Dopo gli scioperi
Fabrizio Dacrema - 04-12-2004
Dopo lo straordinario successo degli scioperi del 15 e 30 novembre si apre una fase decisiva per il movimento impegnato nella lotta contro la politica scolastica della Moratti.
Le due giornate di lotta, distinte nel tempo ma unite nelle motivazioni oltre che dal marchio politico confederale, aprono un ciclo di iniziative con l’obiettivo di ottenere concreti risultati nei confronti delle scelte sbagliate del governo.
Lo sciopero generale, paradossalmente condiviso da sindacati e imprenditori, ha mostrato un fronte dei produttori unito nel ritenere inutile e dannosa la riduzione dell’irpef e nell’individuare la priorità degli investimenti in ricerca e formazione, del sostegno ai redditi bassi e alle imprese che innovano.
L’ampia adesione della scuola allo sciopero del 15 novembre ha definitivamente chiarito, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che il Ministro sta tentando di attuare la legge 53 non tanto senza, ma contro gli insegnati.
Un’impresa che non può riuscire a nessuno, nemmeno alla Lady di Ferro, che poi così tosta non è se si è messa nelle condizioni di “bere” altri tagli alla scuola nella stessa giornata in cui campeggiavano su un importante quotidiano nazionale le sue ultimative dichiarazioni contrarie ad ogni tipo di ulteriore decurtazione.
Una vera e propria delegittimazione per il Ministro, non la prima ma quella definitiva, visto che ormai è evidente proprio a tutti gli 8,4 miliardi di euro promessi dall’ineffabile Burlesconi non arriveranno mai, la riforma è, infatti, progettata per ridurre la spesa, per dare forma ad una scuola che funziona con meno risorse umane e finanziarie.
E siccome è così i ministri dell’economia di turno, nella disperata ricerca di trovare la quadra, non capiscono perché non possono anticipare quello che dovrà avvenire.
Così il maxiemendamento per finanziare le riduzioni fiscali provocherà altre disastri alla qualità dell’organizzazione scolastica, spariranno gli specialisti di lingua straniera (più inglese per tutti ?), le risorse per le supplenze brevi saranno pesantemente ridotte, si dovranno dividere le classi e utilizzare gli insegnanti di sostegno, le compresenze non saranno più utilizzate per le attività individualizzate progettate dal collegio (anche in questo caso il governo cercherà di disapplicare il contratto ? La vicenda del tutor non ha insegnato niente ?).
La caduta libera della credibilità politica del Ministro Moratti, costretta anche a chiedere di soppiatto una proroga di sei mesi della delega a causa delle difficoltà per il decreto sulla secondaria, non significa, però, un automatico indebolimento del progetto politico del governo sulla scuola.
Fino ad oggi i tentativi di attuazione della legge 53 sono pressoché tutti falliti, il tempo pieno è stato difeso, la divisione dell’offerta formativa tra quota obbligatoria e facoltativa opzionale riguarda la minoranza delle scuole, il tutor è bloccato dalla trattativa sindacale, le Indicazioni Nazionali non sono attuate. Tuttavia la prospettiva rimane preoccupante, non solo perché dal prossimo anno scolastico cominceranno a venir meno quelle condizioni (organici e fase transitoria) che hanno permesso questo risultato positivo, ma soprattutto perché il governo persegue comunque il suo disegno attraverso il progressivo indebolimento del sistema.
Le difficoltà di attuazione del disegno esplicito (legge 53), infatti, non impediscono l’avanzare di quello implicito, perseguito riducendo progressivamente le risorse e assecondando la deriva della scuola pubblica.
Nella strategia del governo l’attuale riduzione delle tasse è la prima tappa di un processo che si autolalimenta: il modello liberista di welfare residuale passa attraverso il circolo, virtuoso per il governo e vizioso per noi, fatto di riduzione delle tasse – tagli alla spesa sociale – caduta qualitativa dei servizi pubblici - spinta alla fuoriuscita dal welfare pubblico – richiesta dei ceti medi di ulteriori riduzioni delle tasse per potersi permettere soluzioni migliori nel privato per scuola, sanità, assistenza.
Da questo punto di vista la scuola rappresenta l’anello più debole, se le cose non vanno le famiglie, comprese quelle che sono scese in piazza contro la Moratti, cercheranno nel privato per i propri figli un’offerta formativa migliore o semplicemente più protetta e, in ogni caso, tenderanno a optare per la scuola minima prevista dalla legge 53.
Mettere fuori gioco la scuola, farla percepire come un’istituzione inutile per gli studenti e utile solo per gli insegnanti (“faziosi e paraculi” secondo i giornali filogovernativi), far scattare l’istinto del “si salvi chi può”: questa è la strategia reale del liberismo populistico di Berlusconi.
Va nelle direzione dello sfascio anche il pasticcio delle schede di valutazione, sarebbe ovvio che il Ministero indicasse i modelli ufficiali da utilizzare in via transitoria per la valutazione certificativa, in attesa delle Indicazioni definitive e del percorso previsto dal Regolamento sull’autonomia scolastica, invece propende per il fai da te delle scuole: così aumenta la confusione, si indebolisce il sistema nazionale di istruzione e si dà un colpo anche al valore legale del titolo di studio.
Per fronteggiare il disegno del governo, lo schieramento che si è mobilitato per fermare la Moratti deve, allora, mettere a punto una strategia fondata sulla possibilità reale di difendere e sviluppare la qualità della scuola pubblica, ottenendo risultati e proponendo concrete alternative sulle quali realizzare le più ampie alleanze.
Un importante passo avanti è stato realizzato con il Convegno di Firenze del Forum “Fermiamo la Moratti”, i cui atti saranno tra poco pubblicati, proprio perché ha avviato l’elaborazione di una piattaforma alternativa alla controriforma. Anche la CGIL sta lavorando ad una Conferenza programmatica attraverso la quale darà il proprio contributo propositivo su scuola, università e ricerca. Con il ritorno di Prodi, ci si attende anche dalla GAD, o come diavolo la si vorrà chiamare, un programma alternativo sulla scuola che sia in grado di incalzare il governo, invece di rincorrerlo sul suo terreno.
Occorre poi ottenere risultati concreti, fermo restando l’obiettivo del ritiro del decreto, che sostengano l’iniziativa delle scuole e rendano visibile l’utilità della mobilitazione, utilizzando le opportunità offerte dalla trattativa sindacale e dalla verifica del decreto legislativo 59 prevista per il settembre 2005.

Ad esempio:
- Tutor: la contrattazione in corso può chiudersi positivamente se si ottiene l’attribuzione alla corresponsabilità del gruppo docente delle funzioni tutoriali (orientamento, tutoraggio, rapporto con le famiglie, documentazione, coordinamento), riconoscendo l’autonomia didattica e organizzativa delle scuole;
- Tempo pieno e prolungato: le dichiarazioni fatte dal governo per tranquillizzare le famiglie circa la salvaguardia del tempo pieno e prolungato devono essere messe alla prova puntando al ripristino immediato degli articoli del Testo Unico che istituivano i modelli che il decreto vuole superare;
- Iscrizioni: la difesa del tempo pieno e dei modelli di organizzazione didattica di qualità passa attraverso la scelta dei genitori al momento delle iscrizioni, il rifiuto del modello orario minimo è una condizione importante al fine di permettere agli insegnanti di progettare offerte formative unitarie e per tenere aperta la partita per ottenere gli organici necessari.
Per questo la continuità della mobilitazione non potrà limitarsi alla programmazione di ulteriori manifestazioni nazionali, occorre riprendere l’iniziativa nelle scuole e nel territorio, informare le famiglie, chiarire la differenza tra i modelli scolastici che vogliamo difendere e quelli della Moratti.
Sempre nel territorio si apre l’opportunità di intese e patti formativi tra le parti sociali e le istituzioni locali che, sulla base delle nuove competenze di regioni e enti locali su istruzione e formazione, promuovano obiettivi di innalzamento della scolarizzazione, potenziamento dei servizi educativi per l’infanzia, supporto all’autonomia scolastica, sviluppo della formazione permanente e continua, messa in rete di imprese, istituzioni scolastiche, università, enti di ricerca per piani di sviluppo economico del territorio centrati sulla qualità e l’innovazione.
La scuola deve abbandonare l’idea di essere un “mondo a parte” e considerarsi una risorsa fondamentale del territorio in cui è inserita, abbandonando forme di lotta controproducenti quali quelle che danneggiano la qualità dell’organizzazione scolastica (es.: il blocco di tutte le attività aggiuntive), oppure i qualunquismi professionali di chi butta via insieme al portfolio anche la funzione formativa della documentazione educativa o ancora gli atteggiamenti minoritari di non valorizza gli spazi legittimi dell’autonomia scolastica in nome di atteggiamenti improbabili di disobbedienza civile.
Alla logica populistica del governo che, saltando volutamente ogni rapporto con le parti sociali, parla direttamente alla folla solitaria dei singoli e delle famiglie, facendo leva sulle paure e le insicurezze, dobbiamo contrapporre quello che può essere il nostro vero punto di forza: l’alleanza per una buona scuola pubblica tra insegnanti, genitori, enti locali, mondo del lavoro, associazionismo.

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 Ilaria Ricciotti    - 04-12-2004
L'alleanza di cui parla Fabrizio deve essere sempre più palese, non dovrà mai più scollarsi, ma contrastare quotidianamente le scelte fantomatiche di un governo che promette e poi non dà, che dichiara di agire in difesa delle classi più povere ed invece le umilia sempre più e favorisce i ricchi, che si considera un governo efficace ed efficiente a 360° invece, iniziando dalla scuola, dimostra con le dichiarazioni ed i fatti che sta delineando il prospetto di una società in cui i giovani non avranno affatto modo di dare il meglio di sè, e , non sapendo, diverranno servi dei loro coetanei che al contrario avranno modo di frequentare una scuola di qualità? privata.
Che ci rimane da fare ?
Adeguarci, far sapere allo stesso governo che ciò che propone è bello, o essere uniti sempre, e ribattere ogni sua bugia con proposte serie, valide ed oneste?
Io direi di seguire questa seconda strada.
In molti lo faremo, soprattutto coloro che non sono abituati ad essere qualinquisti, indifferenti, impostori e a cibarsi di grandi menzogne.

 oliver    - 07-12-2004
Bisogna insistere per evitare che possano pensare che gli insegnanti non esistono. La categoria è più che mai viva lo dimostrano le innumerevoli attività che vengono proposte ai ragazzi con grande successo. E' importante sul piano didattico dare risposte concrete a chi di scuola non ha nessuna idea!!!!!!
Oliver