Gianni Mereghetti - 26-12-2004 |
Natale 2004 Contributo di don Luigi Giussani per il Tg2 Rai del 24 dicembre Perché Gesù viene? Come può l’uomo di oggi stare davanti a questa notizia? E il Natale, che cos’è? Natale è l’amore di Cristo all’uomo. L’Essere nuovo entra nel mondo. L’Essere nuovo come prima non c’era, nella novità del suo comunicarsi agli uomini. Un Essere nuovo entra nel mondo, il mondo del Dio vero. Un Essere nuovo in tutto il profilo del mondo, in quel luogo, fiorì. Tutto viene da Lui, ma qui la novità di una vita predomina. Una nuova creatura vince l’antica. L’antica creazione alla nuova si oppone, ma col Natale il calore ritorna nel mondo, e tutto riecheggia all’appello divino, al Mistero che c’è. L’impossibile, cioè il Mistero, è immeritato dall’uomo. Eppure qui avviene un fuoco, una affezione che avvolge, un calore che predomina nell’immenso atrio del mondo, nello spazio eterno. Qui è il presentimento di una cosa nuova che infervora, e tutto tende a fare diventare concreto. E proprio per questo suscita una grande devozione. Come grazia divina, in tempi stabiliti, il Figlio di Dio è diventato un bambino nella storia umana, si è appropriato di canoni e formule di una esistenza. Nel ricordo e nella memoria di quel Fatto, la testimonianza del Figlio di Dio emerge sempre più forte e l’impotenza del male diventa la figura dominante di tutta la storia. E il popolo di Jahvè sorge a investire il mondo. Così, per ogni giorno di vita, nelle mani del popolo cristiano resta la scommessa del potere di Dio nel tempo, e la preghiera alla Madonna che si realizzi in ogni circostanza |
Pierangelo - 26-12-2004 |
C'è un problema di linguaggio, almeno per me, nel leggere Mereghetti, che in questa occasione mi complica ulteriormente la vita citandomi Giussani, che si esprime con lo stesso stile, per me incomprensibile. Se stiamo parlando di Rivelazione e di Incarnazione, allora, se è vero che il Verbo si fa carne, la parola deve essere quella che l'uomo comprende. E non solo deve essere semplice, ma deve avere la capacità di interessare le menti e di infiammare i cuori. "Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore"[Eb. 4,12]. Lo dico da credente, ma, soprattutto, da insegnante. Non ci lamentiamo del "laicismo", se poi come apriamo bocca facciamo sbadigliare. Non avendo illustri fondatori, a parte Cristo, dell'associazione a cui appartengo, offro a Gianni e ai nostri lettori quelli che furono gli auguri di Natale dell'indimenticato Mons. Tonino Bello. E allora? Dovrei abbassare il tiro? Dovrei correggere la traiettoria e formulare auguri terra terra, a livello di tana e non di vetta, a misura di cortile e non di cielo? Non me la sento di appiattire il linguaggio. Sono così denutrite le speranze del mondo, che sarebbe un vero sacrilegio se, per paura di dover sperimentare la tristezza del divario tra la formulazione degli auguri ed il loro adempimento, mi dovessi adattare al dosaggio espressivo dei piccoli scatti o dovessi sbilanciarmi sul versante degli auspici con gli indici di prudenza oggi in circolazione. Anzi, se c’è una grazia che desidero chiedere a Gesù che nasce, per me e per tutti, è proprio quella di essere capace di annunciare, con la fermezza di chi sa che non resteranno deluse, speranze sempre eccedenti su tutte le attese del mondo. Tonino Bello |