Pierangelo - 11-02-2005 |
Da Repubblica del 11.2.2005 Cosa nasconde un simbolo politico Viaggio nel paradosso comunista È stata l´icona del movimento operaio poi il declino con la crisi delle ideologie L´Europa dibatte se abolirlo perché equiparabile alla svastica o provare a conservarlo Per milioni di persone è stato prima emblema di libertà poi di terrore e dispotismo Devo subito dire di trovare la pratica o anche solo l´intenzione di vietare per legge in sistemi democratico-liberali l´esposizione di simboli o la diffusione di idee improntate a questo o a quel credo politico in nessun modo condivisibile. Non condivisibile in via di principio, perché quali che siano le intenzioni, il ricorso a forme di censura politica obbedisce ad una logica per cui si richiede al "braccio secolare" di assumere un indebito ruolo di potere ideologico. E non condivisibile anche per quanto attiene all´efficacia, perché le idee e i valori, sublimi o perversi che siano o li si giudichi, hanno la natura dell´aria, dell´acqua e del fuoco: si infiltrano ovunque, a meno che non si costruiscano barriere invalicabili, le quali però non sono allora in grado di nulla distinguere. Ho sempre ammirato, a proposito, la costituzione americana, la quale lascia piena libertà ad ogni espressione di simboli ed idee e al contempo impone la repressione degli atti che minacciano la convivenza civile, sulla base del presupposto che, quando le istituzioni considerano come un dovere consentire la circolazione di queste ma non di quelle idee, non si sa mai come si finisce; in quanto basta che ad una maggioranza ne succeda un´altra perché ai simboli e valori accettati come legittimi se ne sostituiscano di diversi magari di segno del tutto opposto. Verità è, infatti, che, come l´esperienza dovrebbe insegnare, la saldezza dei valori della libertà, della tolleranza, della convivenza civile poggia sempre e soltanto sul consenso che tali valori effettivamente ottengono nella coscienza comune. È nel foro interiore di questa coscienza che essi vincono o perdono la loro battaglia. Reprimere per legge un simbolo e un´ideologia, anche i più turpi, induce i loro seguaci ad atteggiarsi a perseguitati, li spinge a quel camuffamento unicamente esteriore che nessuna legge è in grado di impedire, rende in ultima analisi più difficile a chi non li condivide combatterli e a chi li condivide abbandonarli. Sono portato a fare queste considerazioni non già da motivi teorici astratti, ma in relazione all´invito rivolto al Parlamento europeo da parlamentari lituani e ungheresi di prendere in considerazione unitamente al divieto dell´esibizione della svastica nazista quello della falce e del martello, in quanto simboli equiparati del dispotismo totalitario. Dopo aver già espresso i motivi per cui personalmente non ritengo opportuno che si vieti per legge qualsivoglia simbolo, vorrei svolgere alcune riflessioni su questa equiparazione. La svastica fu il simbolo di un movimento e di una forma di potere che dagli inizi alla fine e programmaticamente si propose come scopo il dominio assoluto della razza ariana sulle altre, alcune da sterminarsi e altre da ridurre ad uno stato di schiavitù o di servaggio, il potere dittatoriale di una élite di padroni su masse amorfe soggiogate, la guerra come legge della vita dei popoli fino all´annientamento di ogni nemico. La svastica non ebbe altri seguaci se non coloro che lottarono per il trionfo del nazismo e trovò nelle SA e nelle SS i suoi più tipici portabandiera. Orbene, domando, chi, non spinto da un sordo risentimento pur reso comprensibile dalle violenze patite ad opera delle dittature comuniste, può affermare ragionevolmente qualcosa di simile a proposito della falce e del martello? Chi può non vedere e tener conto del fatto che, mentre i nazisti non furono altro che nazisti, nelle correnti del movimento operaio e nei partiti che alzarono il vessillo della falce e del martello - il quale non fu solo dei comunisti - vi furono tanti uomini che non solo non ebbero nulla a che fare con gli uomini di Stalin e dei suoi consimili, ma che, restando fedeli a quel vessillo, lottarono per ideali e scopi del tutto diversi, si opposero agli Stalin e ne furono le vittime più odiate e vilipese? Chi può assimilare i milioni di operai e contadini che lottarono per una maggiore giustizia sociale levando la falce e il martello, i comunisti dell´antifascismo e della Resistenza alle schiere agitanti la svastica? La svastica fu dunque sempre e soltanto un simbolo di oppressione e di morte; la falce e il martello un simbolo di speranza e di emancipazione stravolto e tradito dal dispotismo comunista. Chiunque analizzi la storia del comunismo moderno non può non scontrarsi con la sua complessità, le sue plurivalenze, le sue ambiguità e profonde antinomie. Esso è stato al tempo stesso un movimento di liberatori e di oppressori, di chi è morto per alti obiettivi umani e per servire utopici ideali di liberazione totale e di chi ha messo in atto le più ignobili sopraffazioni, di chi, insomma, ha operato per dare un senso e un futuro alle più grandi speranze e di chi quelle speranze ha spento. Certo, e qui sta un nodo che non è dato ignorare, molti sono stati i comunisti che hanno incarnato l´uno e l´altro ruolo, che hanno inteso servire la loro utopia mettendo in atto o sostenendo pratiche del potere che il fine contraddicevano frontalmente. Tirate le somme, nessuno può e deve negare per un verso che il significato della svastica è opposto a quello della falce e del martello, per l´altro che il comunismo è stato il movimento che ha promosso lotte nobili e generose, ma che là dove è andato al potere, ha assunto il volto tragico del totalitarismo. Vietare il simbolo della falce e del martello al pari della svastica equivale a compiere una reductio ad unum del significato del comunismo moderno che non ha giustificazioni né storiche né umane. Chi lo fa si assume la responsabilità di assimilare Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht, Gramsci, Terracini, l´eroe della Resistenza italiana Giambone, schiere di operai e contadini probi e coraggiosi in lotta per il miglioramento della loro esistenza, non solo a Stalin ma anche a Hitler e a Goebbels. Chi lo fa indurrà - ed è questo un aspetto da considerare attentamente - i comunisti dell´Unione Europea che continuano a portare nelle loro bandiere la falce e il martello, avendo rigettato il comunismo dei dittatori, a sentirsi dei perseguitati, additati come paria politici. Non sentono il peso e non colgono le implicazioni di una simile operazione i deputati europei dei paesi dell´Est che invocano questa reductio ad unum e Frattini che li incoraggia e sostiene? MASSIMO L. SALVADORI |