Certo, ognuno può intenderla come vuole. Di fatto, che il “
grande vecchio” del nostro giornalismo di sinistra approdi, in tema di laicità, sulle rive che gli furono opposte di un ciellino, ha un preciso valore politico e può fare da specchio al tempo che viviamo. Non è forse questa l’ora di coloro che lamentano il mancato riconoscimento delle radici giudaico-cristiane dell’Europa che nasce morente, eppure si fanno in quattro per dimostrare la legittima appartenenza geografica e storica della Turchia all’aborto che definiscono Europa unita?
Eugenio Scalfari, e con lui - potete giurarci - la sinistra dei neoriformisti e la destra berlusconiana, ha scoperto la fede dei laici e se la prende coi nichilisti, ma si guarda bene - ha gli anni che ha ma non s’è rincretinito - dal nominarne qualcuno. I nichilisti che non hanno nome, sostiene Scalfari, sono il cappio al collo della laicità. Gongolanti, i cristiani fondamentalisti colgono la palla al volo e si sbracano a definire:
ha ragione quel vecchio senza fede folgorato sulla via di Damasco; ha ragione, e ciò che dice faccia infine testo.
Barano, s’intende, si attirano a vicenda in una trappola, consapevoli di mentire, ma che importa? In ballo non c’è, come potresti credere, una verità di fede o la fede in una verità. Tutt’altro. In ballo c’è soltanto la prosaica e desiderata ricerca di una occupazione del centro che consenta di governare il paese secondo principi condivisi, espressi con parole apparentemente diverse. Un trucco, un gioco di prestigio, un contrasto sul nulla.
Il punto sta nell’uso delle parole. Laicità -sostiene il ciellino - vuol dire pensare alla ragione come alla consapevolezza della molteplicità degli elementi che compongono la realtà e utilizzarla nel senso indicato da tutti i sui fattori. Gli è bastato spostare l’ordine di qualche parola o forzarne il senso in una definizione paralogistica ed ecco: il vecchio laico pentito e il catechista liberale concordano. S’ingannano a vicenda, mentono entrambi e lo sanno, non possono non saperlo: la ragione laica è coscienza dell’errore potenziale di ogni verità ed esclude pertanto la fede.
Semplice certo, ma troppo rivoluzionario sia per il vecchio neoriformista (che non sa di che parla se gli chiedi
ma quale riformismo?) che per il cattolico libero pensatore, il quale non può ammettere possibilità d’errore nella sua verità per fede.
Siamo dove siamo per questo: perché una menzogna consapevolmente levata a verità mette insieme il diavolo e l’acqua santa. Più leggo Scalari e le chiacchiere scalfariane dei ciellini e più capisco la filosofia della bicamerale.
Diciamocela tutta allora e facciamola finita con i garbugli in abito vichiano: a furia di giocare con le parole si fa solo confusione. E’ vero, ha ragione il fraticello di Graham Greene quando sostiene che “
è più libero pensiero l’ammettere tutte le possibilità, piuttosto che precludersene qualcuna”. Ma questo vuol dire ammettere la possibilità dell’errore per fede o della fede nell’errore. Questa è la fede laica. Quella che ormai manca a Scalfari - che farebbe meglio a lasciare in pace i nichilisti - e che l’integralismo cattolico non può confessare d’avere, sebbene la contempli, per la sua natura squisitamente nichilista. Quel nichilismo che pure disprezza.