L’occhio spento della TV
Aldo Ettore Quagliozzi - 20-10-2004
Il mondo progredito degli uomini è divenuto un mondo dalla attenzione breve, una attenzione limitata alle quotidiane novità della cronaca, ma lesta a disfarsene delle novità come di un intenso e doloroso fastidio, di una emicrania, tanto quel che accadrà dopo di un fatto, di una tragedia, non importerà proprio a nessuno.
E forse questo atteggiamento rappresenta pur sempre uno strumento di autodifesa consolatoria della attenzione collettiva, sommersa quotidianamente da una immane valanga di notizie, il più delle volte inutili o dannose, per la qualcosa l’uomo del cosidetto mondo progredito, che corrisponde grosso modo al mondo che si professa cristiano, è un uomo che mal si combina con questa era della comunicazione globale; è forse l’uomo del ventunesimo secolo abitatore del mondo occidentale e cristianizzato un “ uomo paleolitico “ di fronte alla aggressività propria dei moderni mezzi di comunicazione ed al loro uso spregiudicato da parte dei detentori del potere politico ed economico.
Può quindi accadere che fatti anche tragici e dirompenti della cronaca vengano prontamente rimossi dalla attenzione collettiva, senza che l’uomo-cittadino del mondo occidentale e cristiano eserciti e gridi forte il suo diritto-dovere di conoscerne il seguito, se non imbattendosi in “ nicchie della cronaca “ particolari, marginali, non essendo orientati i grandi mezzi di comunicazione, anche come servizio pubblico, a farsene opportunamente carico.
La cronaca che segue di Gabriele Romagnoli è apparsa sull’ultimo numero del supplemneto dedicato alle donne del quotidiano “ la Repubblica “.
E’ il seguito, che l’occhio spento della televisione non ha avuto la volontà e la forza di andare a scoprire e svelare, di un fatto di cronaca angosciante avvenuto sui lidi assolati del bel paese, di un paese incompiutamente democratico, di superficiale e abitudinaria osservanza religiosa, immemore della propria storia di paese di emigrazione, che ha rimosso il dramma dei padri costretti in altri tempi a varcare gli oceani per costruire una speranza di vita per sé stessi e per le loro famiglie.
Speranza di vita che oggi, secolo ventunesimo, il bel paese per mezzo delle sue disumane leggi vuole negare alle migliaia e migliaia di cittadini del mondo non progredito, diversamente religioso, che sfuggono alle tragedie della fame, delle malattie e delle guerre debitamente alimentate con il commercio delle armi costruite dal cosiddetto mondo occidentale e cristiano.
E’ un mondo, il mondo occidentale e cristianizzato, che senza attenzione diverrà puranche un mondo senza memoria.

“ ( … ) Quello che succede agli uomini di ritorno da Lampedusa è, per esempio, questo. Un gruppo di loro è arrivato all’aeroporto di Tripoli, in Libia. Il colonnello Gheddafi, che negli ultimi tempi ama esibire una inedita gentilezza, li ha fatti caricare su tre grandi autobus dotati di aria condizionata e trasportare fino al confine.

Il viaggio è stato triste, ma confortevole. Poi, dal posto di frontiera di Salloum, sono subentrate le autorità dell’Egitto, paese d’origine dei mancati emigranti, e le cose sono cambiate.

I tre grandi autobus sono diventati due piccoli furgoni con capienza da dieci persone in cui ne sono state stipate settantotto. Aria condizionata, neanche a parlarne. Finestrini: uno, ma con le grate. C’è un soprannome in arabo per quei veicoli: “ al box “, la scatoletta.

Trentaquattro uomini per scatoletta hanno attraversato centinaia di chilometri di deserto, sotto il sole perenne, scortati da auto della polizia con il climatizzatore.

Uno dei reclusi è svenuto. I compagni non sapevano come soccorrerlo. Fargli aria era un’illusione. Alla prima sosta in una stazione di servizio hanno cominciato a picchiare contro le pareti della scatoletta finché i militari hanno aperto lo sportello.
Hanno consegnato loro l’uomo svenuto perché lo rianimassero e quelli hanno cominciato a picchiarlo.

Un automobilista che stava facendo il pieno ha lanciato la sua bottiglia d’acqua minerale ai disperati. Un managnello l’ha colpita al volo come fosse una partita di baseball, poi hanno continuato a calare sull’uomo svenuto, finché è morto.

I suoi compagni sono stati presi dal panico e hanno cercato di scappare, disperdendosi in varie direzioni. Ognuna portava al deserto.

Le guardie hanno cominciato a sparare, prima in aria, poi al corpo. Un altro uomo è morto.

A quel punto tutti si sono arresi e sono tornati a braccia alzate alle scatolette. Sono stati sospinti dentro. Con loro sono stati caricati anche i cadaveri.

Per tutto il restante tragitto fino al Cairo i reclusi hanno intonato una disperata preghiera, invocando che si facesse la volontà di un dio, benché non misericordioso.

( … ) Lo scrittore palestinese Tamin al Barghouti ha commentato l’accaduto scivendo che “
un fatto del genere non è eccezionale, lo è soltanto che la notizia sia uscita”.

Non sulle tv del resto del mondo. ( …)



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