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La Bilancia
Ilaria Ricciotti - 02-03-2005
Toc, toc! Posso entrare?
E con te colloquiare?
Sono io la Giustizia,
vista a volte con malizia.

Eppure se non ci fossi,
sarebbero molti i percossi,
la schiera di onesti cittadini,
sarebbero appesi agli uncini,
i loro diritti non rispettati,
dai pre-potenti cancellati.

Debbo esistere o andare?
Essere viva o naufragare?
Debbo apparire ingessata,
o dai partiti essere separata?

Dimmi, quale idea di me hai tu?
Parliamone, senza guardare in giù.



Il termine Giustizia deriva dal latino iustitia e, secondo il dizionario della lingua italiana G. Devoto-G.C.Oli, il primo significato riportato esplicita così: “La virtù sociale rappresentata dalla volontà di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno mediante l’attribuzione di quanto è dovuto secondo la ragione e la legge”. Arcaico ” La facoltà di giudicare e punire (o premiare)".

Da quando si è piccoli si inizia ad acquisire quest’idea. Il bambino infatti passa da una fase di egocentrismo a quella in cui, vivendo in un contesto sociale dove non esiste solo lui, ma ci sono anche gli altri con cui confrontarsi, inizia ad acquisire tale concetto imitando gli adulti a lui vicini: genitori, parenti, insegnanti, altri adulti con cui viene a contatto .

Se un genitore rimprovera un figlio per una determinata azione ed all’altro non dice nulla, be’ è comprensibile che il “penalizzato” avvertirà un’ ingiusta parzialità che, se non spiegata, a lungo andare potrebbe trasformarsi in sordido rancore per il fratello. Idem vale per eventuali atti esternati ad esempio dagli insegnanti nei confronti dei propri alunni.

Ed allora sono guai.

Il bambino trattato in modo diverso rispetto ad un suo coetaneo inizierà a convincersi sempre più che bisogna accettare le aspettative degli altri e giammai esternare i propri bisogni, per ottenere una positiva reazione da parte dell’adulto. A volte, e questo è tragico, egli infatti, pur essendo piccolo, capta che se circuisce l’adulto, manifestandogli ciò che in realtà non prova per lui, otterrà positive reazioni: non rimproveri, ma gratificazioni.

Questi esempi per alcuni un po’ banali possono essere benissimo utilizzati anche per capire l’idea di giustizia che abbiamo noi adulti.

Quando vediamo che un pre-potente ruba a più non posso e per questo , il più delle volte, non subisce alcuna sanzione, mentre un poveraccio ruba la solita cesta di mele e viene condannato a qualche mese di carcere, che idea potremmo farci della giustizia?

Potremmo condividere ciò che è scritto sui muri dei tribunali italiani “La Legge è uguale per tutti”?

Questo mancato controllo di giurisdizione per i primi, che naturalmente possono pagarsi i migliori avvocati, non farà che crescere l’idea che la legge è forte con i deboli e debole con i forti.

Se tale convinzione si radicherà sempre più in un paese democratico e civile, con leggi fatte ad hoc, esso sarà destinato allo sfascio totale. La famosa bilancia non dovrà essere più rappresentata graficamente in perfetto equilibrio, ma pendente.

Questo discorso non vuole essere una critica negativa nei confronti della Giustizia in generale, ma un input, per grandi e piccoli, affinché si arrivi ad esternare tutti insieme la nostra idea di giustizia in un momento storico dove sembrerebbe che essa venga alquanto compressa.

A questo punto le domande da porsi potrebbero essere molte, ad esempio:

*è giusto che un genitore si rivolga, inconsapevolmente, con maggior attenzione ad uno dei suoi figli?

*è giusto che un insegnante interroghi o rimproveri sempre lo stesso alunno e manifesti positivi atteggiamenti mimici e/o considerazioni verbali all’alunno “più bravo”?

*è giusto che per ottenere qualcosa nella società bisogna conoscere le persone “giuste”?

*è giusto che ad alcuni vengono concessi dei forti privilegi e ad altri no?

*è giusto che le leggi possono essere interpretate in modo soggettivo?

*è giusto non vedere spesso applicati i Principi Fondanti della nostra Costituzione?


Don Ciotti, in un’intervista , ha affermato che :”La Libertà di tutti si gioca sulla Giustizia”.


Il forasacco vi invita a porre domande o a riferire episodi di giustizia o di ingiustizia subiti, in famiglia, a scuola, nell’ambiente in cui viviamo, nella società, nel mondo.

A proposito, non bisogna mai dimenticare che nel nostro Bel Paese ci sono state persone che hanno rischiato e rischiano ogni minuto anche la vita per fare in modo che la Giustizia sia ancora uguale per tutti.



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 Ilaria Ricciotti    - 04-03-2005
Dedicata a Giuliana Sgrena, liberata proprio mentre stavo inviando questo mio commento.

Anche in questo caso la giustizia ha trionfato.

Pensiamo però anche agli altri meno fortunati,
che sono ancora in Iraq, morti o ancora non liberati.



La mia idea di giustizia


Io figlia di contadini, quand’ero bambina ricordo le serate in allegria trascorse insieme ai vicini di casa; gli aiuti che mia madre e mia nonna stendevano a chi aveva bisogno; i tanti amici di famiglia; le forme di altruismo che si respiravano nella mia casa. Ricordo le grandi abbuffate che seguivano la trebbiatura o i grandi eventi. Ricordo anche nitidamente la gente che gremiva di allegria la nostra cucina, quando i miei avevano comperato la prima TV.

Quest’atmosfera ha fatto sì che tra me e mio fratello non siano mai scoppiati grandi liti per atti di parzialità assunti dai nostri genitori e dai nostri nonni. L’infanzia è trascorsa gioiosa e normale. A scuola, al contrario, non ho sempre ricevuto gli stessi insegnamenti ed esempi. Frequentavo ancora la scuola materna, quando un giorno le suore, che mi facevano spesso recitare, mi convinsero a declamare una poesia di benvenuto ad un signore potente, benefattore del paese. Io, assolto quel rituale, aspettavo da lui la solita caramella come compenso per essere stata brava. Ma invano, ho soltanto ricevuto una formale carezza e nient’altro. Ed ancora, frequentando la scuola elementare, ricordo due episodi di ingiustizia molto nitidi che hanno accompagnato e accompagnano la mia vita. Il primo: essere schiava di un’ alunna leader; il secondo: le teste di due miei compagni sbattute alla lavagna, perchè non sapevano le tabelline. Be’ io dal banco avrei voluto gridare alla maestra che quella violenza non era giusta. Avrei voluto sbattere la sua testa contro quello strato nero, dove si consumavano gioie o dolori, ma ero troppo intimorita o forse ancora troppo piccola per intervenire.

Ed intanto gli anni passavano in fretta ed io crescevo supportata da una famiglia non colta, ma con sani principi morali, rispettata e considerata da molti. Poi, l’8 dicembre, a 12 anni, sono stata vittima della prima inaccettabile ingiustizia da parte della vita: mio padre è morto a seguito di un incidente.

Il mondo mi è crollato addosso. Ero arrabbiata. Non sopportavo più nessuno, forse neanche la vita. Ma, l’educazione ricevuta ha fatto sì che io, ancora bambina, sentissi dentro di me il dovere di sostituirmi a mio padre e prendere in mano le redini della mia famiglia. E così ho iniziato a gettarmi a capofitto nello studio e, stando in collegio, mi sono data da fare per raggiungere in fretta il mio obiettivo. Anche in collegio, luogo di preghiera e di estrema religiosità, le ingiustizie erano presenti e sottolineate da tanti aspetti, persino dalla presenza di due strutture separate tra loro: una costruita per ospitare le figlie di persone benestanti, e l’altra per sbatterci dentro le figlie di persone più povere. Io pur appartenendo alla prima, avevo contatti con le mie compagne che stavano dall’altra parte. E spesso, all’insaputa delle suore, andavo a trovarle per stare insieme a loro, non capacitandomi del perché di tali differenze.Una volta diplomata ho continuato gli studi e, frequentando l’università, ho capito tante cose della vita che fino a quel momento mi erano state precluse.Ed allora l’idea di giustizia che in quegli anni aveva iniziato a prendere forma dentro di me, è cominciata a venir fuori come un vulcano in piena attività. Lì mi sentivo a mio agio, in quanto eravamo in tanti a parlare lo stesso linguaggio, ad avere la stesse idee. Eravamo in tanti a chiedere che i “baroni” non dovevano più assomigliare ai grandi feudatari di un tempo, e che non potevano elargire regalie soltanto a coloro che venivano scelti come loro vassalli. Lì ho capito che in una società democratica, giusta e civile tutti avevano il diritto di essere rispettati. Che non ci dovevano essere privilegi per alcuni e negazioni per altri. Tuttavia anche in questo ambiente ho incontrato la corruzione che, ingenuamente, insieme ad alcune mie amiche ed amici abbiamo cercato di denunciare, ma che non è stata severamente punita. Ho infatti impresso ancora davanti ai miei occhi il sorriso beffardo di un rettore che, anziché ascoltarci, voleva sapere i particolari di un’orgia premeditata da un professore con alcuni dei suoi alunni scansafatiche che si guadagnavano voti alti perché erano bravi sì, ma ad organizzare tali feste.

Finalmente, ed anche in fretta, a 22 anni la laurea e, a distanza di due mesi, il posto di lavoro molto lontano da casa mia. Da emigrante come mio nonno sono anch’io partita per varcare il mare.

Ed anche questa esperienza ha contribuito a rafforzare la mia idea di giustizia che inconsapevolmente mi si stava proponendo in modo chiaro e determinato.

- Ma, ditemi voi, è giusto che due insegnanti “straniere” subiscano un processo da un preside e da colleghi soltanto perché troppo motivate e fortemente convinte che tutti gli alunni, dal pastorello al figlio del medico del paese, avrebbero dovuto imparare e superare le loro difficoltà, senza ricorrere a ripetizioni extrascolastiche?

L’ aiuto gratuito fornito a questi ragazzini, unitamente a tante altre accuse costruite ad hoc hanno fatto sì che la mia qualifica riportasse l’aggettivo di “Buono”.

Perché allora, cari colleghi, l’insegnante alla fine dell’anno veniva valutato!

Gli anni sono passati ed ho dovuto ancora subire direttamente o indirettamente tante ingiustizie, ma ho imparato a reagire ad ogni loro diversa tipologia. Ho imparato che esse non si debbono accettare, ma debbono essere denunciate sempre, se non si vuole vedere calpestata la propria dignità di donne e di uomini.

Qualche altro esempio?

Un giorno, mentre mi dilettavo ai fornelli mi sono fatta un taglio ad un dito e, dato che non riuscivo a fermare il sangue, sono dovuta recarmi al pronto soccorso, così com’ero vestita.
Il mio look non era certo rapportato al ruolo sociale a cui appartenevo.
Arrivata, contro voglia, nella stanza dove c’era il primario davanti al suo computer, terrorizzata com’ero, ho dovuto attendere circa dieci minuti, combattuta tra la voglia di andarmene e di restare.
Alla fine, scocciata, ho chiesto al dottore quanto ancora dovessi aspettare. Molto alterato per questa domanda, fatta per lo più , secondo lui, di sicuro da una “poveraccia” mi ha risposto per le rime, incutendomi ancora più paura. Dopo pochi minuti si è presentato con l’ago in mano per cucirmi la pelle, naturalmente senza anestetizzarmi la parte .
Appena l’ ha perforato per ben 4 volte , facendomi urlare come chi è sottoposto a tortura, gli ho chiesto di smetterla perchè me ne sarei andata. Soltanto allora si è deciso a farmi un’iniezione anestetica tracheoanulare e a pungere per altre 20 volte quel dito sfortunato.
Terminato il martirio e stilata secondo la prassi la relazione, in cui mi sono stati richiesti i miei dati anagrafici , il lavoro che svolgevo e la causa dell’incidente, con molta meraviglia e rabbia ho dovuto constatare che quel dottore non conosceva di certo il suo codice deontologico. Quando infatti gli ho detto che ero un’insegnante e che per giunta, ironia della sorte, ero proprio l’insegnante di suo nipote, lui da camaleonte qual era, è cambiato. E’ diventato scherzoso, gentile, pieno di riguardi e premure. Da quel giorno, con consapevolezza, ho iniziato a condurre battaglie per vedere affermati i diritti sanitari di tutti e mi sono data da fare per denunciare o lodare episodi di mala o buona sanità.

Questi sono alcuni esempi molto ridotti che ho vissuto sulla mia pelle.

Se dovessi allargare il raggio, descrivendone altri, potrei continuare all’infinito , ma mi limiterò a farvi sapere che più di una volta ad esempio ho protestato con la RAI perché non aveva trasmesso manifestazioni a cui avevano aderito milioni di persone, o perché il vertice aveva deciso di epurare certi giornalisti, o ancora perché certi programmi erano carichi di faziosità. Ho scritto anche ai potenti facendo loro sapere ciò che non gradivo e ciò che al contrario mi aspettavo che facessero.

Non ho avuto più paura ad esprimere le mie idee e a reclamare diritti disattesi.

Concludo questa carrellata carica di negatività affermando con forza che ora io donna e cittadina del mondo non mi intimorisco dinanzi agli ingiusti nè a coloro che, più potenti di me, potrebbero in qualche modo danneggiarmi. Conduco le mie battaglie con altri o da sola perché la mia famiglia, gli amici incontrati e i grandi uomini conosciuti di persona o attraverso i libri mi hanno insegnato che è importante in questo mondo, dove siamo di passaggio, non svendere mai a nessuno la propria libertà. Libertà che come ha affermato Don Ciotti passa proprio attraverso la Giustizia.

Ed allora se ci teniamo ad “essere uomini e non schiavi”, dobbiamo lottare sempre, per noi stessi, ma anche per coloro che non hanno la forza o la possibilità di farlo.

Per questo è vitale far sì che la bilancia non penda di più da una parte, ma sia in perfetto equilibrio.

Ciò è possibile ed anche se a volte è difficile e si esce da alcune situazioni con l’anima a pezzi e con le ossa rotte, non importa, in quanto alla fine tutti “i nodi vengono al pettine” come afferma un antico proverbio, e coloro che ad ogni costo impediscono che la giustizia trionfi, prima o poi perderanno la loro battaglia e specchiandosi non vedranno più il loro vero volto, ma tanti altri che hanno cancellato quello originale.


 ilaria ricciotti    - 06-03-2005
Un atto di giustizia che il mondo reclama è sapere perchè Nicola Calipari è stato ucciso per salvare Giuliana Sgrena.
Lo sapremo mai?
Io penso di sì. Giuliana Sgrena ed i suoi accompagnatori ci informeranno sull'accaduto, avendolo subito sulla loro pelle.
Questi atti aberranti, inconsulti, ingiusti non dovrebbero più accadere.

 ilaria ricciotti    - 11-03-2005
Ricercare la verità, sempre, è un 'esigenza ed un diritto improrogabile a cui non ci si può sottrarre, se vogliamo circuire la nostra anma di tele di ragno.

Ed allora scovare coloro che sono abituati spudoratamente a mentire, pur di raggiungere i loro obiettivi, non è soltanto un atto di giustizia, ma qualcosa di più. E' pretendere che chi volutamente è abituato alla disonestà, paghi per questo agli altri il compenso dovuto.

Eppure c'è ancora chi riesce a trovare degli espedienti per apparire , non certo a se stessi, ma agli occhi degli altri , dei puri e dei giusti .

 ilaria ricciotti    - 18-03-2005
Qualcuno, autorevole, a cui avevo chiesto di affrontare questo tema, forse perchè non ci siamo capiti, o intenzionalmente mi ha inviato questo testo.

"Cara Ilaria che verseggi,
mentre il popolo proteggi,
tu mi chiedi se io penso
che l'impegno tuo abbbia senso?

Certamente che ce l'ha:
lotti per la libertà,
la giustizia ti sta a cuore
il Governo vuoi migliore.

Scendi in piazza, scrivi, lotti
e i politici rimbrotti;
da mattina fino a notte
sul "potere" meni botte.

Mi va bene, Ilaria mia!
Ma un pensiero manifesto:
"Come hai tempo in tutto questo
di mandarni una poesia?!"
Certamente a pensier mio
sei una vera iradiddio!

Ciò che è stato scritto di me debbo considerarlo un gesto spiritoso e gratificante o soltanto un modo per etichettare chi non si allinea, seguendo la scia della corrente?
Naturalmente ho chiesto spiegazioni in merito, e quando le avrò le comunicherò a quanti leggono questa rubrica.
Perchè ho voluto riferirvi ciò?
Perchè penso che la giustizia spesso passi anche e soprattutto attraverso la comunicazione, i modi di relazionarsi con gli altri, di capirsi e capire, e purtroppo quando quest'ultima non è abbondantemente chiara si rischia di interpretare soggettivamente ciò che è scritto e non ci si sforza di mettersi nei panni del mittente o del destinatario.
Spesso il non capirsi mi è capitato di viverlo, a mie spese, anche scrivendo su questa rivista , quando gli altri avevano dato per scontato che i miei scritti dovessero avere quella valenza e basta.
A volte anch'io cado in questa trappola, ed allora interpreto, forse maliziosamente, ciò che gli altri scrivono. Il meccanismo che scatta lo conosciamo tutti:
si rischia di creare una "catena di Sant'Antonio" a non finire, e naturalmente chi la dura la vince.
Ma, pensandoci bene, quest'ultimi non ne usciranno di certo vincenti in quanto reagire contro un muro di gomma provoca un rimbalzo che non ti permette di scalfire nulla. Ciò non vuol dire che bisogna arrendersi, ma che è necessario trovare altre vie più efficaci per raggiungre l'obiettivo.
Attraverso questo discorso, fatto di prima mattina, ancora assonnata, non so se sono riuscita a spiegarmi.
Semmai chiedete e vi verrà risposto.


 ilaria ricciotti    - 21-03-2005
In occasione del 21 marzo, "giorno del ricordo e dell'impegno contro la mafia", vorrei ringraziare tutti coloro che sono morti per garantirci una società rispettosa delle regole e della legalità. Inoltre vorrei ricordare anche coloro che ancora vivi, sono tutti i giorni in trincea per tagliare i tentacoli di questa piovra assassina. Grazie anche a Don Ciotti e a chi insieme a lui ha creato l'associazione "LIbera", esempio concreto della ricerca di giustizia e di legalità. Grazie a quanti impegnano quotidianamente
la propria vita per garantire uno stato di diritto, in cui vengano sempre e da tutti indistintamente rispettate le leggi dello stato e sfavoriti i pre-potenti.

 ilaria ricciotti    - 22-03-2005
La Costituzione non deve essere toccata,
da chi dimostra che non l'ha mai amata.

Essa è il frutto di molte vite massacrate,
che reclamano di essere rispettate.

L'Italia è una , democratica e molto unita,
solo così potrà crescere e non essere svilita.

Ve le immaginate diverse scuole e sanità,
una più ricca, un'altra che vive in povertà!

Essa va difesa ad ogni attacco giornaliero,
non votando chi si considera uno straniero.

Noi che ci sentiamo atutti gli effetti italiani,
la sottoscriveremo non solo a due, ma a 4 mani.


Sono tempi tempi bastardi questi che stiamo vivendo,
essi vanno contrastati con il voto ed il nostro talento.