Lifting
Marino Bocchi - 30-04-2001
Se non avete la pelle chiara, i capelli rossi, gli occhi verdi; se la vostra altezza e' eccessivamente alta o bassa, allora care maestre non siete e non sarete mai delle brave insegnanti. Non vi serviranno i corsi di aggiornamento ne' i convegni. I vostri alunni sbadigliano, non imparano a far di conto, si fanno dispetti, non eseguono i compiti? Non crucciatevi con voi stesse, non affannatevi su progetti di ampliamento dell'offerta formativa. Dimenticate il POF ma guardatevi allo specchio e scoprirete il perche'. "Pelle chiara, capelli rossi, occhi verdi, altezza non eccessiva. E’ questo l’identikit della maestra ideale, quella che non solo tutti gli scolari sognano ma che su di loro produce anche il benefico effetto di renderli più studiosi. Il dato singolare emerge da uno studio della Società internazionale di psicoanalisi e psicodinamica che verrà presentato agli inizi di giugno. Il rapporto realizzato sui rendimenti scolastici di mille alunni italiani sparsi nelle scuole di tutto il paese dal primo al quarto anno di scuola elementare ha messo a fuoco come esiste una correlazione tra aspetto fisico dell’insegnante e rendimento dell’allievo a scuola. L’aspetto fisico condiziona quasi quanto la preparazione dell’insegnante la partecipazione dei piccoli allievi alla lezione"(Il Messaggero, 29 aprile).
Altro che corso di laurea abilitante, con tutte quelle materie noiose, quella brodaglia pedagogica; qui ci vuole un bel concorso di bellezza o un trattamento di lifting. E' la scuola catodica, baby.

La bambina dai capelli rossi
di Anna Antonietta Cerri
Frazione di campagna, zona rurale di una città lombarda. Anno scolastico 1957-58. La scuola elementare è composta da due aule: una ospita la prima e seconda classe; l'altra aula, invece, la pluriclasse di terza, quarta e quinta.
Ero appena arrivata da un altro paesino della stessa provincia, ed ho passato quel primo anno di scuola perseguitata dalla frase: "Anna dai capelli rossi…" Nessuno, nel paese d'origine, aveva fatto caso al colore dei miei capelli, e quindi mi sentivo molestata da questa cantilena continua. C'era un bambino che, in modo particolare, continuava ad infastidirmi con quella frase, tanto che un giorno, mentre mi seguiva in bicicletta, lo spinsi nel fossato che costeggiava la strada, e che per fortuna era asciutto. Insomma, se avevano da ridire sul colore dei miei capelli forse qualcosa non andava e cominciavo a vergognarmene. I miei, con infinita dolcezza e autorevolezza, riuscirono a farmi superare quel momento (anche un cugino più grande, e "col fuoco nei capelli", mi aiutò, e cominciai a pensare che i "rossi" fossero come tutti gli altri).
Terza classe. Cambio di maestra. La nuova maestra arriva dalla città tutte le mattine col mosquito (ve lo ricordate?). Altezza media, capelli castani che hanno riflessi rossi (tinti), occhi…non ricordo.
Mi prende subito in simpatia, mentre esterna una forte antipatia per mio fratello, che è in quinta (meglio dire nei due banchi che compongono la quinta, poiché ci sono solo quattro bambini a costituire la classe). I miei compagni, che sono quelli dell'anno precedente, più i ripetenti della terza, non hanno più nulla da ridire sul colore dei miei capelli. Sto attenta, dal mio posto, a questa maestra che fa lezione alla cattedra a tre di quinta, lasciando al posto solo mio fratello. Pur essendo più piccola, sviluppo un senso di iperprotezione nei confronti di mio fratello, che sta subendo ingiustizie proprio dentro la scuola. Racconto ai miei quel che succede a scuola, perché mio fratello non lo fa. Alla fine si scopre che il sorriso di mio fratello, che sembra ironico, ma che in realtà è di autoprotezione in un bambino timido (i timidi si difendono come possono) disturba la maestra, che si sente "presa in giro", e da qui il desiderio insano di bocciarlo.
Mentre i miei genitori sostengono mio fratello nel percorso di quell'anno scolastico, io devo guardarmi dalla maestra che ha una passione per il colore dei miei capelli. "…spiegami un po’, chi ti lava i capelli? - Che prodotto utilizza la mamma?…"
Io voglio essere considerata per il mio impegno, e lei mi parla del colore dei miei capelli. "Dille la verità", mi suggerisce mamma. Lunedì. Al termine della giornata scolastica dobbiamo passare davanti alla maestra per uscire; io sono tra gli ultimi, essendo la più alta delle bimbe sto nel banco che precede quello dei ripetenti, che "scantonano". La maestra mi ferma: "..non mi dirai ancora che non hai fatto caso a quello che utilizza la mamma per lavarti i capelli, eh?!" Questa volta sono pronta: "Si, ho fatto caso: mamma usa sapone ed aceto", e via di corsa. Ho ancora la voce allibita della maestra nelle orecchie:"Oh, questa poi!" Di quella maestra questi sono i soli ricordi: una maestra che "voleva il fuoco nei capelli" ma che non sapeva entrare in empatia con gli scolari, che batteva i ripetenti con la spatola e aveva portato mio fratello alla disistima di sé e all'odio verso la scuola (per fortuna abbiamo avuto genitori attenti). Il ricordo più bello: una maestra piccola, brutta, ma che diventava bellissima quando si rivolgeva a noi bambini.
Sono diventata una maestra di scuola materna, e per mia scelta. Una maestra dai capelli rossi, bianca di pelle, ma con occhi marrone; forse questo fa la differenza, perché ho sempre usato un cuore e la mente nello svolgere la professione in tempi in cui le bambine adoravano (e ancora, checché ne dicano i ricercatori) le bionde. Oggi, a 52 anni, i capelli sono castani con riflessi chiari, perché tinti. Sotto questo colore c'è sempre la bambina dai capelli rossi, la maestra dai capelli rossi: quello che sei emerge dalla relazione che riesci ad instaurare con l'altro, perché non è il colore dei capelli, della pelle, o l'altezza, a fare di una persona la maestra, ma il suo cuore (non vale la pena andare oltre, vero?).


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 Cerri Anna Antonietta    - 01-05-2001
Frazione di campagna, zona rurale di una città lombarda. Anno scolastico 1957-58. La scuola elementare è composta da due aule: una ospita la prima e seconda classe; l'altra aula, invece, la pluriclasse di terza, quarta e quinta.
Ero appena arrivata da un altro paesino della stessa provincia, ed ho passato quel primo anno di scuola perseguitata dalla frase: "Anna dai capelli rossi…" Nessuno, nel paese d'origine, aveva fatto caso al colore dei miei capelli, e quindi mi sentivo molestata da questa cantilena continua. C'era un bambino che, in modo particolare, continuava ad infastidirmi con quella frase, tanto che un giorno, mentre mi seguiva in bicicletta, lo spinsi nel fossato che costeggiava la strada, e che per fortuna era asciutto. Insomma, se avevano da ridire sul colore dei miei capelli forse qualcosa non andava e cominciavo a vergognarmene. I miei, con infinita dolcezza e autorevolezza, riuscirono a farmi superare quel momento (anche un cugino più grande, e "col fuoco nei capelli", mi aiutò, e cominciai a pensare che i "rossi" fossero come tutti gli altri).
Terza classe. Cambio di maestra. La nuova maestra arriva dalla città tutte le mattine col mosquito (ve lo ricordate?). Altezza media, capelli castani che hanno riflessi rossi (tinti), occhi…non ricordo.
Mi prende subito in simpatia, mentre esterna una forte antipatia per mio fratello, che è in quinta (meglio dire nei due banchi che compongono la quinta, poiché ci sono solo quattro bambini a costituire la classe). I miei compagni, che sono quelli dell'anno precedente, più i ripetenti della terza, non hanno più nulla da ridire sul colore dei miei capelli. Sto attenta, dal mio posto, a questa maestra che fa lezione alla cattedra a tre di quinta, lasciando al posto solo mio fratello. Pur essendo più piccola, sviluppo un senso di iperprotezione nei confronti di mio fratello, che sta subendo ingiustizie proprio dentro la scuola. Racconto ai miei quel che succede a scuola, perché mio fratello non lo fa. Alla fine si scopre che il sorriso di mio fratello, che sembra ironico, ma che in realtà è di autoprotezione in un bambino timido (i timidi si difendono come possono) disturba la maestra, che si sente "presa in giro", e da qui il desiderio insano di bocciarlo.
Mentre i miei genitori sostengono mio fratello nel percorso di quell'anno scolastico, io devo guardarmi dalla maestra che ha una passione per il colore dei miei capelli. "…spiegami un po’, chi ti lava i capelli? - Che prodotto utilizza la mamma?…"
Io voglio essere considerata per il mio impegno, e lei mi parla del colore dei miei capelli. "Dille la verità", mi suggerisce mamma. Lunedì. Al termine della giornata scolastica dobbiamo passare davanti alla maestra per uscire; io sono tra gli ultimi, essendo la più alta delle bimbe sto nel banco che precede quello dei ripetenti, che "scantonano". La maestra mi ferma: "..non mi dirai ancora che non hai fatto caso a quello che utilizza la mamma per lavarti i capelli, eh?!" Questa volta sono pronta: "Si, ho fatto caso: mamma usa sapone ed aceto", e via di corsa. Ho ancora la voce allibita della maestra nelle orecchie:"Oh, questa poi!" Di quella maestra questi sono i soli ricordi: una maestra che "voleva il fuoco nei capelli" ma che non sapeva entrare in empatia con gli scolari, che batteva i ripetenti con la spatola e aveva portato mio fratello alla disistima di sé e all'odio verso la scuola (per fortuna abbiamo avuto genitori attenti). Il ricordo più bello: una maestra piccola, brutta, ma che diventava bellissima quando si rivolgeva a noi bambini.
Sono diventata una maestra di scuola materna, e per mia scelta. Una maestra dai capelli rossi, bianca di pelle, ma con occhi marrone; forse questo fa la differenza, perché ho sempre usato un cuore e la mente nello svolgere la professione in tempi in cui le bambine adoravano (e ancora, checché ne dicano i ricercatori) le bionde. Oggi, a 52 anni, i capelli sono castani con riflessi chiari, perché tinti. Sotto questo colore c'è sempre la bambina dai capelli rossi, la maestra dai capelli rossi: quello che sei emerge dalla relazione che riesci ad instaurare con l'altro, perché non è il colore dei capelli, della pelle, o l'altezza, a fare di una persona la maestra, ma il suo cuore (non vale la pena andare oltre, vero?).