breve di cronaca
Ciampi, unità e Resistenza
L'unità online - 01-01-2005
Il discorso che il presidente Ciampi ha rivolto per il nuovo anno agli italiani, è stato quanto di più lontano si possa immaginare da un atto rituale.
Anche se gli italiani più attenti avranno notato che quest’anno sulla scrivania del presidente, accanto alla Costituzione repubblicana, c’erano un busto di Giuseppe Mazzini e un’edizione dei suoi «Scritti Scelti» a cura di Luigi Salvatorelli, apparsi nel 1946, le parole che hanno composto il suo discorso sono apparse particolarmente attuali e legate ai problemi che in questo momento preoccupano non soltanto noi italiani ma anche gli europei e gli occidentali, il mondo intero.

Ciampi ha cercato di interpretare l’immane disastro che è in corso e non ancora dispiegato le sue terribili conseguenze riguardo al numero delle vittime che ormai si avvicinano alle molte centinaia di migliaia e alla presenza tra di esse di migliaia di occidentali, europei e italiani, come il richiamo necessario e urgente per l’umanità intera a un mutamento radicale della politica nel senso di una difesa effettiva dell’ambiente, pur con tutti i necessari sacrifici anche economici che una simile direzione comporta.

Il presidente è apparso più che mai consapevole dell’importanza di una politica europea e italiana che parta dalla centralità della competizione pacifica tra i popoli e gli Stati ma che, nello stesso tempo, comporti una più profonda solidarietà dei paesi ricchi e industrializzati rispetto a continenti come l’Asia e l’Africa ancora in parte caratterizzati dalla miseria, dalla fame e dalle malattie, come l’Aids, che uccidono ogni giorno migliaia di esseri umani. Da questo punto di vista, la politica dei paesi ricchi nei confronti dell’immigrazione non può che essere coerente con questa visione e tradursi in uno sforzo continuo di accoglienza e di solidarietà per chi viene a lavorare nel nostro o in altri paesi.

Già su questi primi due aspetti più generali del discorso presidenziale è chiara la delineazione di una politica che non trova nessun riscontro nella linea dell’attuale governo Berlusconi che, rispetto all’ambiente, ha imboccato tre anni fa una direzione a dir poco indifferente verso il problema ma più spesso contraria alle esigenze di una minima difesa e del patrimonio naturale e artistico nazionale, rispetto ai quali la concessione di un condono edilizio che non ha mai fine, aggrava una situazione fortemente compromessa.

Ma il contrasto fra le parole di Ciampi e la concreta politica della maggioranza di centrodestra e del suo leader massimo Berlusconi emerge con ancora maggiore evidenza nella parte centrale del discorso presidenziale che si occupa dei problemi italiani.
Il capo dello Stato ha ricordato con forza che se l’unità e l’indipendenza si devono a uomini come Mazzini che hanno sacrificato tutta la loro vita a quella causa, la nostra storia recente ha avuto inizio con la lotta di Liberazione e da essa sono venuti quegli ideali di democrazia e di libertà che hanno caratterizzato i primi sessant’anni dell’Italia repubblicana. È grazie a essi che il nostro paese è progredito negli scorsi decenni fino a diventare uno dei paesi più avanzati dell’Occidente.

Oggi l’Italia è di fronte a problemi gravi sul piano dei cambiamenti costituzionali e Ciampi ha sottolineato ancora una volta l’opportunità di soluzioni concordate tra le forze politiche di governo e di opposizione piuttosto che l’espressione di una dittatura di maggioranza contraria alla lettera e allo spirito della Costituzione repubblicana.
Ma c’è anche la necessità di affrontare e risolvere i problemi che derivano per tanti italiani da un’innegabile crisi economica che si trascina ormai da alcuni anni e che comporta per centinaia di migliaia di famiglie italiane crescenti difficoltà di arrivare alla fine di ogni mese.

Di fronte al trionfalismo vuoto e retorico degli ultimi proclami di Berlusconi il richiamo di Ciampi dovrebbe suonare come un meditato campanello d’allarme se fossimo di fronte a un governo e a una maggioranza capaci di ascoltare, se non l’opposizione, almeno i maggiori organi costituzionali. Purtroppo così non è e ci pare già di sentire le frasi di disprezzo e di indifferenza dei soliti portavoce del presidente del Consiglio.

Al di là, comunque, delle singole parti del discorso su cui varrà la pena di riflettere ancora tanto denso e meditato ci è parso questa volta il messaggio presidenziale, vale la pena sottolineare due aspetti che non risuonano ormai più in tutte le occasioni ufficiali del nostro paese e che, al contrario, rappresentano a mio avviso, l’unica base possibile di convivenza serena.

Il primo è costituito dal binomio Resistenza-Costituzione come quello fondamentale da cui partire per far valere la nostra concezione democratica. Non si può parlare in astratto di libertà e di democrazia se non si fa riferimento agli avvenimenti storici in cui gli italiani seppero combattere e morire per farli vincere e affermare nella realtà.
Il richiamo di Ciampi alla primavera di sessant’anni fa come il momento del ricordo dei perseguitati, dei deportati e dei caduti della Resistenza e della speranza di un’Italia finalmente democratica e libera, appare particolarmente significativo rispetto all’offensiva revisionista che ha ormai la sua massima sede nel governo e nella televisione di Stato e che vuol cancellare per sempre il senso di quell’esperienza e della Costituzione che fu uno dei suoi frutti maggiori.

Il secondo aspetto è il riferimento costante all’importanza della pace, del precetto cristiano di «non uccidere» e della necessità di affrontare perciò le controversie internazionali tramite le organizzazioni internazionali piuttosto che con la politica unilaterale o addirittura con la teoria della guerra preventiva finora mai smentita dal presidente Bush e dai suoi più ortodossi alleati da Berlusconi a Blair.

Credo quindi in questo senso che si possa dire che Ciampi ha rappresentato una volta di più la volontà della grande maggioranza degli italiani. Peccato che l’attuale governo sia lontano mille miglia da questi ragionamenti.

Nicola Tranfaglia
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 ilaria ricciotti    - 02-01-2005
E' più di una volta che il Presidente della Repubblica invita all'unità.
I suoi discorsi di fatto tuttavia pare che non li ascolti nessuno. Ogni giorno infatti un pezzetto di Costituzione va in malora, a dispetto dei nostri padri che l'hanno voluta, sacrificando la propria vita.
Inoltre l'esistenza, da tempo dichiarata, della "padania" e dei suoi rappresentanti è legittima?
Che regione è mai questa?
Possono considerarsi italiani i suoi sostenitori ed i suoi rappresentanti?
Io penso proprio di no.
E voi?

 Gianni Mereghetti    - 02-01-2005
Il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha concluso il suo messaggio di fine anno rivolgendosi ai giovani e li ha sollecitati a diventare artefici del loro destino. Come un buon padre di famiglia o un insegnante scrupoloso li ha chiamati ad impegnarsi nello studio e nelle attività a loro più congeniali. Quanto ha affermato Ciampi è giusto e ragionevole, ma non basta: del resto è forse sufficiente che un padre dica a suo figlio “devi essere migliore” o che un insegnante dica ai suoi studenti “dovete studiare di più”? La realtà insegna che per essere artefici del proprio destino non basta impegnarsi né avere un ideale di patria. Occorre qualcosa di più, occorre un ideale che risponda al desiderio di felicità: questo e solo questo libera le energie vitali dei giovani, li fa protagonisti della vita, li rende appassionati allo studio, alla conoscenza, al lavoro.
Il problema serio è che questo ideale è ciò che essi faticano a trovare; faticano a trovarlo in famiglia, e ancor di più a scuola!
Che la famiglia debba ritornare a se stessa per restituire ai giovani ciò di cui sono stati privati è sotto gli occhi di tutti, ma illudersi che la riforma della scuola possa andare incontro a questa esigenza è quanto di più grave si possa commettere oggi. Non è con una riforma della scuola che si risponderà al bisogno dei giovani, ma solo con un cambiamento radicale degli insegnanti, uno ad uno. Per un giovane entrare in classe nei migliori dei casi coincide con il trovarsi di fronte insegnanti che si preoccupano della loro disciplina, che desiderano che venga ripetuta bene. Nessuno che lo degni di uno sguardo di simpatia umana, nessuno che abbia a cuore il suo destino! Solo incontrando un insegnante che abbia questo sguardo un giovane potrà diventare artefice del suo destino: è questa l’urgenza di oggi!
Di conseguenza il richiamo di Ciampi, più che per i giovani, vale per gli adulti, per i genitori, per gli insegnanti, affinché degnino finalmente di uno sguardo umano i loro figli, i loro studenti.