breve di cronaca
Atenei in lotta
Liberazione - 20-10-2004


Si rompe il silenzio Da Palermo a Trento decine di atenei sono in agitazione, e una mobilitazione così diffusa non si vedeva dai tempi di Ruberti. Ciò fa presagire e sperare in un autunno caldo per l'Università, che rompa il silenzio e l'empasse di un lungo periodo di sonno. Non è ininfluente la spinta esercitata in questi mesi dai movimenti, a partire da quello in difesa della scuola pubblica. Ma indubbiamente l'opposizione a questa riforma si impianta su un sistema universitario pubblico già dequalificato e precarizzato dalle politiche precedenti, e dunque su una situazione che oggettivamente presenta il conto delle scelte di questi quindici anni. Scelte prevalentemente concertate da una lobby accademica, che trasversalmente è seduta fra i banchi del Parlamento, e che è stata responsabile delle pessime riforme fatte fin qui.

Questa mobilitazione contro l'ennesimo atto di smantellamento del sistema pubblico dell'istruzione è destinata a durare, se come pare, riuscirà a connettere in una unica lotta diverse soggettività del mondo accademico, studenti, ricercatori, docenti, e a non accettare la logica concertativa delle lobby accademiche, peraltro già tentata in questi mesi dalla Conferenza dei rettori. Non è una battaglia categoriale ciò che caratterizza questa mobilitazione. Ma la messa in discussione del valore stesso dell'università e della ricerca pubblica. E ciò ha a che fare almeno con due generazioni di studenti e di ricercatori oggi precari, che rischiano di essere espulsi da un sistema che riproduce una visione escludente, mercificata e gregaria della produzione dei saperi.

Non a caso la novità più rilevante ed interessante di questa mobilitazione è rappresentata dalla rete nazionale dei ricercatori precari, intrecciata alla lotta più generalizzata del precariato cognitivo che abbiamo visto produrre con la Mayday un percorso che esce dalla frammentazione, e ripropone la centralità del conflitto sociale. E' dunque sul modello di università pubblica, sul suo valore, e sulle sue finalità che si gioca la partita. Sapendo che questo modello è stato trascinato dalle politiche neoliberiste degli ultimi dieci anni dentro la dinamica della competizione, competizione che ha prodotto una torsione dei fondamenti etici e civili della funzione culturale della produzione dei saperi. Sacrificata la partecipazione sociale alla loro costruzione, ristretti gli spazi di democrazia dentro gli atenei, il valore della conoscenza è stato ridotto ad interessi di parte, piegato alla logica dei brevetti e della privatizzazione delle produzioni scientifiche.

Ciò che le politiche neoliberiste non tollerano è l'eccedenza della produzione culturale, la sua finalità pubblica ed extraeconomica. Ne consegue che sull'istruzione e la ricerca bisogna risparmiare, delineando la costruzione di pochi poli di eccellenza strettamente legati ai profitti dei sistemi produttivi territoriali. La spesa statale per l'università è la metà di quella investita in Francia e in Inghilterra, la spesa pro capite per studente è la metà di quella degli altri paesi europei, il numero di dottorandi ogni 1000 abitanti fra i 25 e i 35 anni è di 0,75 in Germania, 0,63 in Francia e Inghilterra, in Italia appena di 0,17. A ciò si aggiunge che l'età media di un ricercatore italiano e di 50/55 anni e la durata media del precariato di 8 anni. Da questo punto di vista la finanziaria che ci apprestiamo a discutere chiude il cerchio. Riduzione delle risorse e blocco delle assunzioni precipiterà il sistema universitario al collasso.

Per queste ragioni alla battaglia sociale e parlamentare per il ritiro del ddl Moratti uniamo l'iniziativa politica sulla finanziaria proponendo alle altre forze delle opposizioni un salto di qualità, cioè di praticare un percorso che si misuri con la possibilità di delineare una proposta alternativa condivisa su scuola, università e ricerca, in sintonia con la lotta dei movimenti e la loro elaborazione. Un pacchetto di emendamenti comuni su temi nevralgici della manovra, a partire dalla stabilizzazione dei precari, il diritto allo studio, nuove politiche sociali di sostegno agli studenti, lo sblocco delle assunzioni, le immissioni in ruolo, un forte rilancio dell'investimento pubblico su questi settori strategici.
Già oggi un primo incontro dei capigruppo di Camera e Senato per avviare il lavoro. All'orizzonte la manifestazione unitaria del 6 contro la finanziaria dove una centralità questi temi dovranno averla, e lo sciopero generale della scuola del 15 novembre, che sarebbe importante estendere anche all'Università, proprio perchè la connessione di questi movimenti rappresenterebbe il punto di forza più grande per fermare la Moratti.

Titti De Simone
14 ottobre 2004

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