breve di cronaca
Per una scuola che libera
Azione cattolica - 01-04-2005
Riceviamo e pubblichiamo


Perché gli studenti di AC si ritrovano a Scampia
di Simone Esposito

Saliamo a Scampia dalla stazione centrale, autobus R5. La linea è lunga, spacca Napoli nel cuore e sale in alto verso Secondigliano, periferia nord della metropoli, verso quella infinita selva di strade e case una attaccata all’altra che rende Napoli e Caserta, due distinte città di due distinte province, un unico, mastodontico agglomerato di cemento.
Accanto a noi una mamma sui trenta e due bambini vivaci e spettinati con le cartelle in spalla. Parlano fitto fitto, in dialetto. Il piccoletto non è andato a scuola, ancora una volta, e la mamma lo ha saputo. Stupiezzedisgraziate, ciannamandaeccarabbiniereacasa, ci devono mandare a casa i carabinieri? chiede nervosa la signora. Echisenefotte, e chi se ne frega, fa il ragazzino.
Ragazzi allampanati e con le ossa sporgenti e gli occhi spiritati salgono a ogni fermata. Dov’è l’ITIS Ferraris? Scendete qui. Ma la fermata è sbagliata: questa è la succursale e noi dobbiamo andare alla sede centrale, iatennanze, andate avanti.
Passeggiata di un chilometro su viale Labriola. E mentre cerchiamo con gli occhi la scuola che dobbiamo visitare, la coda dell’occhio si fa tirare tutta alla nostra destra, e resta imprigionata dalla disgustosa imponenza di uno scempio edilizio che pare davvero inconcepibile, se non fosse che ce l’abbiamo proprio lì davanti. Le Vele sono casermoni di una quindicina di piani, più lunghi quelli alla base e mano mano più corti verso la cima, a disegnare una vela di cemento e squallore che davvero è difficile da descrivere. E verso le trame fitte che collegano quei piani, passaggi a cielo aperto tra una Vela e l’altra, si dirige silenziosa e devota la processione dei ragazzi dagli occhi spiritati che scendono dalla linea R5 e vanno a far la spesa nel più rinomato spaccio di droga di tutta Napoli. R5, la linea dei tossici. Ce lo spiegherà poi don Vittorio, il parroco della chiesa della Resurrezione, in piazza della Libertà. Libertà di ammazzare, precisa l’amico prete: non c’è piazza o corso o vicolo italiano in grado di competere con questo slargo in quanto a numero di agguati andati a segno.

Uno si chiede dove sia lo Stato. Eccolo. Si chiama Istituto Tecnico Industriale “Galileo Ferraris”. E in un quartiere di 80mila abitanti ne è praticamente l’unico segno. E quando finalmente ci arriviamo, conosciamo una realtà di 2100 studenti, 300 insegnanti, 60 progetti inseriti nel piano dell’offerta formativa, l’istituto italiano con il maggior numero di iniziative realizzate con il sostegno dell’Unione Europea. Palazzetto dello sport, piscina, laboratori, c’è tutto.
In questo viaggio nel cuore del campo di battaglia della camorra più feroce degli ultimi anni c’è una delle scuole migliori d’Italia. Come cinquant’anni fa nella desolazione del Mugello e dei suoi montanari umiliati c’era, a Barbiana, la scuola rivoluzionaria di don Lorenzo Milani.

E pensare che poche settimane prima di questo viaggio hanno scoperto (ma molti lo sapevano già) che a scuola piove sul bagnato, e la fortuna aiuta quelli già fortunati. Hanno scoperto (ma anche questo molti lo sapevano già) che i figli della stragrande maggioranza delle persone senza titolo di studio o con titolo basso vanno tutti negli istituti professionali e si fermano lì, mentre i figli dei laureati vanno prima al liceo e poi all’università. Hanno scoperto (e a questo punto non ci si stupisce più di nulla) che più è basso il titolo di studio dei tuoi genitori, meno possibilità hai di prendere un voto alto all’esame di stato. Hanno scoperto cioè che la scuola italiana ancora non riesce a rispettare quell’articolo 3 della Costituzione (splendido!) che così recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Eccoli, gli “ostacoli” che la scuola non riesce a rimuovere, in questo Paese dove il successo scolastico dei figli è legato a filo doppio alla condizione socio-economica e culturale dei genitori, come una vera e propria tara genetica.
L’inchiesta l’ha pubblicata il CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Il 50% dei figli di persone senza titolo di studio è iscritto al professionale, solo il 7 a un liceo, dove va il 63% dei figli di gente laureata, mentre solo l’11% è iscritto a un professionale. All’esame di stato, ben il 30% dei ragazzi con genitori laureati riesce a diplomarsi con il voto più alto, il fatidico 100, mentre solo poco più del 2% degli studenti con genitori senza titolo di studi ottiene il risultato migliore. Naturalmente, parti invertite per il 60, il voto più basso per passare l’esame: lo prende quasi uno studente su due tra i figli di chi non ha studiato, mentre per i primi la percentuale si dimezza.

Quarant’anni fa il gruppetto degli studenti di don Milani dimostrò scientificamente la stessa cosa: che il mestiere dei genitori influiva pesantemente sui voti dei figli. Lo denunciarono in un libro epocale: Lettera a una professoressa. Quella professoressa citata nella “Lettera” rispose: “Se devo dare un 4 do 4, non importa chi ho davanti”. La replica degli studenti: “Non c’è nulla di più ingiusto di fare le parti uguali fra diseguali”.

Al “Ferraris”, il 1 aprile, apriremo il XII Congresso nazionale del MSAC. È la prima volta in trentacinque anni che gli studenti dell’AC si incontrano, per il loro appuntamento più importante, fuori dalle case romane dell’Azione Cattolica.
Nel paradosso di una scuola d’eccellenza piantata in mezzo al regno della camorra ci incontreremo per ricordarci qual è il vero mestiere della scuola, così come lo aveva definito don Milani: insegnare l’uso della parola, liberare le coscienze, dare dignità agli uomini, fare le parti disuguali per rendere tutti uguali. Cose che rendono l’impegno tra gli studenti un vero e proprio fatto di Vangelo, senza bisogno di crocifissi alle pareti e di distinzioni confessionali.
Da Scampia vogliamo dire che, prima ancora che pretendere una scuola a norma di tutte le leggi sulla sicurezza negli edifici pubblici, vogliamo una scuola a norma dell’articolo 3 della Costituzione.
Ci pare anche questo un fatto di Vangelo.
Ci pare anche questa “scelta missionaria”. È un modo, il nostro, di essere Azione Cattolica, oggi.

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