breve di cronaca
Parini, il ministro si pronunci sulle espulsioni
Corsera - 06-11-2004

Milano, 22 prof del liceo allagato scrivono alla Moratti: «Pochi 15 giorni di sospensione per i vandali»
Gli insegnanti chiedono l’allontanamento per un anno dei ragazzi sotto accusa. Contrario il preside.

MILANO - Si possono espellere i vandali del Parini? O non è possibile superare i quindici giorni di sospensione? Sono ventidue professori del liceo classico milanese a chiederlo. In una lettera inviata al ministro Letizia Moratti. A quasi tre settimane dall’allagamento della scuola, provocato da quattro studenti che volevano evitare il compito in classe di greco, si continua a discutere di punizioni e legalità. Ventidue insegnanti - «ma siamo molti di più» - hanno scritto al ministro dell’Istruzione chiedendole di chiarire l’interpretazione dello Statuto degli studenti e delle studentesse. Perché è quello il nodo del problema: tra le righe dell’articolo 4 (ai commi 7 e 8 della voce Disciplina ) si dovrà decidere quale punizione dare ai ragazzi.

«Il testo dello Statuto - spiega Laura Chiappella, docente di storia e filosofia e ideatore della lettera - è di difficile interpretazione. Chiediamo al ministro di chiarire se, in presenza di reato, la scuola possa decidere che sia meglio, per gli studenti implicati, un allontanamento per tutto l’anno». Si dividono, dunque, i 65 professori del liceo classico Parini. Da una parte, quelli orientati ad accogliere i «rei confessi» dell’allagamento dopo quindici giorni di punizione. Dall’altra, i firmatari della lettera.

«Molti di noi - scrivono - vorrebbero sospendere i quattro ragazzi in modo che possano completare gli studi, almeno per quest’anno, in un’altra scuola. Questa scelta è fondata su ragioni di equità (al reato deve corrispondere una sanzione proporzionata) e su ragioni pedagogiche (le conseguenze del vandalismo sono così pesanti per tutta la comunità scolastica da rendere fortemente problematico il ristabilimento di un clima di serenità)». La decisione sarà presa martedì 9 novembre, quando si riunirà il consiglio di classe e saranno convocati i quattro responsabili dell’allagamento da 330 mila euro di danni.

«Ma noi - continuano i professori "pro espulsione" - chiediamo una posizione ufficiale al ministero. Solo così il consiglio di classe potrà prendere una decisione senza ambiguità. Sia chiaro, quello che ci interessa è garantire ai ragazzi il diritto allo studio».
È contrario all’espulsione dei vandali il preside del liceo, Carlo Pedretti. «La questione - dice - è complessa. Mi sono consultato anche con il provveditore milanese, Antonio Zenga. In questi casi, si applica il comma 7 dell’articolo 4 («Il temporaneo allontanamento dello studente dalla comunità scolastica può essere disposto solo in caso di gravi o reiterate infrazioni disciplinari, per periodi non superiori ai quindici giorni»). E i ragazzi sono innocenti finché non viene emessa una sentenza di condanna. Resta, quindi, la sospensione di quindici giorni. Questo è lo spirito della Statuto del ’98. Insomma, non posso rinchiudere i responsabili dell’allagamento nelle segrete del Parini, nonostante il parere contrario di alcuni miei docenti».

Annachiara Sacchi


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 Comunicato Miur    - 06-11-2004
Il Ministro Moratti sul caso del liceo Parini: "Missione fondamentale della scuola è educare i ragazzi alla responsabilità e alla convivenza civile"

(Roma, 5 novembre 2004) In riferimento alla lettera di alcuni docenti del Liceo "Parini" di Milano - peraltro resa nota dai giornali e mai pervenuta al Ministro - il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca precisa che si tratta di materia rimessa all'esclusiva competenza dei regolamenti di Istituto e degli organi collegiali scolastici, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta alla scuola.

Il Ministro Letizia Moratti puntualizza: "Missione fondamentale della scuola è l'educazione dei ragazzi alla responsabilità, alla convivenza civile, al rispetto degli altri e della comunità in cui vivono. Si tratta di valori che non devono rimanere astratti, bensì essere vissuti quotidianamente. Rivolgo un appello agli insegnanti perché si facciano interpreti di questi valori e li sappiano trasmettere agli studenti. La scuola potrà svolgere così anche quel ruolo di responsabilizzazione e di recupero degli studenti che hanno sbagliato".



 Pierangelo    - 07-11-2004
Riporto da Repubblica del 7.11.2004

Il no ai ragazzi responsabili dell´allagamento del Parini: la scuola tradisce se stessa

Se il liceo chiude le porte
di UMBERTO GALIMBERTI

Se la scuola pensa che un adolescente non possa cambiare è meglio che chiuda i battenti
, non perché sono incominciati i lavori di restauro dell´edificio ammalorato dall´allagamento, ma perché manca la ragione di base per cui professori e studenti si debbano trovare ogni giorno a scuola per dispensare e acquisire non solo istruzione, ma anche educazione e, se necessario, rieducazione.
Leggendo le cronache dei giornali che hanno seguito da vicino la vicenda dell´allagamento del liceo Parini, sembra che questo principio sia venuto meno. I professori della scuola, infatti, non si sono riuniti per discutere come recuperare questi ragazzi alle regole del viver civile, ma come e per quanto tempo sospenderli dalla scuola: se per quindici giorni come prevede il regolamento scolastico, o se per un intero anno come una possibile interpretazione del regolamento forse potrebbe consentire.
Il principio della punizione, che come si usa dire in questi casi deve essere «esemplare», ha messo subito fuori gioco l´ipotesi della rieducazione.
Ma che significa «punire» in questo caso? Significa sospendere dalla scuola (che fino a prova contraria è l´istituzione preposta all´educazione dei giovani) chi dell´educazione forse ha più bisogno degli altri. E allora viene da pensare che tra scuola ed educazione non c´è parentela, perché, chiudendo il sillogismo, o a scuola vieni già educato o la scuola dovrà allontanarti.
Che è come dire che la scuola non riconosce più nell´educazione la sua ragione d´essere, il suo compito specifico, lo scopo della sua esistenza. E a me questo pare più grave del pur gravissimo atto che ha portato alcuni studenti ad allagare l´edificio che ogni mattina frequentano per imparare a crescere.
La mentalità che preferisce «punire» (leggi «allontanare dalla scuola»), invece che rimboccarsi le maniche e rieducare chi forse ne ha più bisogno, non è circoscritta alla scuola danneggiata, il liceo Parini, ma è diffusa nella gran parte degli istituti scolastici milanesi, se è vero che la preside del liceo classico Carducci ha dichiarato: «Io non voglio essere accogliente con chi ha creato disagio in un altro istituto». Sulla stessa linea sono i presidi degli altri licei milanesi: il Manzoni, il Tito Livio, il Beccaria che respingono le richieste di trasferimento perché, spiega il preside del Tito Livio-Omero: «La legge non mi obbliga ad accettare studenti che provengono dallo stesso Comune». Mentre il preside del Manzoni dichiara che: «Non sarebbero i benvenuti. I problemi si esportano e credo che i miei professori non sarebbero d´accordo».
Fin qui i licei statali. Faccio personalmente una telefonata a un liceo privato cattolico che gode fama di indubbia serietà. Mi si risponde che: «Occorre prima verificare la disponibilità dei professori ad accogliere i ragazzi, che in ogni caso non devono essere figli di separati, perché i figli dei separati hanno più problemi degli altri».
Porte chiuse quindi, sia nelle scuole pubbliche sia in quelle private. E mentre al Parini si discute non di educazione o di procedure di recupero ma, con toni molto accesi che dividono i consigli di classe, sull´entità della punizione, con interpellanza al ministro della Pubblica istruzione, le altre scuole dichiarano la loro indisponibilità all´accoglienza. Risultato: cari ragazzi statevene a casa. In alternativa andate all´estero perché la scuola italiana non prevede tra i suoi compiti la rieducazione di chi ha sbagliato.
Apprendo sempre dai giornali che il Preside del Parini ha convocato i genitori per sapere che cosa intendono fare per i loro figli. Neanche l´ipotesi di convocare i professori per chieder loro: «Come possiamo recuperare questi ragazzi?». A questo punto mi vien da dire che l´allagamento del Parini ha danneggiato un edificio scolastico, ha messo a soqquadro l´ordinato andamento di una scuola, ma ha anche messo in evidenza l´abissale distanza che esiste tra la nostra scuola e le finalità educative, e se necessario rieducative, che la dovrebbero animare.
Si può colmare questa distanza? Io penso di sì. Esistono ottimi professori che sanno parlare non solo con la classe, ma con i singoli studenti, che sanno seguirne i percorsi di vita, che non si appellano all´indolenza o alla cattiva volontà dei ragazzi, perché sanno che la volontà non esiste al di fuori dell´interesse, che l´interesse non esiste separato dal legame emotivo, che il legame emotivo non si costruisce quando il rapporto tra professore e studente è un rapporto di reciproca diffidenza, quando non di assoluta incomprensione.
Cari professori del Parini riaccogliete i vostri studenti e non lasciateli per strada esposti a percorsi a rischio. Il problema non è nella durata della loro sospensione affinché la punizione sia esemplare, ma nella vostra capacità di riaccoglierli. Non dimentichiamo che, oltre agli studenti che allagano la scuola, ce n´è un gran numero che ogni anno si uccide. Non è colpa dei professori, ma forse con qualche attenzione in più «personalizzata» anche questi suicidi si potrebbero evitare. A ricordarcelo è Freud, non certo un lassista o un buonista, che in un breve saggio del 1910 scrive: «La scuola secondaria deve fare qualcosa di più che evitare di spingere i giovani al suicidio; essa deve creare in loro il piacere di vivere e offrire appoggio e sostegno in un periodo della loro esistenza in cui sono necessitati dalle condizioni del proprio sviluppo ad allentare i legami con la casa paterna e la famiglia. Mi sembra incontestabile che la scuola non faccia ciò e che per molti aspetti rimanga al di sotto del proprio compito, che è quello di offrire un sostituto della famiglia e di suscitare l´interesse per la vita che si svolge fuori, nel mondo. Non è questa l´occasione per fare una critica della scuola secondaria nella sua attuale struttura: mi è tuttavia forse consentito di mettere l´accento su un singolo punto. La Scuola non deve mai dimenticare di avere a che fare con individui ancora immaturi, ai quali non è lecito negare il diritto di indugiare in determinate fasi, seppur sgradevoli, dello sviluppo. Essa non si deve assumere la prerogativa di inesorabilità, propria della vita; non deve voler essere più che un gioco di vita».
Ultima considerazione. I giornali dovrebbero evitare di chiamare «vandali» dei ragazzi che hanno compiuto un «atto» vandalico, perché non si deve mai far coincidere l´essere di una persona con un suo atto, per quanto esecrabile esso sia. Perché in questo modo si nega a quella persona la possibilità di un ravvedimento, le si vanifica l´intenzione di cambiamento, le si toglie la speranza, la si inchioda al suo passato, e così facendo le si proibisce il futuro. Anche in questo caso nulla di educativo.

 Pierangelo    - 07-11-2004
da ReteScuole

Milano, 06/11/2004
Il Parini ci ha rotto
di Michele Corsi

Da settimane le edizioni locali e ora anche quelle nazionali del Corriere della Sera e di Repubblica ci propinano infinite puntate della telenovela Parini. Non è certo colpa delle bravissime giornaliste che seguono normalmente le questioni scolastiche della nostra metropoli e che ben conosciamo per competenza e professionalità. Sospettiamo fortemente i loro "capi", che, non sappiamo bene per quale ragione, immaginano che sfruttare a fondo questo caso faccia guadagnare audience. Credo di farmi interprete di un disagio diffuso se dico: smettetela per favore, non se ne può più.

Qualche acida considerazione si impone.

Il Parini s'è allagato. La cosa ovviamente è assai incresciosa. E' una scuola pubblica, per rimetterla in piedi ci vorranno soldi pubblici, a soffrirne i disagi sono studenti della scuola pubblica. Dunque: la mia massima solidarietà. Dopodiché: qualcuno pensa sul serio che il Parini sia l'unica scuola che versa in condizioni strutturali difficili? Ci sono fior di edifici scolastici comunali, ad esempio, che cadono a pezzi. Per non parlare degli edifici scolastici inesistenti: in vari comuni dell'hinterland in rapida espansione non si assicura il diritto delle bambine e dei bambini a frequentare la scuola d'infanzia. Non sono problemi seri? Perché, cari direttori, non aprite un bel filone d'inchiesta su queste carenze? Non pensate che potrebbero coinvolgere un più vasto pubblico di quello costretto a subire la telenovela Parini?

Ci viene il sospetto che tutta questa attenzione rivolta al Parini sia dovuta alla sua fama di scuola elitaria e che dovrebbe "formare la futura classe dirigente" (da una delle tante interviste deliranti rilasciate in questi giorni). Però non comprendiamo la logica dei nostri quotidiani: perché suppongono che una scuola elitaria, debba per forza interessare il vasto pubblico? Il pubblico, che è vasto, non è una elite. I normali lettori del Corriere e della Repubblica non si interessano al Parini in misura maggiore dell'attenzione che amerebbero rivolgere a qualsiasi altra scuola. Al contrario, pensiamo sia un dovere civile dei nostri media, occuparsi delle scuole di cui nessuno si occupa. Ad esempio quelle stracolme di disagio sociale, quelle dove lavorano colleghe e colleghi ai quali sono state tagliate le risorse minime per far fronte a problemi così gravi che un allagamento, al confronto, fa ridere.

Il dibattito sul grado di punizione che meriterebbero i quattro ragazzini che hanno aperto i rubinetti ha qualcosa di degradante e deprimente. Mi sento umiliato come insegnante nel sapere che venti colleghi hanno spedito alla ministra una lettera in cui le chiedevano di poter cacciare via per sempre i famigerati quattro (per farli iscrivere, immaginiamo, in una scuola non così d'elite). Siete riusciti nell'incredibile impresa di far apparire progressista la Moratti, che ha detto: la scuola deve educare. Credo che la signora non sappia nemmeno cosa voglia dire quella frase, forse l'ha letta in un fogliettino dei Baci Perugina, però è riuscita nell'intento di sembrare umana. Cari colleghi del Parini, immagino che tra voi ci sia anche qualcuno con la testa sulle spalle, ma l'immagine della scuola che state dando è angosciante. Non so cosa discutete nel collegio docenti, ma una qualche domandina sul valore pedagogico dell'1 meno meno ve la siete fatta? Qualche brivido nella schiena quando sentivate tutti quegli studenti e quei genitori che schiumavano tanta rabbia e sete di vendetta da farceli sembrare i parenti stretti degli elettori di Bush, vi è venuto? Ogni tanto, tra una versione di greco e l'altra, vi siete chiesti: ma i nostri ragazzi sono felici?

Il nostro mondo di adulti è di una bruttezza rivoltante, eppure quei 4 poveretti che hanno aperto i rubinetti sembrano diventati la causa e il simbolo del degrado morale della metropoli e della scuola pubblica. Posso dirlo? Non ci credo. Non ci credo. Non ci credo. Spero che esista da qualche parte in questa fredda metropoli un dirigente o un collegio docenti o una assemblea studentesca che abbia il fegato di dire: venite da noi, noi vi accogliamo, siamo contenti di avervi qui con noi. Se accadesse non farebbero parte delle "generazioni di pariniani" di cui abbiamo letto nei vaneggiamenti di qualche intervistato, però potranno consolarsi pensando che, allo stesso modo, non faranno mai parte dell'italica "classe dirigente". Che, come sapete, fa cose ben peggiori che aprire rubinetti.

 Anna Di Gennaro Melchiori    - 07-11-2004
Se non chiedo troppo alla Redazione....gradirei far sapere a U. Galimberti, che peraltro stimo e apprezzo molto e i cui articoli sono sempre oggetto della mia lettura anche su Repubblica delle Donne, che l'Istituto Montini di Milano, scuola "libera" non "privata" frequentata da mia figlia ormai adulta, ha sempre aperto le sue porte a tutti coloro che ne facevano richiesta: a ciascuno veniva chiesto di pagare nulla di più di quanto erano in grado di "sopportare"! Sono al corrente di famiglie di separati che hanno ancor oggi fatto questa scelta, davvero oculata per i loro figli che in ambito scolastico vivono un clima educativo basato sulla libertà di pensiero ed espressione, accolti dal rettore mons. Carlo Calori, illustre giornalista e dal preside prof. Maurizio Quaglino che mia figlia ricorda come ottimi riferimenti educativi, sempre pronti all'ascolto dei ragazzi, anche i più ribelli!
Lì si vive ciò che Galimberti auspica con intelligenza e senso di grande responsabilità nei confronti delle nuove generazioni; molti provengono dalle scuole pubbliche che non sono riuscite ad accoglierli.

Grazie a Galimberti per la sua lezione di vita e di filosofia! Infatti ho sempre avuto ben chiaro che la mia presenza a scuola fosse originata da una sola certezza: l'incontro con un ins. dallo sguardo positivo nei confronti della realtà, genera inevitabilmente fascino e desiderio di conoscenza pur nella fatica del quotidiano lavoro. E' esattamente l'opposto di quanto pensava Rousseau che allontanò il suo Emilio affinchè non fosse "corrotto dalla cattiva società".
Ma è giusto anche interrogarci sul perchè ormai molti ins. non riescano a cogliere l'importanza di tale approccio con le nuove generazioni di adolescenti.
Sto leggendo l'ultimo libro della Mastrocola e sono impressionata negativamente da quanto scrive, rivolgendosi e chiedendo "ascolto" al suo cane!
Che la letteratura sia affascinante non ho dubbi a dichiararlo assieme a lei, ma che sia indispensabile veicolarla attraverso una persona appassionata all'essere umano che ha di fronte, lo studente, è altrettanto fondamentale.
Sempre Rousseau ci insegna che "per insegnare il latino a Giovannino, non basta conoscere il latino, ma soprattutto Giovannino!".
Amare la propria materia, non è sufficiente, occorre amare chi hai di fronte; ma se non riesci più ad accorgerti di lui/lei, allora è giunto il momento di staccare la spina per un po' o gettare la spugna, senza incolpare le nuove edizioni dei libri, le riforme e gli esami di Stato...
Anna Di Gennaro

 Anna Di Gennaro Melchiori    - 08-11-2004

Nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali americane siamo da sempre abituati a colpi bassi tra i candidati, scambi d’accuse, scandali a luci rosse, fuochi d’artificio, gadget colorati ed altre diavolerie. Tuttavia sono stato colpito più da ciò che non c’è stato piuttosto che da quello che si è visto. Mi spiego meglio. Si è parlato di guerra, di economia, di tasse, di welfare, per poi scoprire che la battaglia tra i due candidati è stata vinta sui cosiddetti “valori”. Di scuola però neanche una parola.
Certamente si potrà obiettare che la scuola è stata inclusa nei dibattiti economici e soprattutto sul welfare, ma la risposta non mi soddisfa né tantomeno convince. Sono piuttosto dell’idea che la questione scuola appartenga alla sfera dei “valori” e - come abbiamo anzidetto - è stata quest’ultima a decretare il vincitore.
Si rassicurino i sostenitori di Kerry, non voglio dire che Bush abbia una politica a favore della scuola - come ho detto non ho sentito una sola parola in proposito - ma ha parlato in favore della famiglia.
Nella speranza che seguano fatti concreti alle belle parole, vale la pena fare qualche considerazione.
La popolazione americana è doppia di quella italiana e dunque avrà circa due milioni di docenti (noi siamo intorno al milione). Difficile pensare che in una battaglia all’ultimo voto gli staff dei due candidati abbiano tralasciato di rivolgersi al popolo degli insegnanti. Piuttosto si saranno chiesti come sarebbe stato più conveniente parlare loro per guadagnarne il consenso.
Il marketing è venuto in loro soccorso spiegando che, anche per l’insegnante, il primo valore è la famiglia. In secondo luogo – questione centrale – favorire una politica centrata sulla famiglia equivale a sollevare peso e responsabilità dalla scuola, divenuta oramai parcheggio e cestino dei rifiuti dell’intera società. I classici due piccioni con una fava, anzi tre. Si è infatti anche evitato di dover parlare di riforme scolastiche – da sempre una Caporetto per ministri italiani come Berlinguer e Moratti – grazie ad un arretramento del fronte, che ha consentito di arroccarsi sulla linea Piave-famiglia con la prospettiva di un’auspicabile controffensiva.
Un ragionamento tutto sommato banale ma efficace: la scuola funziona bene se la famiglia è in grado di educare. L’ambiente scolastico fungerà poi da complemento all’opera della famiglia, introducendo il giovane ai rapporti sociali. Questa funzione diviene poi sempre più pregnante, visto il crescente numero di nuclei familiari col figlio unico, il quale, proprio in quanto senza fratelli, è abituato a comportarsi come un reuccio – ma sarebbe più consono il termine despota - tra le mura domestiche.
Spiace vedere giovani allagare scuole ed imbrattarne i muri; rattrista sentire i loro genitori attribuirne la responsabilità alla mancata sorveglianza dell’istituto; preoccupa sentire insegnanti che scrivono al ministro per ottenere l’espulsione dei giovinastri; raccapriccia osservare il diniego di numerose scuole ad accogliere i quattro pirlotti.
Andrà certamente meglio se i genitori – recuperando i valori ed il loro vero ruolo - smetteranno di fare gli amiconi dei figli; se gli insegnanti si rafforzeranno condividendo tra colleghi problemi e soluzioni; se le istituzioni capiranno che trascurare la famiglia prima e la scuola poi, equivale ad affossare una nazione.
Poiché si tratta proprio della nostra, diamoci da fare.
Comincio io a dire che se uno solo dei miei quattro figli allagherà la scuola o farà qualcosa di simile, la responsabilità sarà tutta mia e gli sculaccioni tutti loro.

Vittorio Lodolo Doria
da proteofaresapere


 ilaria ricciotti    - 08-11-2004
Condivido pienamente l'articolo di Galimberti.
Se in una scuola succedono dei fattacci, bisogna tutti insieme chiedersi perchè. e non reprimere e basta.