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Per ricordare
Ilaria Ricciotti - 25-01-2005
C’è ancora tempo nelle scuole italiane per parlare della Shoah e di tutte le vittime causate dalle guerre?

C’è ancora la convinzione che parlarne è un dovere oltre che un diritto per quanti non sanno?

C’è ancora spazio per tappezzare aule e corridoi di foto o cartoncini in bianco e nero che raffigurano gli orrori di tutte le guerre?

Spero che almeno questo indimenticabile ed universale valore (il ricordo) non sia stato cancellato, dimenticato o peggio ancora rinnegato.

Gli insegnanti parallelamente o in concomitanza con i loro contenuti disciplinari hanno il dovere di trattare questo tema e gli alunni hanno il diritto di essere informati su quanto è accaduto e su ciò che sta accadendo in più parti del mondo.

I milioni di vittime di tutte le guerre reclamano almeno il ricordo!

Mai si dovrebbero cancellare gli orrori di ieri e di oggi causati dall’uomo contro altri uomini per lo più indifesi e poveri; che hanno dovuto o debbono subire le angherie dei prepotenti e di coloro che hanno un DNA predisposto per comandare, per imporre il silenzio, per esercitare violenze e violazioni senza dover rendere conto a nessuno, neanche alla loro coscienza.

Ed allora il forasacco chiede cortesemente agli insegnanti e/ o alle studentesse ed agli studenti , di ogni ordine e grado di scuola, di rendere pubblici i lavori svolti.

E’ importante farlo!
Perciò inviate i vostri lavori!


Così avremo modo di ricordare, riflettere, esprimere le nostre ansie, i nostri pensieri ed anche le nostre emozioni sulle guerre passate e su quelle che oggi stanno dilaniando questo nostro bellissimo pianeta.

Che ne dite?
Proviamoci!


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 ilaria ricciotti    - 25-01-2005
Ricorda

Ricorda, ricorda sempre che la guerra,
semina orrore e sangue,
tanto sangue sulla verde terra.

Ricorda che essa va bandita
dal nostro dizionario del cuore,
perchè cancella il sorriso, i sogni, le speranze,
e si nutre di solo dolore.

Ricorda tutto questo,
oggi e negli anni della tua vita,
non ti stancare mai di ricordare e di insegnare
che essa va ovunque bandita.

 Gianni Mereghetti    - 25-01-2005
Il Giorno della Memoria, in un momento segnato drammaticamente dal terrorismo e dallo Tsunami, ripropone la domanda sul male, sulla sua origine, sul come sconfiggerlo.
Dopo Auschwitz l’umanità si chiese dove fosse stato Dio, mentre il popolo ebraico veniva sterminato, o “quale Dio avesse potuto permettere ciò?”. Dopo la tragedia che ha colpito le coste del Sud-Est Asiatico molti commentatori hanno riecheggiato la stessa domanda.
Questo filo rosso che lega in modo impressionante Auschwitz allo Tsunami è il pregiudizio di una cultura che ha deciso che Dio non esista e usa il male come argomento a favore della sua opinione. Infatti è un’altra la domanda che sgorga dal cuore umano di fronte al filo spinato che ha rinchiuso sofferenza e morte, alle spiagge devastate dalla furia del maremoto, alle città dilaniate dal terrorismo: è la domanda della presenza amica di Dio, il grido a Lui perché ci tenda la mano e ci liberi dal male.
Il Giorno della Memoria non è quindi l’occasione per arrendersi al male, accusando persino Dio di essersi distratto per un momento lasciandolo così entrare nella storia. E’ invece il giorno in cui riconoscere che, se il male esiste ed è una realtà presente dentro il tempo e lo spazio, non è la parola definitiva sull’uomo, e non lo è perché il Mistero Buono che fa tutte le cose non riguarda solo l’al di là, ma è una presenza fisica che viene in soccorso all’uomo e lo accompagna a vivere la positività della vita.
Una grande donna ebrea del Novecento aveva già scoperto questa semplice verità, si tratta di Annah Arendt che nel libro “La banalità del male” ha per l’appunto scritto: “E' anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. E' una sfida al pensiero, come ho scritto, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s'interessa al male viene frustrato, perché non c'è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale.”
Per questo guardare oggi il male che ha colpito il popolo ebraico, portando nel cuore quello che entra giorno dopo giorno nel mondo, è un’occasione per prendere più profondamente coscienza
- che il male è una realtà presente dentro la storia dell’uomo, una realtà che tutti possiamo fare;
- che noi uomini non possiamo sconfiggerlo, anzi quando pensiamo di avere la forza per farlo, finiamo con il diventare noi stessi più violenti degli aguzzini che combattiamo;
- che solo un Dio che condivide la nostra condizione umana può liberarci dal male, quello che incombe su di noi, quello che abbiamo dentro di noi.
Così tornare con la memoria a coloro che sono morti nei campi di sterminio non è vano in quanto significa portarli con sé nella certezza che per la presenza fisica di Dio “l’impotenza del male diventa la figura dominante di tutta la storia”

Il Giorno della Memoria

I disegni dei bambini,
la spietata solitudine di Auschwitz,
e nel freddo di un inverno che sembrava non finire
soldati sconosciuti
a scardinare i cancelli del dolore.

Ovunque corpi senza vita,
ammassati alla rinfusa in gelide baracche,
il male annidato negli interstizi della storia,
eppure sconfitto
là dov’era stato programmato.

Il caso scelse un padre di famiglia,
volle sostituirlo un santo nella tana della morte,
che ad Auschwitz Dio ci fosse lo dimostrò quel gesto.

Intesa vibra oggi la memoria,
lo sguardo che s’abbarbica al mistero
mentre s’incunea negli anfratti dell’istante.


 ilaria ricciotti    - 25-01-2005
Segnalo da "Macerata il Resto del Carlino"

"Oggi ( alle ore 15,30) 25 gennaio 2005 in Provincia seduta "aperta" per non dimenticare gli stermini nazisti"

"....Sono stati invitati alla seduta i rappresentanti delle istituzioni locali e gli esponenti della comunità ebraica Franca Foà Ascoli e Bruno Cohen.
Il Consiglio "aperto"rientra tra le iniziative promosse (fino a lunedì) da Provincia, Comuni, istituzioni culturali, scuole, associazioni locali e Istituto storico della Resistenza "Morbiducci"per non dimenticare le atrocità della discriminazione razziale.

Si segnala inoltre che "Oggi alle 17,30 si inaugura negli Antichi Forni la mostra "Shoah, l'infanzia rubata", curata dall'Istituto storico della Resistenza.
Potrà essere visitata fino al 31 gennaio: ore 9 -13(visite guidate per le scolaresche) e 16,30-19,30.
L'iniziativa verrà poi riproposta anche a Potenza Picena, dal 5 al 13 febbraio. Per informazioni, tel. 0733.237107.

 ilaria ricciotti    - 26-01-2005
Leggendo i vari articoli, specialmente quello di chi afferma che non c'è bisogno di ricordare, fuoriesce di getto dall'anima una riflessione : non può essere ritenuta persona responsabile chi non ammette certe responsabilità.
Nascondersi dietro al desiderio di dimenticare, di non parlare di una certa violenza gratuita esercitata nei confronti di ebrei, malati mentali, omosessuali, zingari e quanti non avevano i canoni per essere considerati a tutti gli effetti appartenenti ad una razza pura, a mio avviso è una delle scelleratezze umane con le quali si vuole far tacere la propria brutalià interiore e la smania di voler essere superiori a tutti, pur essendo in fondo dei poveri diavoli, pieni di insicurezze ataviche, di inconsce paure, di rabbie contro se stessi e la vita che molto probabilmente non è stata "sufficientemente buona" con questi individui che non sanno ascoltare, rispettare, amare tutti e perseguono soltanto i potenti ed i prepotenti.

Cari ragazzi, speranze e garanti di un futuro migliore ,
non ascoltateli!
Non imitateli!
Isolateli!
Denunciateli sempre!

Forse loro vi ringrazieranno.


 Pierangelo    - 26-01-2005
da Repubblica del 26.1.2005

BELPAESE

Le scorie di Salò
di ALESSANDRA LONGO

La cosa bella di aver superato gli esami di credibilità internazionale è che, una volta ottenuto il diploma, nessuno ti può dire più niente. Così mentre si avvicina il giorno della memoria, circola nelle pieghe minori di An l´antico virus repubblichino.

L´ex deputato Gramazio esce dal museo dell´Olocausto e nega che il fascismo abbia a che fare con le deportazioni; a Roma, il circolo An di Testaccio istruisce via Internet i suoi, derubricando le leggi razziali a «normativa poco applicata» e esaltando la figura del "nonno". La prova inconfutabile della grandezza di Mussolini? La devozione che circonda tuttora Predappio mentre, in fondo, il nome di Giolitti ricorda solo, nella capitale, «un ottimo gelataio».

Ancora: An, Federazione Gallura, ripropone l´abbinamento, abbandonato dall´ultimo e definitivo Fini, tra Shoah e foibe, «tra l´ideologia di Hitler e quella di Tito».

Infine, ad Arezzo, il gruppo consiliare di An tiene esposta, nella sua sede, la fotografia del Duce.

Folklore residuo, liquidano i dirigenti del partito. A dieci anni da Fiuggi, sarebbe un gesto di effetto accompagnare alla porta gli ultimi recidivi.

 ilaria ricciotti    - 27-01-2005
Ceracte voi giovani di non dimenticare,
che certi uomini non sognano
e non vi faranno mai sognare;
che utilizzeranno le vostre anime ed i vostri cervelli,
illudendovi di farvi apparire sempre più belli;
che ciò che conta nella vita di un essere umano
è il potere,
e non la forza, il calore, il valore racchiusi in una stretta di mano.

Diffidate da costoro, avventurieri senza morale,
diffidate da chi vuole soltanto il loro benessere
ed il vostro male.

Per non dimenticare mai.
Con affetto, ilaria.


 Gianni Mereghetti    - 29-01-2005
Che cosa mi ha insegnato quest’anno la Giornata della Memoria? Una cosa semplice, che parlarne a scuola ha uno scopo educativo, ossia c’entra con la vita. E me lo hanno insegnato alcuni studenti, in particolare una ragazza che, dopo aver osservato quanta intolleranza esista ancor oggi, a me che le chiedevo il perché della sua osservazione ha risposto “ma perché io cerco di confrontare tutto con l’oggi”.
E’ questo il problema serio della memoria, che non si riduca a fotografare un male passato e a gridare che non deve più accadere, ma che sia, come per quella ragazza e per tanti miei studenti, una sfida al presente.
E’ per questo che la memoria, se da una parte è la rievocazione del male, quello terribile di chi ha progettato e messo in atto la Shoah, quello possibile che alberga nel cuore di ciascuno di noi, dall’altra è la certezza che Dio non ha mai abbandonato l’uomo, ma gli è sempre stato vicino e gli ha teso la sua mano liberandolo dalla malvagità, dall’intolleranza, dal non senso.
Quest’anno più che mai celebrare la memoria è stato rafforzare la coscienza che il male si vince non solo sapendo che c’è e incombe sull’istante, ma soprattutto aderendo al Bene che ha il volto della presenza amica del Mistero.
E aderire al bene significa costruirlo, proprio come hanno fatto Hosenfeld, Schindler, Perlasca, Fry, Kolbe, Korczac ….


 ilaria ricciotti    - 29-01-2005
"Aderire al bene e costruirlo", è ciò che sostieni, caro Gianni Mereghetti. Condivido tale affermazione anche se io avrei specificato che per costruire il bene sono necessari tre prerequisiti importantissimi:
-credere nel bene;
- non pensare di trarne da esso alcun tornaconto personale;
-battersi e schierarsi in prima persona per esso, sempre, con la stessa intensità, forza, sistematicità e passione, proprio come se fosse la prima volta.

 Balilla Bolognesi    - 29-01-2005


 Sokol Hajrulai 2B Suola Secondaria di Morrovalle    - 04-02-2005
PER RICORDARE…
Morirono molte persone nei campi di concentramento.
Ebrei, zingari, italiani, francesi, mussulmani, cristiani, tedeschi e partigiani sono stati uccisi e trattati come cose o anche peggio. Sei milioni di innocenti hanno sofferto in quei campi di sterminio in cui padroneggiava l’odio e l’orrore.
Ora noi dobbiamo ricordare queste atroci azioni, così che nel futuro non accadano più

Sokol Hajrulai

 Maria Scarpetta 2 A Scuola Secondaria di primo grado Luigi C    - 04-02-2005
…PER NON DIMENTICARE…

In questi giorni in televisione stanno ricordando con film e testimonianze di persone sopravvissute, le persecuzioni degli Ebrei.
Guardando quei filmati sembra quasi impossibile che degli uomini possano aver fatto tanto male ad altre persone come loro addossando loro una colpa assurda e inesistente: quella di essere Ebrei. Ogni volta mi commuovo a vedere quelle immagini,esse mi toccano profondamente e mi fanno tanto male dentro.
Poi penso che queste cose NON DEBBANO SUCCEDERE MAI PIU’ !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Maria Scarpetta cl.2aA



 Irene Ruffini 2 B scuola secondaria di primo grado Luigi Can    - 04-02-2005
Quella strage ha segnato con un inchiostro indelebile la storia dell’umanità.
Ma quest’inchiostro potrebbe pian piano scomparire e non è giusto che venga dimenticato l’orrore di quei giorni nei campi di concentramento, dove erano rinchiuse persone che di male nella vita non hanno fatto niente.
Irene Ruffini. 2a B

 Maicol sommi 2° b scuola secondaria    - 04-02-2005
PENSIERI
DI
ADRIANO DE ANGELIS


Mi dispiace molto per quelle persone che sono morte nei lager nazisti, pregherò sempre per loro cercando di mantenere vivo il loro ricordo in uno e nelle generazioni future perché questo non si ripeta.
Maicol Sommi
Classe 2° c





 Maria Chiara Verdnelli 2° B Scuola secondaria di morrovalle    - 04-02-2005
PENSIERI
DI
JACOPO APOLLONI


Ricordare per non dimenticare. Posso solo dire questo, non posso e non voglio dire altro su quella tragica vicenda che infangò tutta l’umanità.
Non bisogna dimenticare delle persone che sono state vittime dei massacri ingiusti da parte dei loro simili i quali lasciarono una ferita nel cuore del mondo, e questa ferita non dovrà mai rimarginarsi.

Maria Chiara Verdenelli 2°B


 Michele Tullio 2°B scuola secondaria di primo grado    - 04-02-2005
Non bisogna dimenticare ciò che successe ad Auschwitz , dove 6 milioni di persone persero la vita.
Non va dimenticato questo grosso sterminio perché così ci sarebbe il pericolo di ripetere quell’ immenso errore che portò solamente a un enorme dolore.
Michele Tullio 2^B

 Aliosky Gunaj 2°B scuola secondaria di primo grado    - 04-02-2005
Sono morte tante persone nell’olocausto.Ci dispiace tanto per loro che sono morti ingiustamente.
Noi preghiamo per loro e vogliamo la pace per il resto della nostra vita e per tutti i popoli della terra.
Aliosky Gunaj 2aB

 GAIA CASTIGNANI 2b SCUOLA secondaria di primo grado    - 04-02-2005
Tutto ciò che penso è che sia stata una cosa ingiusta e per questo dico: speriamo che tutto ciò non succeda a noi e agli Ebrei che sono oggi come noi bambini.
GAIA CASTIGNANI 2b







 Leonardo Carinelli 2B Scuola Secondaria di Primo Grado L. Ca    - 04-02-2005
L’OLOCAUSTO
Ricordare l’olocausto e la liberazione dei milioni di deportati dal campo di concentramento di Auschwitz ad Opera dell’Armata Rossa il 27 Gennaio 1945 è una cosa giustissima perché in quel luogo sono morte migliaia di persone tra ebrei, andicappati, inglesi e italiani. Questa commemorazione impedirà che un orrore del genere non si verifichi mai più. Ripetere questa cerimonia ogni anno serve a ricordare questo eccidio e a perpetrarne la memoria
alle generazioni future.
LEONARDO CARINELLI 2B Scuola Secondaria di Primo Grado L. Canale Morrovalle MC


 Loris Mattiacci cl. 2°b scuola media di Morrovalle (MC)    - 04-02-2005
PER RICORDARE I 6.000.000 DI PERSONE MORTE A AUSCHWITZ

Io molte volte ho pensato alle persone morte a Auschwitz bruciate, messe dentro camere a gas e fatte lavorare come se fossero oggetti senza un minimo di valore.
In televisione ho visto molte volte i sopravvissuti intervistati, molti dicevano che volevano essere bombardati piuttosto che rimanere lì e essere portati nei campi di concentramento, altri sono ancora rimasti scioccati a vedere quei morti.
Se nel futuro non pensiamo a quello che è successo la storia si può ripetere.
Solo pensando al passato ci si può preparare a un futuro di pace.

 Scritto dall'alunno Jacopo Apolloni della scuola media di M    - 04-02-2005
La pace non è essenza di guerra: è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione
alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia.

Baruch Spinoza


 Mattia Spernanzoni classe 2^b Scuola Secondaria di Primo gra    - 04-02-2005
Per non dimenticare…
Durante la seconda guerra mondiale a Auschwiz , nel campo di concentramento vennero uccisi 6.000.000 di persone tra cui 1.500.000 di bambini, una vera e propria strage; speriamo che questi avvenimenti non verificano mai più , perché non si potrebbe permettere ancora orrore simile.
Da queste storie noi giovani dobbiamo trarne l’ insegnamenti per costruire giorno dopo giorno la pace.



 inviato da Husni Zafar classe 2°c scuola secondaria di primo    - 04-02-2005
PENSIERI PER LA PACE



Il recente progresso nella scienza applicata alla costruzione dagli armamenti è stato un progresso nello sviluppo delle armi che distruggeranno più indiscriminamente a più grandi distanze.
Potenti esplosioni e bombe incendiare, il bombardiere pesante e l’ aeroplano a propulsione , il razzo e da ultimo il proiettile atomico - tutti questi mezzi presi insieme costituiscono una potente tentazione da ingnorare le tradizionali regole di guerra e a cancellare completamente interne popolazioni civili e le loro abitazioni.
A questa tentazione tutti i belligeranti nella seconda guerra mondiale cedettero. E fino a che i governi e cerca nella scienza e nella tecnica degli armamenti, queste tentazione rimarranno attirando irresistibilmente i fautori del potere nazionalista,proprio come il bere , il sesso e il danaro attirano coloro che vi sono dediti.


Aldous Huxley

 Inviato da Jacopo Apolloni Scuola secondaria di Morrovalle    - 04-02-2005
Guerra vuol dire pazzia collettiva, mortificazione della verità, soppressione dell’arte, sviamento delle riforme, delle rivoluzioni e dell’opera delle forze sociali.


John Reed

 inviato da ADRIANO DE ANGELIS di scuola secondaria Luigi Can    - 04-02-2005
VARSAVIA 1939

Noi non crediamo più alle vostre parole.
Né a quelle che ci furono care una volta.
Il nostro cuore l’ han bevuto le baionette.

Noi non crediamo più ai dolori alle gioie
Ch’ eran solo nostre ed erano sterili
La nostra vita è in mano dei fratelli
E la speranza in chi possiamo amare.

Noi non crediamo più agli dèi lontani
Né agli idoli e agli spettri che ci abitano
La nostra fede è la croce sulla terra
Dov’ è crocefisso il figliuolo dell’ uomo.
FRANCO FORTINI

 inviato da Loris Mattiacci cl. 2°B di Morrovalle (MC)    - 04-02-2005
Ogni guerra, anche la più mite, con tutte le consuete consegueze, la distruzione, le rivolte, i saccheggi, le rapine, gli stravizi, le uccisioni, con le scuse delle necessità e della legittimità, con l’esaltazione delle gesta militari, con l’amor della bandiera e della patria, con le finte premure pei feriti, perverte in un sol anno più gente che non migliaia di saccheggi, d’incendi, di omicidi commessi durante un secolo da persone isolate spinte dalle passioni.

Lev Tolstoj

 Inviato da Sokol Hajrulai 2^B Scuola Secondaria di Primo gra    - 04-02-2005
Potremmo dire che sulla parola “pace” non c’è pace, perché lungo i secoli della storia e ancor oggi essa viene intesa in maniere molto diverse, spesso restrittive. L’antichità classica considerava la pace semplicemente come una tregua tra due guerre, costituendo le guerre una condizione quasi permanente dell’umanità. Oppure si può pensare a una pace imposta con la forza delle armi, con la conquista, come avveniva al tempo dei romani. Nella versione più moderna, c’è la pace sicurezza, che è il risultato dell’equilibrio del terrore, delle forze che potrebbero annientarci e che, quindi, potenzialmente si elidono.
Nei suoi significati più profondi, la pace significa armonia: armonia dell’uomo con Dio, dell’uomo con il suo prossimo e dell’uomo con la terra. Questa è la visione biblica armonica dei primi capitoli del libro della Genesi. E, ancora, c’è la pace-comunione: comunione profonda di amore di Dio con l’uomo e degli uomini tra loro, che è la pace portata da Gesù.
La pace dunque è composta da tanti elementi, ha il suo culmine nella pace-comunione e tuttavia non trascura le altre realtà e le altre situazioni terrene. Proprio per questo, è necessario continuamente ripensarla, riproporla nei termini attuali, affinché non sia una semplice astrazione, una semplice ideologia.

Carlo Maria Martini

 Inviato da Berrettoni Mirco 2^C Scuola Secondaria di primo g    - 04-02-2005
Ora che ho visto cos’è la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: “E dei caduti che facciamo? Perché sono morti?”. Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno.
Né mi pare che gli alti lo sappiano. Forse lo sanno i morti, soltanto loro la guerra è finita davvero.





Cesare Pavese

 Inviato da RICCARDO RUANI    - 11-02-2005
I CONFLITTI ETNICI NEI BALCANI
LA FINE DELL’ EQUILIBRIO BIPOLARE

LA SCOMPARSA DEL MURO DI BERLINO (1989) ha segnato la fine del più lungo periodo di stabilità e di pace dei Balcani: sembrano lontani gli anni della guerra fredda, della contrapposizione netta politica e militare, fra i paesi alleati agli Stati Uniti e il blocco dei paesi comunisti, della corsa agli armamenti, e dell’uso di tecnologie di guerra sempre più sofisticate, nonostante i molti trattati sul disarmo e i molti discorsi sulla coesistenza pacifica. Sembrano lontane anche le illusioni di un mondo pacificato, capace di dirimere i confitti tra gli Stati senza l’ uso delle armi. Esaurito l’equilibrio bipolare le contraddizioni sono infatti esplose, disegnando un quadro instabile contraddistinto da conflittualità locali e regionali.La ex Jugoslavia, la Somalia, il Ruanda,il Burundi, la Cecenia, le repubbliche asiatiche dell’ ex Unione Sovietica, il Mozambico, l’ Iraq sono infatti diventati altrettanti teatri di guerra. Con la guerra jugoslava i conflitti etnici nei Balcani si sono riaperti. Quasi tutte le frontiere, diventate balcaniche, sono frontiere di tensione. Questa situazione è il risultato della presenza di rivendicazioni territoriali più o meno aperte. Un esercito di profughi è la conseguenza dei conflitti etnici che hanno tragicamente caratterizzato la storia degli ultimi anni. Nella ex Jugoslavia, 2.000.000 di bosniaci sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Di questi, 1.300.000 sono profughi in Europa o in America. Secondo i dati dell’ UNICEF in Bosnia, il 62% dei bambini è stato separato dai genitori, l’85% ha perso la casa. Tutti questi problemi hanno radici profonde e minacciano di turbare la pace in futuro.

 Inviato da Tullio Michele    - 11-02-2005
Il fatto di Auschwitz ha provocato una profonda ferita nel cuore di tutti gli uomini, quelle povere vittime sono segno del dispregio umano di fronte a chi è diverso da noi; ebrei, testimoni di Geova e tutti i diversi
Speriamo che in futuro non accada più un fatto del genere e che scompaia la guerra, la discriminazione e che nel mondo regni la pace e l’uguaglianza.
Dio ci ha creato tutti uguali e se qualcuno è diverso deve essere aiutato e non offeso o ucciso.
Mariani Christian e Lorenzo Giosuè 2aB della scuola secondaria di primo grado “Luigi Canale” di Morrovalle


 Inviato da Tullio Michele    - 11-02-2005

La pulizia etnica

Le espressioni “pulizia etnica” e “purificazione etnica” si sono fatte conoscere in tutto il mondo per la guerra in Bosnia, nel 1992.L’una e l’altra sono traduzioni del serbo-croato etničko scènjie, la prima in senso letterale, la seconda in senso figurato.Tali espressioni costituiscono un modo comodo, ma forse inesatto (perché il criterio di discriminazione non è sempre quello etnico), per designare un insieme di pratiche miranti all’omogeneizzazione nazionale forzata, attraverso la eliminazione degli indesiderabili (che vengono espulsi o massacrati).Nei Balcani, dove coabitano una decina di etnie che si sono affermate in modo conflittuale nel corso dei due ultimi secoli, le aree di popolamento omogeneo sono talvolta il risultato di processi simili attuati in passato.
Lo studio di queste pratiche richiede la definizione del contesto, dei responsabili, delle vittime, delle tecniche e delle giustificazioni ideologiche.La difficoltà deriva dal fatto che essa suscita, raramente si presenta come tale.Spesso il fenomeno avanza in modo coperto e le espulsioni vengono presentate come semplici migrazioni.inoltre accade anche che l’accusa di pulizia etnica venga lanciata in modo tendenzioso, quando magari non esiste migrazione significativa, o quando la migrazione ha altre cause.Il contesto della pulizia etnica è lo stato-nazione che cerca di omogeneizzare la propria popolazione secondo un modello linguistico e culturale, anziché secondo la categoria della cittadinanza, ed espelle i gruppi ritenuti irriducibilmente estranei. Esso accampa giustificazioni, fondate o speciose, di origine strategico (questi gruppi si ribellano, fanno il gioco di uno stato ostile, vogliono la secessione), demografico (sono troppo “prolifici” e “invadenti”) o storico (il loro arrivo è “recente”, ”illegittimo” o “macchiato da massacri”), volgendole a sostegno del proprio piano di consolidamento del potere. L’alternativa è l’assimilazione, giudicata possibile per i gruppi dalla debole identità nazionale, poco numerosi o dispersi.
(da Georges Prévélakis, I Balcani, Bologna, Il Mulino, 1994)

 Inviato da : Mirco Berrettoni    - 11-02-2005
Ricordando………

Nei campi di concentramento della Polonia in particolare quello d’Auschwitz c’erano morti ovunque, i lamenti dei fanciulli gli urli delle madri che andavano incontro ai loro figli, legati ai pali dell’alta tenzione. Delle case non è rimasto più niente solo qualche pezzo di muro dove c’era scritto Vogliamo che tutto questo finisca .




Ciarpella Gessica 2a B

 RICCARDO RUANI    - 11-02-2005
IO ho visto dei film sulla seconda guerra e sullo sterminio dei poveri ragazzi e bambini piccoli che non c'entravano niente. Quando ho visto questo mi è dispiaciuto tanto.

 Inviato da Mirabelli Maria Cristina classe 2D Scuola Seconda    - 18-02-2005
I soldati che, 60 anni fa, forzarono l’ingresso del cancello nel campo di concentramento ad Auschwitz, trovarono i magazzini pieni di scarpe, di occhiali e di tonnellate di capelli.
Oltre agli ebrei, anche polacchi, russi e zingari finirono in fumo sparso su quegli ettari di piatti.

Per chi crede nell’esistenza dell’anima, l’aria sopra quei campi fu il più vasto portone ai cieli, passaggio per oltre un milione di anime.


LUCIANI LORENZO 2aD

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO LUIGI CANALE


 MIRABELLI CRISTINA CLASSE 2D SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO    - 18-02-2005
UN GIORNO DA NON DIMENTICARE



OLOCAUSTO: sinceramente fino a poco tempo fa non sapevo dell’importanza, del forte significato che ha questa parola.27 gennaio, un giorno qualunque per ogni ragazzo della nostra scuola, un giorno come tutti gli altri che non ci dice niente di nuovo. Avrei tante cose da giudicare dell’amministrazione della nostra nazione, ma sono letteralmente fiera del fatto che si ricordi quel giorno, tutti quei massacri di donne, uomini, bambini e anziani: uomini normali, se non fosse per quel differenziamento che a quei giorni era così importante, che divideva le etnie solo per la “razza”.
Mi sembra una cosa concretamente vergognosa dividere le persone per la religione, per la provenienza, per la propria classe sociale. E’ come paragonare gli uomini a degli animali, dei cani che, asseconda della razza, vengono divisi e sterminati nei modi più atroci, più strani, più umilianti che si possano trovare. Come già detto prima sono fiera che gli italiani riconoscano quel giorno come uno indimenticabile, nazionale come se quello sterminio sia successo alla nostra patria; però mi dispiace dire che tutto questo dolore non venga manifestato dai giovani. Ho solo due domande da farmi:
-Cose del genere potranno accadere anche in futuro?
-Tutte quelle vite spezzate in passato saranno servite a qualcosa? E per il futuro?

Mirabelli Maria Cristina 2aD

 INVIATO DA M. CRISTINA MIRABELLI CLASSE 2D SCUOLA SECONDARIA    - 18-02-2005
Zlata Filipovic’


IO ERO A SERAJEVO


Riportiamo alcune pagine del diario di Zatla: le sue parole,che esprimono l’incomprensione per l’ingiustizia di un brutale conflitto,continuano ad essere di attesa e di speranza,la testimonianza delle atroci sofferenze di un popolo che anela solo alla pace.

Sabato 10 luglio 1993
Cara Mimmy,
adesso non ho più nemmeno Nedo. A poco a poco se ne vanno tutti, mentre io resto qui. Dio, Mimmy, riuscirò mai ad andarmene da questo inferno?Ne ho fin sopra i capelli. La partenza di Nedo mi ha fatto riflettere sul fatto che tutti i miei amici se ne sono andati..

Sono seduta in camera mia. Cici è con me. E’ acciambellata sulla poltrona e dorme. Io, invece, sto leggendo le mie lettere. Le lettere che ho ricevuto dai miei amici. Le leggo, ed è come se i miei amici fossero qui con me.

“Sai, mi manchi molto, ma spero che ci rivedremo presto. Mi sto lentamente abituando alla nuova vita. Stammi bene, Zatla, e sii buona con i tuoi genitori.

Ti abbraccio, Matej”

“Cara Fipa, ti penso spesso e mi chiedo come tu stia, come stia vivendo. Mi manchi molto, mi manca tutta Sarajevo, la più bella città dove il cuore del mondo viene arso dal fuoco, senza però estinguersi.
Lo so che stai passando dei momenti difficili. Tutto quello che ti posso dire è che ti voglio bene e che mi manchi. Tanti, tanti baci dalla tua Martina e da tutti gli altri profughi che hanno nostalgia di casa!”

“Ho sentito due delle canzoni del dott. Alban: It’s my life e Sing Alleluia. Non so se siate riusciti ad ascoltarle anche voi. Maja oggi ha pensato di registrarvi una cassetta con i successi di Mick Jagger, Michael Jackson, Bon Jovi. Niente di nuovo dal mondo della moda. Oh, Fipa, quanto avrei voglia di chiacchierare con te!

Con affetto, la tua Bojana.”

L’AUTRICE
Zlata Filipovic’ è nata a Sarajevo nel 1980. Il suo diario ha raccontato la vita a Sarajevo in tempo di guerra come nessun reportage avrebbe mai potuto fare.
Dopo la fine della guerra il diario di Zatla è stato dato alle stampe, ricevendo enormi apprezzamenti dalla critica, come anche dall’UNICEF. Zlata ha poi studiato a Parigi e a Dublino. L’università di Oxford le ha conferito un titolo accademico.

IL LIBRO
Diario di Zlata –Zlata è una ragazzina di undici anni quando Sarajevo è venuta a trovarsi al centro della crisi balcanica che ha visto la frantumazione della Iugoslavia e la proclamazione dell’indipendenza di alcuni Stati (Slovenia, Croazia, Bosnia, Macedonia). La guerra, che ha portato all’assedio di Sarajevo, è nata dal conflitto tra Serbi (ortodossi), Croati (cattolici) e Bosniaci (musulmani), per il controllo e la supremazia sui territori. Zlata, come tante sue coetanee, tiene un diario, dove registra tutti gli eventi della vita quotidiana: gli studi, la scuola di musica, l’ammirazione per i cantanti.
Allo scoppio della guerra, i valori positivi e le certezze crollano: ora dominano l’odio cieco, la paura, la disperazione. Zlata continua a scrivere il suo diario rivolgendosi-così come prima di lei aveva fatto Anne Frank-ad un’amica immaginaria di nome Mimmy, a cui confida le sue paure e le sue angosce: le notti passate in cantina, l’esplodere delle granate, le raffiche dei cecchini, le case bruciate, gli amici uccisi.

(Milano, Rizzoli, 1994)










 INVIATO DA DICHIARA CRISTINA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRAD    - 18-02-2005
Olocausto:

Sono morti tanti milioni di bambini, ma speriamo che le loro vite spezzate siano servite a rendere migliore il mondo; un detto ebraico dice: “Chi salva una persona, salva il modo intero”.
Francesca Fermanelli 2aD
Scuola Secondaria di primo Grado luigi Canale

 INVIATO DA M. CRISTINA MIRABELLI CLASSE 2D SCUOLA SECONDARIA    - 18-02-2005
L’olocausto è stata la più grande, la più assurda tragedia che l’umanità possa ricordare, è assurdo il modo in cui furono uccisi tutti quei poveri ebrei, senza ave fatto nulla di male, soprattutto assolutamente innocenti, ingnari di tutto ciò che li aspettava.
Io spero che mai più si ripeta un simile orrore.

GIADA RUGGERI 2aD


 SCRITTA DA ADRIANO DE ANGELIS SCUOLA SECONDARIA DI MORROVALL    - 18-02-2005
La vita è preziosa e non và buttata per divertimento. Dobbiamo cercare di evitare guerre e sofferenze, soprattutto quello che accadde nella seconda guerra mondiale, molte persone morirono perché erano ebrei.ma non si devono guardare le diversità di ogni persona, ma le cose che le uguaglianze.la vita è da vivere.

 Inviato da Dichiara Cristina Scuola Secondaria di primo Grad    - 18-02-2005
Olocausto

In un giorno così triste, rimango sconcertata da ciò che degli esseri umani sono riusciti a fare a dei loro simili, solo per manie razziali e differenze etniche, culturali e religiose. A circa sessanta anni da quello sterminio, la popolazione della terra dedica a quegli uomini un giorno speciale, anche se tutti sanno di non poter riportare in vita quelle povere vittime di menti malate, che riversarono il loro odio su una “razza” ritenuta colpevole di un crimine da lei non commesso.
Spero solo che questo fatto sia di lezione a coloro che verranno in futuro.
Cristina Dichiara 2aD


Scuola Secondaria di primo Grado Luigi Canale

 Inviato da Mattiacci Loris scuola secondaria di 1° grado    - 18-02-2005
LE PAROLE DELLA STORIA
NAZIONALISMO

Concetto strettamente legato a quello di nazione; i due termini risalgono infatti al Settecento (lo scopo del principio nazionalista, secondo j.j. Rousseau, doveva essere quello di affidare al popolo, e non più al principe, la gestione dello Stato). Nel corso dell’Ottocento, poi, si vennero definendo due diverse concezioni di nazionalismo: una, più generale, che lo poneva come dottrina a sostegno dell’autodeterminazione e dello sviluppo di una nazione (G. Mazzini, ad esempio, lo concepì nella prospettiva della formazione di Stati nazionali all’interno di un più esteso movimento di solidarietà tra i popoli europei e del mondo); l’altra, più ristretta, nata alla fine del XIX secolo quando la rivalità tra le grandi potenze europee cominciarono a diventare sempre più aspre, legava al nazionalismo l’espressione della superiorità di una nazione rispetto ad un’altra. In questa seconda accezione, il nazionalismo privilegia la politica estera cercando di comporre su base corporativa i conflitti sociali interni, subordinandoli agli interessi superiori della nazione. Viene esaltato il ruolo dello Stato, ritenuto l’unico, autentico interprete della volontà nazionale. E’ naturale che questa concezione porti ad esaltare l’autoritarismo e i valori dell’ordine, della disciplina e dell’obbedienza, ponendosi in aperta critica contro i principi democratici ritenuti causa di indebolimento della società (e non a caso, dopo la Prima guerra mondiale, il nazionalismo confluì in Italia nel fascismo).




 Inviato da Cristina Dichiara Scuola Secondaria di primo Grad    - 18-02-2005
E’ oggi, per me incomprensibile, credere che, in quel momento della storia, il comportamento dell’uomo abbia raggiunto tanta ferocia e crudeltà.
Ludovica Petroselli 2aD


 Inviato da Dichiara Cristina Scuola Secondaria di primo Grad    - 18-02-2005
Le parole della Storia

Antisemitismo
Posizione ideologica ostile, su basi razziali, nei confronti del popolo ebraico. Al 70 a.C., anno della distruzione del tempio di Gerusalemme da parte dell’imperatore romano Tito, si fa risalire per gli ebrei la diaspora, ossia la loro dispersione in tutto il mondo, già in atto comunque assai prima di questa data. Essi si stanziarono in comunità che non furono mai ben viste dai paesi ospitati: venivano infatti considerati un popolo diverso, da evitare forse a causa del particolare stile di vita religioso e culturale che li caratterizzava e che li spingeva a rifiutare l’integrazione nelle realtà in cui si erano inseriti.
L’antisemitismo percorre l’intera storia dell’umanità, ma si è rivelato particolarmente acuto in Europa alla fine dell’Ottocento, quando venne sfruttato come valvola di sfogo per le tensioni sociali verificatesi in seguito alle gravi crisi economiche. In Germania e in Austria nacquero i primi partiti che avevano nei propri programmi un aperto antisemitismo, mentre nella Russia zarista si verificavano eccidi razziali (detti pogrom).
Le teorie antisemite dilagarono poi con la crisi di valori seguita alla prima guerra mondiale e culminarono nella Germania hitleriana (le Leggi di Norimberga furono emanate nel 1935), dove, tra il 1939 e il 1944, sfociò nello sterminio pianificato (soluzione finale, in ebraico shoah [=sterminio]) degli ebrei residenti nei territori occupati dai tedeschi. Si calcola che in tutto il periodo della guerra furono uccisi quasi sei milioni di ebrei. Dopo la fine della guerra e la costruzione dello stato di Israele, l’antisemitismo passò in secondo piano, anche se rigurgiti di intolleranza nei confronti degli ebrei (ma anche di altri appartenenti a razze e religioni diverse) hanno continuato a manifestarsi, come recentemente testimoniato dal fenomeno dei “Naziskin” (neonazisti) e degli “Skinhead” (teste rasate).

Diaspora
Dal greco diaspéirein = “seminare (spéirein) qua e là (dia)”. Il termine viene usato per indicare la dispersione di un popolo fuori dalla propria terra d’origine, per cause di natura politica, religiosa o economica; viene riferito in particolare alla dispersione del popolo ebraico verificatasi dall’esilio babilonese in poi e soprattutto dopo la conquista di Gerusalemme da parte dell’imperatore romano Tito (70 d.C.)

Genocidio
Parola, composta da geno- (dal latino genu[s], dal greco génos = “stirpe”) e –cidio (dal latino cidiu[m] = “uccisione).
Il termine venne coniato dall’americano Lemkin nel 1946 durante il processo di Norimberga contro i crimini del Nazismo. Genocidio indica quindi la distruzione sistematica di un gruppo etnico o religioso mediante il massacro degli individui, la dispersione delle famiglie e della comunità. Per indicare l’eliminazione degli ebrei nei campi di concentramento (lager) durante il periodo nazista, si usa il termine olocausto.

Lager
Voce tedesca per indicare i campi di concentramento per prigionieri di guerra e detenuti politici, nella Germania hitleriana. Nel 1941, in seguito alla decisione nazista di attuare la “soluzione finale” nei confronti degli ebrei, i campi di concentramento furono trasformati in campi di sterminio. Tristemente noti quelli di Auschwitz, Treblinka e Majdanek (in Polonia), Dachau e Buchenwald (in Germania), Mauthausen (in Austria), nei quali, sistematicamente a partire dal 1942, vennero eseguite in massa di ebrei nelle camere a gas. In Italia i campi di concentramento erano situati a Borgo San Delmezzo (Cuneo), Fossoli (Modena), Gries (Bolzano), San Sabba (Trieste), utilizzati soprattutto come campi di raccolta e di transito per la deportazione degli Ebrei in altri lager della Germania.

Olocausto
Dal latino holocaustu(m), dal greco holòkauston (=”bruciato tutto intero”). Nell’antico rituale ebraico, l’animale sacro offerto al dio doveva essere completamente consumato dal fuoco, e prendeva per questo il nome di olocausto; il termine è passato pertanto ad indicare il sacrificio totale della vita cui furono sottoposti gli ebrei nei campi di concentramento.