slogan che sono tanto cari a coloro che, poco capaci di fare «politica economica», preferiscono fare un più semplice ed accattivate «populismo economico». La ricreazione è davvero finita. "

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 Marina Boccatonda    - 09-07-2005
Siamo o non siamo filoamericani? Questa è la riprova lampante, gli USA temono l'Euro,hanno paura che la Cina converta i dollari in euro, che il petroldollaro diventi eurodollaro, mettendo in crisi il loro già disastrato bilancio, con un deficit alle stelle, e noi li aiutiamo, cavalcando il populismo, per ingraziarceli sapendo già che è tutto improponibile, perchè chi comanda sono le Banche con il loro signoraggio monetario.