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Stella di David e saluto fascista
l'Unità - 14-01-2005
Cominciamo con un breve ripasso della storia. Chi faceva il saluto romano, come Di Canio allo stadio di Roma? I fascisti. Li ricordiamo per molte ragioni. Eccone alcune: l’uccisione di Matteotti, la morte in prigione di Gramsci, il delitto dei fratelli Rosselli, le leggi razziali, la caccia agli oppositori politici, ai partigiani, le impiccagioni per le strade, la collaborazione fervida per completare la deportazione ad Auschwitz e lo sterminio di tutti gli ebrei arrestati in Italia. Chi ha cominciato a usare come simbolo la stella di Davide?

I sopravvissuti di Auschwitz, gli scampati ai campi di sterminio, le carrette del mare cariche di profughi che andavano a cercare, nella terra che stava per diventare Israele, la vita che in Europa si era cercato di estirpare. Con la volonterosa collaborazione dei fascisti. Torniamo ai giorni nostri e vediamo che cosa accade, oggi, qui, in Italia, in Europa. Ecco la lista degli eventi.

  1. Il calciatore Di Canio fa il saluto fascista rivolto agli spalti dello stadio Olimpico. Gli spalti ringraziano. L’opinione pubblica si mostra comprensiva. Uno sportivo, un ragazzo vivace.
  2. Nel “Processo” di Biscardi, il popolarissimo programma Tv, Bruno Vespa afferma che il saluto romano di Di Canio a Roma non è più offensivo del saluto col pugno chiuso di Lucarelli a Livorno. Gli astanti approvano, dimenticando che il saluto romano, come tutto il fascismo, è vietato dalla legge che - dai tempi in cui si sono aperti i cancelli di Auschwitz - non fa distinzione fra brigate nere, calciatori e naziskin. È (o almeno era) una legge per cancellare, per dimenticare, per non offendere i sopravvissuti.
  3. Negli stessi giorni del gesto del nostro Di Canio, in Olanda si decide di chiedere un favore ai giocatori e ai tifosi dell’Ajax, popolare squadra di calcio di quel Paese. Bisogna sapere che c’è sempre stato un legame fra quella squadra e la stella di Davide (a volte cucita sulle magliette) a causa dei ricordi delle deportazioni naziste e del lungo vivere insieme di alcuni calciatori nel quartiere ebraico di Amsterdam. Adesso i dirigenti dell’Ajax hanno rispettosamente fatto notare ai giocatori e ai tifosi che quella loro mania della stella di Davide e delle bandiere ebraiche sventolate durante le partite, irrita molte tifoserie avverse. Perché scatenare violenze quando è così facile scucire la stella? «Se evitiamo di scatenare i tifosi di destra facciamo un favore anche agli ebrei, che restano fuori dalle polemiche» hanno detto. «E poi» ha osservato, secondo lui con buon senso, il presidente dell’Ajax «noi non siamo ebrei. Che c’entriamo?» Ha dimenticato che l’argomento era già stato usato anche ai tempi delle deportazioni da molte persone per bene che non volevano essere coinvolte.

    Però quell’argomento ci offre uno spunto. Perché all’Olimpico - o almeno nello studio di Biscardi - nessuno si è alzato a dire «Senta un po’ io quel saluto non lo voglio. Io non sono fascista». C’è ancora tempo per dirlo, da Biscardi, allo stadio e fuori. Forse porterà a un ripensamento anche i dirigenti dell’Ajax.
    La storia comincia dai simboli. Ritirare la stella di Davide (cioè dei perseguitati) ed esibire, fra la benevola comprensione di tutti, il saluto fascista (cioè dei persecutori), porta male all’Europa. Quello di Di Canio forse è soltanto un gesto stupido. Ma tutto il fascismo è iniziato con gesti stupidi. Ed è finito a Salò.

    Furio Colombo

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