Saltuariamente l'attenzione della politica, degli Stati e del mondo economico si posa sul tema della povertà, in occasione della pubblicazione dei dati Onu, quando si riuniscono quelli che si fanno chiamare i
grandi 8 della terra o quando catastrofi gigantesche si abbattono sulle popolazioni del sud del mondo. Oppure quando il rock suona per il mondo, come nei giorni scorsi, ma quello che fa la musica è incomparabilmente meglio, nel suo piccolo, di quello che hanno fatto finora gli Stati ricchi.
Impegni solenni, grandi titoli sui giornali, molte menzogne e mezze verità, poi cala di nuovo il silenzio.
Nell'ultimo saggio di
Jeffrey Sachs, il consulente economico di Kofi Annan, si inventa addirittura una nuova categoria... quella della «
povertà estrema».
Sarebbero un miliardo i poveri tra i poveri, e il loro reddito giornaliero è di 0,77 centesimi di dollaro, mentre per stare tra i poveri «
normali» che sono un miliardo e mezzo, servirebbe almeno 1dollaro e otto centesimi al giorno. Sui sei miliardi di esseri umani che popolano il Pianeta c'è poi un miliardo di benestanti e in mezzo ci sono 2 miliardi e mezzo a reddito medio basso anche se in crescita, com'è il caso della Cina. Ma non era più semplice scrivere che un miliardo di persone hanno da sole circa l'80% delle risorse mondiali mentre i restanti 5 miliardi in vari modi muoiono di fame(due miliardi e mezzo) o vivono di stenti ( altri 2 miliardi e mezzo)?
Nei ponderosi studi delle Nazioni unite, intitolati da decenni... come battere la povertà, la fine della povertà, la lotta alla povertà, si continuano a citare come obiettivi possibili quei traguardi che i paesi ricchi mancano da 13 anni.
I paesi ricchi si erano impegnati, nel lontano 1993, a versare lo 0,7 % del loro prodotto interno lordo ai paesi poveri, a tutt'oggi la percentuale media è dello 0,2 % ( 0,1 per l'Italia ): queste cifre vergognose sono l'unica controprova esatta di quel che veramente facciamo per battere la povertà. Non facciamo quasi nulla!
E sarebbe bene aggiungere che ogni volta che si riunisce un vertice, come (...) in Scozia, sono sempre quelle vecchie cifre a girare sui tavoli, e ogni vertice si conclude spostando semplicemente in avanti il termine massimo per raggiungere l'obiettivo.
Detto in breve: se da 1993 al 2000 avessimo dato lo 0,7 per cento del nostro pil ai paesi poveri avremmo sconfitto la povertà, non avendolo dato fino ad ora e non avendo intenzione di darlo neppure fino al 2015 (sarà questa la nuova data decisa in scozia?) la povertà sarà ancora il problema più grande e il pericolo più serio per la terra sulla quale viviamo.
La proposta più seria, accolta da un silenzio assordante, l'ha avanzata nei giorni scorsi l'economista
J. Stiglitz: i paesi poveri conservando le loro foreste tropicali e pluviali hanno consentito, per oltre un secolo, che esse producessero ossigeno e assorbissero gli inquinanti prodotti dai paesi industrializzati... hanno fornito così un bene vitale e un servizio al mondo. Per questo servizio «
immateriale» ma essenziale questi paesi andrebbero pagati, non con la carità o l'assistenza, ma come si pagano servizi e materie prime indispensabili. Stiglitz sostiene che siamo noi ad essere in debito con i paesi poveri e non il contrario. Mi sembra un approccio interessante e nuovo, sul quale vale la pena di fermarsi a pensare.
Tra l'altro se non li pagheremo perché continuino a conservare le foreste essi saranno obbligati a tagliarle e a ricavarne quei «
pochi e maledetti soldi subito» che si ottengono con il commercio del legname. Privandosi di una risorsa enorme e privando il mondo di quella biodiversità essenziale alla vita futura sul Pianeta.
Sostenere lo sviluppo salvando il pianeta, questa è la sostanza della proposta che un cartello di paesi, dalla Papua Nuova Guinea al Costarica, stanno facendo a tutti i paesi ricchi. Proposta concretissima e già da ora quantificabile. Si tratta di un approccio che innova , in parte, anche la filosofia che sottende il Protocollo di Kyoto.
Io non dico che gli aiuti non servono, dico solo che sono troppo lenti e tardivi. Che valore ha impegnarsi a versare fondi tra dieci anni quando le condizioni di un continente come l'Africa sono già allo stremo da tanto tempo?
Così come non mi sognerei mai di dire che cancellare il debito è inutile, sapendo bene però che quel che ha sempre detto Nelson Mandela è sacrosanto: «
Dovete cancellare il debito prima di tutto per una ragione... perchè noi non saremo mai in grado di pagarlo!».
Non ci sono ricette magiche per battere la povertà: ma soltanto tante possibili scelte che vanno fatte in fretta e contemporaneamente: pagare per quel che vale ( e vale molto) il servizio al mondo che i paesi hanno reso conservando le foreste ,cancellare il debito, aumentare gli aiuti, consentire l'accesso facilitato ai farmaci per l'aids, cambiare le regole del commercio.
Ho letto che è in atto una serrata trattativa per convincere Bush a sottoscrivere non il protocollo di Kyoto... ma una frase che recita «il cambiamento del clima è una seria sfida... che ha il potenziale di interessare ogni parte del globo. C'è ora la prova concreta che sia in corso un significativo riscaldamento globale e che l'attività umana contribuisca a tale riscaldamento...». Se tutto quello che uscirà dal vertice dei G8 sarà una dilazione al 2015 degli aiuti all'Africa e la firma di questa banale frasetta sui cambiamenti del clima, bisogna avere il coraggio di dire che hanno ragione tutti coloro, e sono sempre di più, che affermano che si tratta di vertici inutili, tra persone ciniche e fuori dal mondo reale.
Solo una sede autorevole, veramente democratica e rappresentativa del governo mondiale, può riaccendere la luce sulle speranze di equità e giustizia che animano miliardi di esseri umani.
Fulvia Bandoli