Del vincere e del perdere
Enrico Peyretti - 11-03-2005
Il film dai molti oscar, di Clint Eastwood, lo vedi volentieri, ti appassiona. Un po' di ribrezzo ti cresce dentro, davanti a tutti quei pugni sul muso, da donna a donna, e sangue a fiotti da nasi, bocche e da occhi spiaccicati. Ma le persone in gioco, l'allenatore, la ragazza, il vecchio nero, ci sono, hanno sentimenti come noi, hanno un cuore.
E' una ragazza povera, famiglia un po' disgraziata, che cerca il riscatto nella boxe, e diventa Million dollar baby.

La società non concede di meglio che spaccare musi (di altri poveracci) a chi ha solo qualche buon muscolo e la tecnica adatta, che si impara con lunghi sacrifici, come ogni cosa importante. La folla attorno non manca, perchè "alla gente piace la violenza" e la boxe "permette di acquistare il rispetto di sè, togliendolo all'avversario".
Con la folla, i pugni, e le vittorie, arrivano i soldi.
Pugni tra donne, certo. Ma non si deve forse conquistare la parità in tutto? Donne soldato, donne pugili. Anzi, la ragazza è "un pugile".
Non so se c'è già anche in Italia, il pugilato tra le donne. Ci deve arrivare presto, perchè impariamo e importiamo tutto, da quella democrazia (vecchia di 250 anni, ma più difettosa della nostra appena cinquantenne, oggi periclitante), che somiglia più, nei termini hobbesiani, allo stato di natura che allo stato civile. Bisogna emancipare anche le nostre ragazze dall'assenza di combattività. Questo film darà una mano. Infatti, il cinema, come la tv (lo dice bene Popper) è sempre educativo, o maleducativo, lo voglia o no, ci pensi o no. Il messaggio c'è sempre, anche dove non vuole esserci. Ogni parola, e di più ogni immagine, è insinuante messaggio. Tanto piu' efficace quanto meno criticamente avvertito, come sanno i pubblicitari (del commercio o della politica).
Non è un film sull'eutanasia (sarebbe il terzo importante, e c'è chi reagisce, ma il problema e' comunque serio): e' un film sulla societa' del vincere.
Esiste chi vince, come esiste chi appare. Non esiste chi non vince, chi non emerge dal nulla, che è la condizione di tutti quelli, casalinghe, camerieri, che campano e muoiono "senza aver avuto la loro occasione". I piu' poveri, ma non rassegnati, anche loro abbracciano questa filosofia di vita: vincere. Uscire dal mucchio. Picchiando, se non hai altro che le tue braccia. Altri picchiano con altri mezzi.

Prima del film, la pubblicita' di un'auto diceva (in inglese, naturalmente): sii uno come nessuno.
Soltanto, c'è un problema: vincere, combattere, è a un pelo dal perdere.
Incontri prima o poi ciò che ti può distruggere. Nello stato di natura, anche il più forte, in qualche momento dorme. Qualche piccolo trucco l'hai usato anche tu: "Colpiscila sui seni, che senta il dolore, e alle reni, senza che l'arbitro veda". Ma l'altra fa di peggio. Dall'altare, in un attimo cadi nella polvere. E' arrivato il colpo sleale, vigliacco, e il tuo corpo, tutto ciò che hai, che la società - tifo, applausi e soldi - ti premiava, è perduto. Non puoi piu' "batterti", non sei più nulla.
"Battersi" è la prova dell'esistere, dal cow boy dei film di ieri al pugile donna di oggi. Ma battersi comporta anche l'essere battuti. In questo, il film è onesto: puoi perdere. Se perdi non in un gioco, ma nell'esistenza, è la fine.
Ma non del tutto. La ragazza è serena. Ha colto "la sua occasione", dunque è esistita, ha avuto ciò che non è di tutti. L'espressione è tipica, quasi un emblema ideale di quella società. La vita della ragazza trova senso in questo. In questo ha senso la vita. Imparate, vecchia Europa, vecchie barbose filosofie. Occasione, opportunità, queste parole hanno persino - ma in senso un po' più pieno, perchè è dato a tutti - il loro precedente biblico: kairos. Sono i momenti che rispondono al bisogno di salvezza, nientemeno. Ma chi si salva? Che cosa ci salva? Che cosa cogliere nell'occasione?
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