breve di cronaca
Arte d'arrangiarsi: onore alle maestre
Metro news - 15-06-2005
Travagliato, contestato, in formato sperimentale e perciò «movimentato» sul piano della didattica e della sua organizzazione quotidiana, un altro anno scolastico se n'è volato. Venerdì scorso ha suonato l'ultima campanella e gli studenti (quelli senza esami) si son gettati libri e zaino alle spalle. Un bilancio complessivo, anche alla luce della Riforma Moratti, è difficile trarlo. Se ne parlerà di sicuro a esami di maturità conclusi, nell'usuale dibattito. Ma una cosa è certa: il sistema scolastico italiano regge alla prova continua degli scossoni grazie al suo personale insegnante, al corpo docente, che spesso si trova nella condizione di dover supplire, bene o male, gravi carenze legislative e ministeriali, solo in forza d'una caparbia passione educativa individuale, supportata da energie volontarie quanto volontaristiche.

Pertanto, nel quadro di un sistema educativo italiano che non trova pace e indirizzi certi, che di recente ha buttato alle ortiche un passato di tutto rispetto nelle sue linee fondamentali per intraprendere incerte vie nuove improntate al mito di una modernità non del tutto comprovata nella sua efficacia formativa, un elogio particolare va reso alle maestre elementari. Al corpo docente della scuola di base, quella che segna l'avvio alla formazione dei bambini, dà loro l'impronta, li struttura aiutandoli alla formazione del carattere, non solo culturale, inserendoli nella collettività, instillando coscienza, responsabilità. Nell'ultima settimana tutte le classi si sono impegnate nei saggi dimostrativi in una ampia gamma di performance: recite, teatrini, mostre di lavori eseguiti fuori e dentro l'aula durante tutto l'anno, mercatini, concerti, in un tripudio di fantasia e creatività che dà gioia soprattutto ai bambini e li aiuta a costruire la propria esistenza. Non è un lavoro per nulla facile, quello delle maestre (al femminile, perché sono preponderanti rispetto ai maschi; era così già nel 1911: 45.000 contro 20.000), tra grandi e piccoli problemi quotidiani: dalla classica mancanza della fotocopiatrice alla scarsità delle risme di carta o dei gessetti e dei computer, per non parlare degli stanziamenti in generale, fino alla complessità del confronto con i piccoli e al loro sostegno.

La loro è ormai «arte d'arrangiarsi». Fatta di passione non retribuita e di caparbia lotta per la sopravvivenza culturale, che si misura anche nei gesti trasgressivi di quante si sono rifiutate di seguire i ristretti e miopi programmi o testi ministeriali, per offrire quel di più in una ideale continuità didattica e formativa che politiche di mal riuscite quanto scellerate Riforme hanno via via negli anni compromesso. Lo scriveva, un mese fa sul «Corriere della Sera», anche il professor Ernesto Galli della Loggia,: «C'è qualcosa di tristemente impotente nella condizione italiana di oggi (...), è la condizione di un Paese che ha lasciato andare in malora la scuola elementare e il liceo, che erano il fiore all'occhiello del suo sistema di istruzione». Già. Se qualcosa sopravvive ancora di quel «sistema», lo si deve all'impegno non riconosciuto delle nostre maestre, di molti insegnanti e rari direttori didattici.

ALBERTO FERRIGOLO, giornalista (Metro)

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