Nelle aziende sì che si impara!
Pierangelo - 12-03-2005
Forse non ci siamo soffermati a sufficienza su quella bomba ad orologeria che è la cosiddetta alternanza scuola lavoro.
In troppi collegi docenti le mani si sono alzate automaticamente ad approvare sperimentazioni ed anticipazioni. Un po' più passa il tempo e più mi convinco che se si va in collegio docenti sonnecchiando e non vedendo l'ora che finisca la tortura cinese è molto facile votare a favore della dichiarazione della guerra termonucleare totale contro San Marino senza neanche rendersene conto. Un po' dobbiamo ammettere che ci sono, in mezzo a noi insegnanti, numerosi personaggi senza scrupoli che fiutano l'odore dei soldi meglio di un cane da tartufo e per loro penunia non olet; quelle lobby sanno bene come orientare un collegio di bradipi sbadiglianti e ci riescono quasi sempre. C'è anche un'ulteriore motivazione che consiste nella constatazione che le parolone fanno molto fico ed opporsi (o anche solo volerci vedere più chiaro) ad una cosa che suona bene come "alternanza scuola lavoro" (senti mentre lo pronunci come ti riempi la bocca) automaticamente ti fa sentire socio onorario del club degli sfigati, quelli che contrastano "il nuovo che avanza" solo per pigrizia mentale o perché sono strenui difensore del loro orticello. Insomma, in un ambiente dominato da una casta di conformisti adulatori arraffoni traffichini, gli yes-men sono capaci di farti sentire tremendamente conservatore, al punto che alla fine, anche se non ci hai capito un gran che, tu cedi e dici: "facciamoli provare, può darsi pure che ne vengano delle buone cose, non diamo l'impressione di essere contro aprioristicamente, anzi vediamo come riusciamo a gestire la faccenda, sicuramente con una buona prassi riusciremo a piegare a fin di bene anche l'alternanza scuola lavoro, il portfolio delle competenze, il tutor ed altre astruserie, bisogna cambiare tutto perché tutto rimanga come sta".

Non lo dico neppure per inciso che negli istituti tecnici per l'insegnamento della "pratica" delle "materie di indirizzo" è previsto un insegnante apposta, che si chiama insegnante tecnico pratico. Se, putacaso, anche loro alzano la manina nel famoso collegio di bradipi e poi la pratica la si insegna nelle aziende (ammesso e non concesso che di insegnamento si tratti), i padroni della manina alzata fanno come quel Tafazzi che percuoteva i suoi propri gioielli di famiglia con la bottiglia dell'acqua minerale da un litro e mezzo. Perché delle due l'una: o si impara a scuola nei laboratori o si impara in fabbrica. Se si impara in fabbrica allora logica vuole che chiudiamo i laboratori e mandiamo gli itp a vendere i fazzolettini ai semafori. Visto che non l'ho detto neppure per inciso?

Ora, che la scuola debba essere in osmosi con l'ambiente produttivo che la circonda, e più in generale con la società, è non solo giusto ma anche auspicabile. Nessuno desidera una scuola arroccata sulla sua turris eburnea e siamo oltremodo convinti che bisogna offrire agli studenti tutte le opportunità possibili ed immaginabili per aprirli al mondo reale, munendoli però anche di un bagaglio critico che consenta loro di interpretare i fenomeni. Quindi ben vengano lezioni per strada, manifestazioni in cui si incontra la gente vera, il padre di Andrea che fa il meccanico e ci viene a raccontare quello che gli hanno insegnato ai corsi dell'Alfa Romeo, la mamma di Romina che è commercialista e ci gestisce un'unità didattica sull'uso del software di gestione dello studio professionale, lo stage di 15 giorni all'INPDAP o alla sala ricevimenti o all'associazione che si occupa dei disabili o al museo del tardo paleozoico recentemente ultrainformatizzato. Questo si chiama "arricchimento dell'offerta formativa", lo decide un consiglio di classe dopo aver visto in faccia i ragazzi che ha davanti ed è ben programmato negli obiettivi nei tempi nei metodi e soprattutto ne è previsto un monitoraggio in itinere ed al termine dell'iniziativa, per valutarne le effettive ricadute benefiche in termini di istruzione e di educazione dei ragazzi e per poter correggere il tiro.

Tutto questo c'era già. Tutto questo va bene.

Altra cosa è dire che certe cose non devono essere fatte a scuola ma vengono meglio solo se "esternalizzate". Nella mia storia lavorativa ho fatto una significativa esperienza aziendale alla quale devo molto. L'aria dell'azienda ha tanti aspetti benefici: fa maturare, insegna a sapersi relazionare con gli altri (superiori, pari e subordinati a te), spesso - se hai la fortuna di riuscire a capire in quale contesto si inserisce il prodotto del tuo lavoro, cioé se l'organizzazione del lavoro non è fordista e parcellizzata - ti senti motivato cioé ti senti "produttivo" e comprendi anche il significato dell'art. 1 della Costituzione, quell'altrimenti misterioso "l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro".
È vero anche però che non dobbiamo idealizzare il mondo aziendale, ritenendo che lì è concentrata la quintessenza della modernità e dell'efficienza. Troppo spesso abbiamo ascoltato quegli strani manichei che dividono il mondo in pubblico (inefficiente, corrotto, burocratico, obsoleto, parassitario) e privato (trovate voi gli aggettivi più fantasmagorici). Se così fosse nessuna azienda andrebbe in crisi, nessuna azienda sarebbe costretta a subire profonde ristrutturazioni, nessun manager verrebbe messo alla porta dopo aver truccato sui centri di costo per manipolare i calcoli che determinano gli incentivi che sono legati al raggiungimento o meno dei budget di reparto.

Ma quello che mi sento di dire in quanto testimone oculare è che le aziende italiane sono in massima parte piccole e medie imprese e che anche quelle grandi non investono sufficientemente in formazione del proprio personale e tanto meno in ricerca e sviluppo. Troppe volte è venuto l'imprenditore locale da me, a dirmi che la scuola non gli preparava dei periti informatici "adatti" al mondo del lavoro solo perché a lui sarebbero serviti due o tre programmatori esperti del linguaggio XY mentre a scuola preparavamo gente che sapeva il linguaggio ZW ma che comunque aveva un'apertura mentale per imparare il linguaggio XY in 15 giorni. Capito come sono fatti? Neanche aspettare 15 giorni che il neoassunto diventasse operativo, neanche affiancargli un collega esperto che avesse il compito di travasargli qualche competenza e "l'aria aziendale". Perbacco, questi per un'azienda sono costi (non dicono mai che si tratta di investimenti, chissà perché). Dateci uno che è "nato imparato" sulle quattro papocchie che facciamo nella NOSTRA azienda. Quello produce dal primo giorno, sa fare solo quello. Tanto poi noi lo teniamo per sei mesi fin quando non finisce la commessa. Quando dovremo occuparci del database JK andremo a piangere miseria in un'altra scuola dove fanno solo JK, spremeremo nuovi limoni e chi s'è visto s'è visto.

Se questo è l'andazzo, non capisco tante cose. Alle aziende conviene gestire in prima persona la formazione tecnico professionale delle future maestranze, nel momento in cui normalmente se ne fregano di far crescere il patrimonio di know-how del loro presente capitale umano? Chi lo farà sarà veramente un'azienda o un qualcosa nato apposta per lucrare sui fondi pubblici? E chi lo fa già adesso (sul mio territorio si tratta di aziende nei confronti delle quali c'è da levarsi tanto di cappello come la Bosch o la Getrag), come mai contemporaneamente assume le persone con l'interinale e dopo pochi mesi, proprio nel momento in cui il lavoratore ha imparato qualcosa dell'aria aziendale, li licenzia e ne assume altri e punto e daccapo: "dentro" non rimane mai nessuno che non sia un pivellino? Misteri italiani.

Si è dibattuto troppo poco su queste tematiche. Nel dubbio, fin quando è possibile, io i miei studenti non li affido ad estranei.
interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 massimo    - 13-03-2005
Se anche Tu convieni che "...ben vengano lezioni per strada, manifestazioni in cui si incontra la gente vera, il padre di Andrea che fa il meccanico e ci viene a raccontare quello che gli hanno insegnato ai corsi dell'Alfa Romeo, la mamma di Romina che è commercialista e ci gestisce un'unità didattica sull'uso del software di gestione dello studio professionale, lo stage di 15 giorni all'INPDAP o alla sala ricevimenti o all'associazione che si occupa dei disabili o al museo del tardo paleozoico recentemente ultrainformatizzato..." partiamo da ciò che và bene e proviamo ad esplorare quel mondo del lavoro dove ci potrebbe anche essere qualcosa di buono.
La scuola (cioè gli insegnanti bradipi e no) ha il tempo e le capacità per esaminare il nuovo e discernere.

 Gianni Iampietro    - 14-03-2005
Bravo Pierangelo hai proprio ragione io in azienda ci sto da quasi trentanni e davvero "L'azienda si è curata molto poco della mia formazione", ma i genitori che apprendono queste novità dove vivono? Vi prego sensibilizzate i genitori e salvate i ragazzi!!!!! Grazie
per l'impegno
Gianni

 Pierangelo    - 16-04-2008
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