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Sempre più armi italiane nel mondo
Liberazione - 29-04-2005
La campagna "Control Arms": un milione di firme per fermare il business di morte

Vendita delle armi a gonfie vele per l'Italia che conquista il primo posto tra gli esportatori in Europa e il secondo a livello mondiale. Un record "di cui andare poco fieri" se si considera che tra i Paesi acquirenti molti sono quelli condannati a livello internazionale per la violazione dei diritti umani.
"Control arms" è la campagna lanciata dalla Rete Disarmo di cui fanno parte Acli, Amnesty International, Rete Lilliput, Gruppo Abele, Arci e altre realtà pacifiste, lanciata anche in Italia per chiedere l'istituzione di un trattato mondiale sul commercio delle armi. Lo strumento scelto è quello della pressione pubblica: ovvero la raccolta di un milione di firme entro il giugno del 2006 per dire no al commercio incontrollato di armi. Per raggiungere quest'obiettivo politico la Rete Disarmo ha chiamato in causa parlamentari e forze politiche per ampliare al massimo la pressione sul governo e ottenere informazioni e dettagli su chi compra armi italiane e in base a quali accordi commerciali.

L'Italia - secondo la relazione sull'export stilata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - e presentata ieri durante l'incontro con i deputati - nel 2004 ha incrementato del 16% la vendita d'armi. Un dato che in forma assoluta può far sorridere gli esperti di macroeconomia ma che invece preoccupa conosce quali i rischi e i crimini che si nascondono dietro ad un boom così grande.

«L'impennata della vendita delle armi italiane - ha spiegato Massimo Paolicelli, dell'Associazione obiettori nonviolenti - non ci stupisce, ma al contrario c'indigna perché è il frutto della politica messa in atto in questi anni dal Governo che in tutti i modi ha tentato di allargare le maglie della legge 185 del 1990. Una legge che impone regole molto restrittive sul commercio di strumenti di morte. Il risultato - ha aggiunto - sono stati gli accordi bilaterali con Paesi come l'India, il Kuwait, l'Algeria e Israele. Accordi che hanno portato alla promozione di un made in Italy per committenti senza troppi peli sullo stomaco».

«Il problema - ha focalizzato Padre Alex Zanotelli dei Padri Comboniani - sono gli accordi commerciali fatti singolarmente dall'Italia che negli ultimi anni sono stati almeno 20 e in molti hanno rappresentato facili scappatoie ai divieti di vendita d'armi, ma è anche il segreto militare. Poi - ha aggiunto - bisogna fare pressione sulle banche, perché il loro ruolo come finanziatrici e investitrici nel commercio d'armi è fondamentale. BancaIntesa - ed è solo un esempio in positivo - dopo la campagna "Banche armate" ha dichiarato il suo disimpegno dal settore e ritirato una buona parte dei suoi investimenti dall'Oleodotto di Ceyham in Turchia, considerata opera distruttiva e pericolosa». Resta pero fortissimo l'impegno d'altri istituti di credito come il San Paolo e la Banca di Roma che hanno quasi raddoppiato il volume d'autorizzazioni per la compravendita d'armi
Tra i destinatari delle armi italiane al primo posto figura il Regno Unito che acquista per un 15% seguito dalla Norvegia con il 13,3%, dalla Polonia (8,9%) Portogallo (8.5%) Usa (6,5 %) e Grecia (5,7%)
Ma tra le 690 nuove autorizzazione concesse dall'Italia c'è anche la Malesia, che nel 2004 ha speso 74 milioni d'euro in armi italiane, seguita dalla Turchia, dall' India e dal Perù.

«Le armi fanno male anche quando non sparano perché catalizzano risorse e sforzi economici che andrebbero indirizzati in altri campi - ha detto Riccardo Troisi della Rete Lilliput - per questo il mondo della pace e del volontariato non può stare a guardare, pena l'inutilità di qualsiasi forma di intervento di giustizia sociale e cooperazione».

Sono stati molti i deputati e i senatori del centro sinistra che hanno accolto l'invito della Rete Disarmo e si sono impegnati per la costruzione di una mozione unitaria contro il traffico d'armi. Tra loro, quelli di Rifondazione Comunista - Ramon Mantovani, Tiziana Valpiana ed Elettra Deiana - che oltre ad impegnarsi a livello parlamentare hanno prestato anche la loro immagine per una foto petizione che supporterà la "Campagna controlarms".

Maria d'Amico

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