Il Natale è Dio presente
Gianni Mereghetti - 23-12-2004
Mons. Luigi Giussani ha scritto che "il Natale è il ricordo del modo con cui il Signore si è reso presente". In giorni come questi, nei quali una cultura laicista, e non laica, sta tentando di ridurre il Natale ad una festa dei valori comuni, questa affermazione urge a ritrovare il vero significato del Natale nell'annuncio di un evento, quello del Dio che diventa uomo, del Dio che si è fatto e si fa presenza carnale. E che questa del Dio che si fa uomo non sia un'interpretazione che può convivere con le interpretazioni opposte, tra le quali quella dell'impossibilità chdell'incarnazione, ce ne dà certezza una cosa sola, la felicità che vivono tanti uomini che riconoscono la presenza di Gesù e vi aderiscono impegnando tutta la loro esistenza.
Che Dio c'entri con la vita, tanto da assumerla realizzandola, è questa la dimostrazione incontrovertibile che Dio c'è. E c'è non perchè lo sentiamo dentro il nostro spirito, ma perchè ha uno sguardo di simpatia totale ad ogni essere umano!
interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Gianni Mereghetti    - 26-12-2004
Natale 2004
Contributo di don Luigi Giussani per il Tg2 Rai del 24 dicembre

Perché Gesù viene?
Come può l’uomo di oggi stare davanti a questa notizia?
E il Natale, che cos’è?
Natale è l’amore di Cristo all’uomo.
L’Essere nuovo entra nel mondo.
L’Essere nuovo come prima non c’era, nella novità del suo comunicarsi agli uomini.
Un Essere nuovo entra nel mondo, il mondo del Dio vero.
Un Essere nuovo in tutto il profilo del mondo, in quel luogo, fiorì.
Tutto viene da Lui, ma qui la novità di una vita predomina. Una nuova creatura vince l’antica. L’antica creazione alla nuova si oppone, ma col Natale il calore ritorna nel mondo, e tutto riecheggia all’appello divino, al Mistero che c’è.
L’impossibile, cioè il Mistero, è immeritato dall’uomo. Eppure qui avviene un fuoco, una affezione che avvolge, un calore che predomina nell’immenso atrio del mondo, nello spazio eterno.
Qui è il presentimento di una cosa nuova che infervora, e tutto tende a fare diventare concreto. E proprio per questo suscita una grande devozione.
Come grazia divina, in tempi stabiliti, il Figlio di Dio è diventato un bambino nella storia umana, si è appropriato di canoni e formule di una esistenza.
Nel ricordo e nella memoria di quel Fatto, la testimonianza del Figlio di Dio emerge sempre più forte e l’impotenza del male diventa la figura dominante di tutta la storia. E il popolo di Jahvè sorge a investire il mondo. Così, per ogni giorno di vita, nelle mani del popolo cristiano resta la scommessa del potere di Dio nel tempo, e la preghiera alla Madonna che si realizzi in ogni circostanza




 Pierangelo    - 26-12-2004
C'è un problema di linguaggio, almeno per me, nel leggere Mereghetti, che in questa occasione mi complica ulteriormente la vita citandomi Giussani, che si esprime con lo stesso stile, per me incomprensibile.

Se stiamo parlando di Rivelazione e di Incarnazione, allora, se è vero che il Verbo si fa carne, la parola deve essere quella che l'uomo comprende. E non solo deve essere semplice, ma deve avere la capacità di interessare le menti e di infiammare i cuori. "Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore"[Eb. 4,12].
Lo dico da credente, ma, soprattutto, da insegnante. Non ci lamentiamo del "laicismo", se poi come apriamo bocca facciamo sbadigliare.

Non avendo illustri fondatori, a parte Cristo, dell'associazione a cui appartengo, offro a Gianni e ai nostri lettori quelli che furono gli auguri di Natale dell'indimenticato Mons. Tonino Bello.


E allora? Dovrei abbassare il tiro?
Dovrei correggere la traiettoria
e formulare auguri terra terra,
a livello di tana e non di vetta,
a misura di cortile e non di cielo?
Non me la sento di appiattire il linguaggio.
Sono così denutrite le speranze del mondo,
che sarebbe un vero sacrilegio se,
per paura di dover sperimentare
la tristezza del divario
tra la formulazione degli auguri
ed il loro adempimento,
mi dovessi adattare
al dosaggio espressivo dei piccoli scatti
o dovessi sbilanciarmi
sul versante degli auspici
con gli indici di prudenza oggi in circolazione.
Anzi, se c’è una grazia
che desidero chiedere a Gesù che nasce,
per me e per tutti,
è proprio quella di essere capace di annunciare,
con la fermezza di chi sa
che non resteranno deluse,
speranze sempre eccedenti
su tutte le attese del mondo.

Tonino Bello