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Appunti sparsi
Prologo. Una pagina di storia patria. Da " L'ombra del potere " di David Lane

" ( ... ) A molti italiani, che ritengono la famiglia e il perseguimento degli interessi personali molto più importanti della società nel suo complesso e del bene collettivo, non sembrò strano che il presidente del consiglio avesse occupato le frequenze televisive per quello che era poco più di un appello personale.
In realtà, nella sua scalata al potere economico e politico, Berlusconi è stato aiutato da una diffusa indifferenza nei confronti delle regole, della società civile e dello Stato, e da una democrazia debole, priva di quei controlli e contrappesi necessari per tenere a freno individui come lui e per assorbire i colpi e gli scossoni e le spinte estremistiche.
Forse tutto ciò deriva dal fatto che lo Stato italiano moderno, relativamente giovane, è stato sempre menomato dalla netta sensazione di non godere del consenso morale dell'opinione pubblica.
Molti fattori hanno congiurato contro la costruzione di una democrazia solida. L'assenza di una pubblica amministrazione robusta ed efficiente è stato un grandissimo handicap, e l'Italia, storicamente, è stata spesso spaccata in due: radicali contro conservatori; capitalismo contro socialismo; società industriale, contro società agraria; latifondisti contro lavoratori agricoli; clericalismo contro anticlericalismo. ( ... ) "

Lettera prima. " Caro Prodi, ecco l'Italia del malaffare " di Elio Veltri

" Caro Romano,
nel 1996, insieme, alla vigilia delle elezioni, avevamo presentato alla stampa, nella sede dell'Ulivo di Largo Brazzà, un documento riguardante le condizioni di legalità del Paese. In particolare, venivano presi in considerazione i rapporti tra legalità, istituzioni, politica, mercati finanziari ed economia.
In quel documento era scritto: «Sappiamo che legalità e trasparenza dovrebbero essere solo un mezzo dell'azione politica e di governo, il cui fine è la soluzione dei problemi. Ma se l'illegalità è così diffusa da impedire il buon governo e la corretta amministrazione, se la trasparenza è tanto evanescente da cancellare la certezza del diritto, allora legalità e trasparenza diventano obiettivi primari dell'azione di governo e cardini di un vero e proprio progetto civile per l'intera società».
Quelle proposte, negli anni, si sono incrociate con alcuni dei problemi più acuti del Paese. Basti ricordare l'aumento dei costi della politica, il numero di indagati che popolano le istituzioni della Repubblica, i crac Parmalat, Cirio e altri, l'esigua percentuale di investimenti esteri nel nostro Paese a cominciare dal Mezzogiorno, il controllo di interi comparti dell'economia da parte delle organizzazioni criminali. La situazione da allora è nettamente peggiorata.
E ne sono testimonianza alcuni dati ( ... ):
- lavoro nero e sommerso: 27% del Pil pari a 400 miliardi di euro anno (stima Ocse, 2003);
- evasione fiscale: 200 miliardi di euro (Le Monde - Revue de droit fiscal);
- esportazione illecita di capitali: 360 miliardi di euro (Eric Pichet e Christian Bergères, Revue de droit fiscal);
- fatturato annuo delle mafie: 85 miliardi di euro (Dia e Economy, Mondadori);
- graduatoria delle regioni per il pizzo: Sicilia, Campania, Lombardia (rapporto Pisanu al governo, agosto 2004);
- patrimoni delle mafie: 1000 miliardi di euro (Confcommercio, Economy);
- affiliati alle mafie: 1,8 milioni di persone (Dia e Commissione Antimafia).
Le cifre si commentano da sole e nessuno meglio di te ne conosce le implicazioni e le conseguenze, di cui le più gravi sono: limitazione dell'esercizio della democrazia e sottrazione al Paese di una quota non trascurabile di ricchezza prodotta.
In queste condizioni, a mio parere, diventa molto difficile per chiunque governare, senza fare della legalità e della trasparenza una vera e propria «missione nazionale», come è stato per l'euro.
Pertanto, io penso che, innovando rispetto al passato e alle consuetudini del Paese, noi dovremmo essere in grado di presentare un programma composto di una triade: «progetto-regole-comportamenti», come un unicum coerente e inscindibile.
( ... ) Una strategia nella quale regole e comportamenti contano quanto il progetto, anzi ne garantiscono la credibilità, diventa una sorta di New Deal della legalità, inteso come missione e sostenuto da un progetto concreto, da affidare alla responsabilità di un ministro alla legalità e alla trasparenza o comunque a un delegato del presidente del Consiglio, con il compito di attuare il progetto e di metterne i risultati a disposizione del governo e del Parlamento.
Il ministro alla legalità e alla trasparenza diventa per forza di cose interlocutore della scuola che già si occupa di educazione alla legalità, delle organizzazioni economiche, sindacali, del volontariato e della società civile.
Per conseguire gli scopi del progetto sarà necessario rendere trasparenti alcuni comparti che restano nebulosi e sui quali l'attenzione della pubblica opinione è vigile. Mi riferisco ai costi diretti e indiretti della politica che nessuno conosce e all'applicazione delle leggi che regolano le spese delle campagne elettorali; al censimento dei dipendenti pubblici indagati e condannati che in genere restano ai loro posti di lavoro; alla impenetrabilità della giungla legislativa, alla mappa dei paradisi fiscali nei quali operano società del nostro Paese; all'esame delle aree del lavoro sommerso; al censimento dei patrimoni mafiosi.
E cioè ai problemi che vanno risolti per garantire moralità alla politica, trasparenza ed efficienza all'amministrazione, recupero di risorse ingenti da mettere a disposizione del Paese. Perché propongo un ministro ad hoc o un incaricato del presidente del Consiglio? Per la semplice ragione che i ministri sono troppo occupati a risolvere i problemi che riguardano i loro incarichi e solo un ministro senza portafogli, che non ha compiti di gestione, può assolvere la missione egregiamente. Purché conosca i problemi, sia convinto che l'illegalità diffusa è insostenibile da qualsiasi democrazia e sia ancora più convinto che se ne può venire fuori con le riforme, senza scomodare ogni volta la magistratura, la quale, in ogni caso, non può e non deve sostituire la politica. "

Lettera seconda. " Caro Veltri, costruiamo un Paese legale " di Romano Prodi

" Caro Veltri,
il tema che, con coerenza e passione, tu oggi riproponi, quello dell'etica e della moralità, è un tema che sta, purtroppo, tornando di bruciante attualità.
Ci sono i grandi casi della finanza, nei quali determinazione alla rapina, complicità negli interessi e carenze di controlli hanno causato danni enormi ai risparmiatori, alla credibilità del sistema creditizio e alla stessa solidità dell'economia nazionale.
Ma ci sono, meno sensazionali, più diffusi, meno conosciuti ma altrettanto pericolosi, gli infiniti casi di mancanza di trasparenza, di scorrettezze, di corruzione.
E al fondo, c'è, prepotente, la diffusione, anzi, il ritorno, di una disponibilità all'illecito, di una tolleranza alla trasgressione, al conflitto degli interessi, all'evasione dal fisco e dai doveri.
Un obiettivo di civiltà e di democrazia sostanziale è costruire un paese legale, perché per essere democratica non basta che una società si dia le regole attraverso meccanismi democratici, ma è necessario che quelle regole siano rispettate.
Perché siano rispettate diffusamente è necessario che siano largamente condivise, che siano credibili, che siano serie e che siano in senso lato «rispettabili».
Le leggi di condono per esempio non sono a mio parere rispettabili, ma neanche quelle poco chiare, ambigue, ad personam o per gruppi ristretti di persone.
Non lo sono neanche quelle vessatorie, anche amministrativamente vessatorie, ovvero che caricano il cittadino di oneri non necessari o che presuppongono la malafede del cittadino che deve poi faticosamente dimostrare di non averla.
Apprezzerei un impegno del centrosinistra a fare leggi chiare, serie, rispettabili, il cui testo si ponga l'obiettivo dell'applicabilità.
Apprezzerei un impegno chiaro alla costruzione di una legalità «sostenibile» (è controproducente creare regole che è difficile o impossibile applicare, o che per la loro assolutezza comportano i semi della loro violazione: il divieto assoluto di costruire comporta l'abuso edilizio, per fare solo un esempio), che valga per tutti, nella garanzia del massimo ampliamento degli spazi di libertà personale, civile, economica.
Per avere queste caratteristiche le scelte e gli indirizzi che vengono regolati attraverso le leggi devono avere basi solide, non emotive, non populiste. Non devono delegittimare con richieste amministrative eccessive la credibilità delle istituzioni e delle amministrazioni, né, nel caso che indichino parametri, che questi parametri non siano giustificati da saperi tecnici o scientifici consolidati.
Mi piacerebbe un impegno serio, quasi scientifico, a perseguire la qualità delle leggi: in cinque o dieci anni di ostinata attenzione alla qualità delle leggi l'Italia può diventare un paese sostanzialmente migliore e può migliorare moltissimo il rapporto tra i cittadini e le istituzioni.
I dati che tu ricordi sono la prova del costo che l'illegalità fa ricadere sulla nostra economia e sulla nostra capacità di creare sviluppo. L'illegalità e la mancanza di regole feriscono a morte l'economia sana, impediscono lo sviluppo delle regioni più povere, scoraggiano gli investimenti.
Non so dirti, ora, se le dettagliate proposte che tu avanzi, e tra tutte quella di attribuire una specifica responsabilità a un ministro ad hoc o a un incaricato del presidente del Consiglio all'interno del governo al contrasto delle pratiche illecite, potranno rientrare in un programma di governo.
La stagione di ampia discussione e di ascolto che abbiamo aperto per giungere alla elaborazione di un programma di governo che sia a un tempo largamente condiviso e rispondente alle attese dei cittadini italiani, darà risposta anche alla tua domanda.
Quel che è certo, e su questo sono dalla tua parte, è che l'etica e la morale devono tornare a essere categorie centrali del nostro vivere in società. Dell'economia così come della politica. "


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