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La gestione dei conflitti e la pedagogia della pace
Laura Tussi - 24-04-2005
L'educazione alla pace all'interno delle dinamiche sociocomunitarie per prevenire i conflitti a livello internazionale.

Nella psicologia dello sviluppo si indagano l'origine e l'evoluzione di comportamenti quali l'aggressività, la competitività, la prevaricazione, la violenza e gli atteggiamenti opposti a questi ultimi, quali la solidarietà, la cooperazione e l'altruismo. La didattica recentemente si sta occupando anche di educazione alla pace, di gestione del conflitto e diseducazione alla guerra. Nella nostra cultura è profondamente radicato il convincimento secondo cui le guerre internazionali, i conflitti di predominio etnico ed economico, siano avvenimenti addirittura necessari ed inevitabili come, in parallelo, le contese e le diatribe tra gruppi e tra singoli. Gli studi sociologici e psicologici più recenti indagano i comportamenti significativi relativi al tema della conflittualità, dimostrando che sussiste continuità tra comportamenti macrosociali e microsociali. Questo dimostra che è impossibile educare alla pace e alla gestione dei conflitti esclusivamente predicando la pace o proponendo un'ideale nonviolento e pacifista rispetto alle relazioni belliche internazionali, ma occorre intervenire nei comportamenti e nei rapporti sociocomunitari che anche il ragazzo vive e sperimenta nel suo quotidiano. Se non si considerano il conflitto interpersonale, la guerra tra civiltà, la belligeranza tra potenze nazionali, quali fenomeni connaturati con l'esperienza umana sussistono anche convinzioni circa il ruolo dell'utilità di un'azione a favore della pace, per impegnarsi in senso non violento. Ma l'educazione alla pace, innanzitutto, transita attraverso la formazione di una personalità, di un'organizzazione psichico-cognitiva in evoluzione nella quale hanno la preminenza gli atteggiamenti positivi, di negoziazione, di cooperazione, rispetto all'antagonismo e alla prevaricazione. Gli atteggiamenti di conflitto e prevaricazione interindividuale si costruiscono in primo luogo nel microcosmo o microsistema nell'ambito della quotidianità del bambino e solo in seguito vengono proiettati, trasferiti e riversati nell'ambito delle relazioni tra i popoli. L'atteggiamento pacifico non si può esercitare a livello di istituzioni pubbliche, di relazioni internazionali, a livello mondiale se non ci si abitua a praticare nelle relazioni private e nei rapporti interpersonali comportamenti pacifici che trasmettano ideali di cooperazione, di altruismo, di solidarietà, di collaborazione.

La concezione di aggressività

Sussiste una concezione dell'idea di aggressività come potenzialità di adattamento, di creatività, di emancipazione ed evoluzione e non come istintualità di morte, di annientamento e distruzione. L'aggressività adattiva svolge fondamentalmente alcune funzionalità strumentali di tipologia complementare. Da una parte l'aggressività svolge il compito di una forza attiva per il proprio sviluppo e l'affermazione di sé, dall'altra è uno strumento per tutelare la propria identità. Dunque l'aggressività si delinea come una potenzialità positiva, necessaria al fine di consentire una modalità di superamento della dipendenza infantile, al fine di favorire l'affermazione della propria identità contro gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del sé, per tutelare la propria stabilità fisica e psichica. L'aggressività è uno strumento di difesa per tutelare la propria identità, per stabilizzare l'assetto della propria personalità da incursioni ed attacchi esterni, da critiche e censure interrelazionali. L'atteggiamento aggressivo si delinea come potenzialità positiva e si configura come strumento necessario alla stabilizzazione del sé, indispensabile al fine di consentire il superamento dello stato di attaccamento e di dipendenza dalle figure dell'infanzia, con lo scopo di permettere l'affermazione della propria identità contro gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione del sé. Riconoscere l'aggressività come istanza che presenta potenzialità positive non significa legittimare la distruttività e la violenza, perché aggressività e distruttività non si identificano. La distruttività costituisce una degenerazione dell'aggressività ingenerata dalle specifiche e caratteriali varianti biopsicosociali che determinano l'organizzazione psichica, cognitiva, affettiva, relazionale, apprenditiva e socializzante dell'individuo. Attualmente cercare di ridurre l'apporto distruttivo e degenerativo dell'aggressività, quindi distogliere l'uomo dall'autodistruzione della conflittualità, anche a livello mondiale che non prevede una fine, né un fine, né un ritorno alla pace, tutto questo non comporterebbe né l'annullamento, né la repressione dell'aggressività, intesa nel significato di espressione positiva per l'affermazione e la difesa di sé. Le più gravi forme di aggressività esplodono nella società, nella famiglia, nella scuola che soffocano l'esigenza dell'affermazione della persona umana. Solo la famiglia, la scuola e la società che consentono il maggior spazio di affermazione personale possono agire in modo pacifico. La psicologia sociale e la psicanalisi sono accomunate da un grande consenso circa la necessità di abolire stili educativi repressivi, in quanto forieri di violenze. La realizzazione di sé si incontra con la presenza e l'esigenza di interagire con l'alterità, di relazionare con gli altri da noi. In questo contesto relazionale si pone il problema di come permettere l'espansione identitaria di ogni soggetto, senza prevaricazione e sopruso. In termini psicologici occorre individuare i meccanismi che possono facilitare e agevolare condizioni di rispetto per la soggettività dell'altro e per il controllo della propria aggressività. L'uomo è l'animale sociale e come è in grado di essere aggressivo e distruttivo è anche capace di collaborazione, altruismo e cooperazione. Dunque è necessario individuare le situazioni che agevolano nel bambino l'emergere di stabili comportamenti collaborativi e cooperativi.

La relazione socio-affettiva come stimolo ad una pedagogia alternativa alla cultura dominante.

La tematica del rapporto e della relazione influenza in modo specifico l'approccio pedagogico ed educativo perché conduce ad interventi didattici e disciplinari, ma soprattutto relazionali e comportamentali che conducano alla maturazione di concezioni e di modi di essere, di fare e di pensare alternativi a determinati stili tradizionali imposti dalla cultura dominante. Infatti l'educazione alla Pace si basa su modelli e modalità relazionali basati sulla fiducia e non sul potere, sul dialogo, sul confronto e l'interscambio di opinioni, aprendo un percorso innovativo a livello di rapporti, di metodi e di contenuti, valorizzando un'impostazione complessiva di codeste tematiche all'interno dei curricoli e dei processi formativi. La psicologia dell'età evolutiva presenta inevitabilmente riflessioni riguardanti i rapporti affettivi e relazionali che ci caratterizzano dalla prima infanzia, basati su dinamiche relazionali e comportamentali come la capacità di comunicare, la conoscenza di sé e degli altri, la capacità di cooperare, la fiducia in sé e negli altri e la propensione alla risoluzione delle dinamiche conflittuali.

L'importanza delle componenti sociali, affettive ed emotive nei processi di crescita.

Secondo un'analisi pedagogica occorre tenere presente l'importanza delle componenti socio-affettive nei processi evolutivi di crescita e di apprendimento. La natura esperienziale dell'apprendimento è implicita in ogni intervento educativo che si avvale della sfera emotiva, affettiva ed interiore senza cui l'apprendimento e la conoscenza si atrofizzano diventando esclusivamente funzioni cognitive. La capacità apprenditiva viene stimolata e potenziata attraverso attività ludiche, pratiche, occasioni di incontro relazionale, l'esercizio delle varie facoltà espressive che non devono essere considerate come ambiti voluttuari e di svago evasivo compensativo, ma costituiscono la componente nodale dei processi di evoluzione cognitiva in diversi stadi dell'esistenza. Le attività finalizzate all'educazione alla pace vogliono promuovere gli obiettivi sociali, relazionali ed affettivi in coincidenza con l'azione formativa anche di carattere culturale. Gli aspetti socio-affettivi comportano precise interferenze nei processi d'apprendimento e di cognizione, infatti un ragazzo scarsamente inserito nel contesto umano e relazionale del gruppo classe sarà coinvolto e si impegnerà con minore attenzione e partecipazione rispetto agli altri.

La metodologia didattica della Pace

L'educazione alla Pace prevede obiettivi in successione logica, ossia prima della capacità di comunicare è necessario incrementare la fiducia reciproca e la conoscenza interpersonale. E' molto importante il clima in cui si realizzano gli interventi operativi di educazione alla Pace, dunque proporre a livello metodologico e didattico la scrittura collettiva, i brainstorming, i circoli di condivisione, il dialogo controllato, incentivando la conoscenza di sé e degli altri, la capacità di risolvere i conflitti, acquistando il senso di un'opportunità offerta a coloro che vogliono fare dell'educazione un'attività promozionale e non di esclusivo contenimento e che credono che anche l'insegnante e l'educatore, in generale, abbia molto da imparare con gli allievi e con quanti interagiscono nel setting educativo. Risulta molto importante il clima emotivo e relazionale entro cui si realizzano interventi operativi miranti alla didattica della Pace. In un clima di scarsa fiducia e di poca collaborazione reciproca non avrebbe senso proporre un gioco che miri a realizzare un contesto di cooperazione. Tali proposte, se integrate all'interno della comune attività didattica, acquistano una forza tutta particolare. Si tratta di costruire le sequenze, gli itinerari didattici utilizzando tali tecniche, come, per esempio, preparare una lezione collettiva, stendere un regolamento di classe, intervenire collettivamente nella programmazione scolastica, affrontare problemi d'attualità, impostare una ricerca interdisciplinare. Impostare un programma di educazione alla Pace comporta l'analisi delle condizioni che permettono un'impostazione non lesiva dell'aggressività e la verifica di esperienze e situazioni di potenziamento delle capacità di cooperazione e collaborazione.

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