tam tam |  libri  |
Com'è brutta questa scuola, uccide la grande letteratura
Repubblica on line - 19-10-2004
Paola Mastrocola, professoressa-scrittrice, ha vinto il Campiello
Ora esce un suo pamphlet che susciterà sicuramente polemiche
"Tra qualche anno nessuno conoscerà più i grandi autori"
Si modifica e nei fatti rischia di sparire il mestiere di insegnante



Un mestiere che non c'è più, quello dell'insegnante. Un patrimonio, la letteratura, che sta per scomparire. E una nuova generazione di giovani incapaci di leggere un "vero" libro o di elaborare un testo. Non è la profezia di un guru americano o di uno studioso di tendenze, ma il grido di dolore di un'italianissima scrittrice-professoressa, Paola Mastrocola, che un mese dopo aver vinto il Premio Campiello col suo "Una barca nel bosco" torna in libreria con un pamphlet che farà discutere, "La scuola raccontata al mio cane" (Guanda).

Mastrocola, che cosa ha portato, secondo lei, la scuola italiana sull'orlo del tracollo?
"L'era dei 'recuperi', dei 'crediti', dei 'piani formativi', dei 'progetti', tutte parole che non esprimono nulla se non una generale tendenza a non insegnare da un lato e a non studiare dall'altro. Fino a non molti anni fa, in prima liceo scientifico, il primo giorno leggevo Virgilio, naturalmente in latino e con la metrica. Molti ragazzi non capivano, ma l'importante non era questo: avremmo studiato nuovamente quel testo negli anni successivi. L'essenziale era comunicare loro l'aspirazione a qualcosa di alto, di grande. Adesso, le circolari raccomandano di non fare lezione per almeno una settimana, dedicata invece all'accoglienza, a far conoscere l'edificio, a parlar d'altro...".

E i risultati?
"Autori come Tolstoj, Dostoievskj, Proust, lo stesso Montale, tra poco non saranno più conosciuti da nessuno. Al loro posto i ragazzi leggono 'Piccoli brividi', o, quando va bene, Stephen King o Wilbur Smith. Noi (Paola Mastrocola ha 48 anni, ndr) saremo l'ultima generazione a soffrire per questo. I miei colleghi più giovani già sono quasi immuni, i prossimi non se ne accorgeranno neppure. Anche perché il bello di certe letture è poterle condividere, parlarne con altri, alludervi, citarle. Altrimenti, ti senti un isolato che non sa reggere la conversazione del sabato sera".

Nel suo libro, ad un certo punto, parla del '68. Poi cita ministri del centrodestra e del centrosinistra autori di riforme criticabili. La deriva della scuola italiana ha una matrice politica?
"Non direi. Io non ho partecipato al '68 e ai movimenti che ne sono nati prima perché ero troppo giovane, poi perché preferivo scrivere poesie. Ma non per questo rimpiango la scuola d'élite che il '68 voleva, giustamente, cambiare. Ma a distanza di anni bisogna constatare che si è raggiunto il risultato opposto: diplomiamo ragazzi che non sanno ragionare e che troveranno un posto di lavoro solo se i genitori li aiutano. Oggi un ragazzo povero dovrebbe chiedere una scuola più severa, che lo aiuti a crescere e ad emergere se è bravo e se studia. Altrimenti, per lui, la scuola è una gigantesca truffa. Lo stesso per i cosiddetti 'valori': non servono corsi di educazione alimentare o stradale dentro l'orario scolastico, servirebbe invece che la scuola facesse il suo mestiere. Non serve neppure il cinema: io adoro quest'arte, ma la si deve avvicinare fuori dalla scuola, non proiettare 'Il gladiatore' e saltare Ungaretti nel programma... Un tempo pensavo che se uno studia Montale con passione difficilmente si drogherà. Lo penso ancora".

Qual è la sua scuola ideale?
"Una scuola utopica, dove ogni ragazzo, finite le lezioni e magari il pranzo consumato con i compagni abbia una piccola stanza tutta per sé dove starsene da solo, in pace, per almeno 3 ore, con la sola compagnia di penne, libri, quaderni e caso mai di un gatto che rilassa e rende sereni. Un'utopia, certo. Ma ai ragazzi di oggi manca molto la solitudine, il vuoto, lo studio individuale. Se non glielo restituiamo, perderemo la possibilità di farli imparare davvero. E, tutti, disperderemo il patrimonio di cultura che invece la scuola dovrebbe conservare".

Vera Schivazzi

  discussione chiusa  condividi pdf

 Virginia Mariani    - 20-10-2004
...quanto sono d'accordo!
Mi ha colpito molto la sua riflessione sulla prima settimana dedicata all'accoglienza... fosse soltanto la prima! E tutto il tempo di attesa perchè arrivino il libri di testo?!
Noi abbiamo iniziato il 13 e ho un quarto di classe ancora senza libri...
Devo fare accoglienza e 'autoeducazione' alla convivenza civile ogni mattina!

 Pino Calledda    - 17-11-2004
Questa mattina, in un momento di divagazione per consumare il mio panino, sostitutivo del pranzo negato dal fatto che lavoro in aperta campagna, mi sono ritrovato una recensione dell'ultimo invito alla lettura da parte di Paola Mastrocola. Confesso, sono rimasto veramente fulminato, un desiderio di ripiombare nei banchi di scuola, di riprendere in mano letture imposte ma che mi hanno segnato e formato.
Che strano mi ritrovo Fisico, Astronomo, Storico del passato tecnologico molto lontano e forse un po' Antropologo, ma sento il desiderio delle "Confessioni di un italiano" di I. Nievo" costretto a leggere in III media nel 69-70.

Credo di condividere in pieno le riflessioni dell'autrice e desidero ringraziarla per questo suo contributo alla comprensione della "scuola attuale".
...


 Paolo Aubert Gambini    - 24-11-2004
Gent.ma Prof. Mastrocola,
ieri sera ho avuto modo di ascoltarla durante la serata organizzata dal Lions di Chieri .Concordo con la sua visione del " bicchiere mezzo vuoto" che non mi pare pessimistica ma semplicemente realistica. Il suo ultimo lavoro " Una barca nel bosco " mi è piaciuto molto e ,come le ho detto , mi ha ricordato il film Forrest Gump" rovesciato, qui un ragazzo con handicap che cerca con tenacia una strada di recupero e lo porterà all'industria dei gamberetti,nel suo libro un ragazzo con doti eccezionali che , non riconosciuto, farà il percorso inverso , involvendo fino a tradire le sue aspirazioni latiniste e aprendo un bar.
L'unico riscatto possibile mi sembra il fatto che la conoscenza di Orazio e Verlaine renderà comunque più piacevole la sua esistenza anche servendo cappuccini.

Un cordiale saluto

Paolo Aubert Gambini

 Pierangelo    - 24-11-2004
da L'arena, quotidiano di Verona, del 23.11.2004

Intervista alla insegnante- scrittrice, vincitrice del Campiello, che nel suo nuovo saggio best-seller denuncia la crisi e avanza proposte
Mastrocola: La scuola sta male
«L’insegnamento delle varie materie è diventato un optional»

La scuola italiana sembra essere in piena crisi: gli insegnanti scendono in piazza, gli alunni si trasformano in vandali, le riforme introducono cambiamenti che studenti e professori sono impreparati a gestire. È il panorama tracciato anche dal nuovo libro di Paola Mastrocola, professoressa di liceo e scrittrice di successo, che dopo aver vinto l'ultimo Supercampiello col romanzo Una barca nel bosco (Guanda), torna a riflettere sui mali che affliggono il sistema educativo italiano nel saggio La scuola raccontata al mio cane (Guanda, 191 pagine, 12,00 euro): tre edizioni in un mese, 50 mila copie vendute, lettere da tutta Italia. "Da dieci anni, qualsiasi sia il governo - mi dice la Mastrocola, - la riforma scolastica persegue una linea che si fonda su quattro principi fondamentali : recupero, accoglienza, offerta, autonomia. La nuova scuola, insomma, si presenta come una baby sitter comprensiva e sorridente, che cerca per prima cosa di mettere gli studenti a loro agio, e lo fa nella massima autonomia, senza dover rendere conto a nessuno. In pratica, questo significa che i programmi canonici sono irrilevanti e che ogni singola scuola - se non ogni singolo insegnante - decide cosa offrire ai suoi allievi in più rispetto al proprio Piano dell'Offerta Formativa (POF). Può accadere così che, per quel che riguarda ad esempio la mia materia - italiano al biennio del liceo, - nella mia classe si continui a studiare Omero, nell'aula accanto si tengano lezioni di giornalismo, e in un'altra non ci sia nessuno perché sono andati tutti a un concerto rock?"

Il suo libro gronda di vis polemica: ma non sarà che lei vede tutto nero ed esagera nel rilevare i difetti della scuola contemporanea? Non manca, nel suo j’accuse, una proposta costruttiva?
"Per poter costruire, bisogna prima distruggere quel che c'è e che non funziona. La scuola che vorrei distruggere è la scuola facile-divertente-accogliente-recuperante-livellante. Quella che vorrei costruire è una scuola alta-difficile-impegnante-pensante-leggente-sapiente. Se questo è vedere tutto nero ed esagerare, allora io lo faccio, ma i dati mi danno ragione."

A quali dati si riferisce?
"Alle statistiche che ci dicono che gli alunni delle elementari stanno perdendo la capacità di rimanere concentrati su un argomento per più di cinque minuti, che gli studenti universitari non conoscono l'ortografia, che il numero degli adolescenti in cura dagli psicologi, con difficoltà di strutturazione del linguaggio e della realtà, è in aumento, che le imprese familiari chiudono perché i figli non sanno continuare il lavoro dei padri e che i liceali faticano a superare i test di ammissione nelle facoltà a numero chiuso."

Lei definisce l'insegnamento un mestiere: un tempo, invece, si usavano parole come missione o vocazione?
"Ancora oggi molti miei colleghi lo chiamano così. Ma a me queste due parole non sono mai piaciute, ingenerano l'equivoco che insegnare significhi avere tanta buona volontà e buoni sentimenti. Io penso invece che sia un mestiere, nel senso antico e nobile del termine, ad esempio nel senso in cui Pavese parlava del 'mestiere di vivere'. Ho una visione laica del mio lavoro: non devo salvare nessuno e non devo immolare me stessa; devo solo trasmettere una passione e un sapere a chi è più giovane di me. Ma oggi sembra che questo non vada più bene: si vuole altro da noi, insegnare è diventato un 'mestiere dell'aiuto', come fare l'infermiere o lo psicologo; dobbiamo aiutare i giovani, ascoltarli, recuperarli, portarli al cinema, al concerto, al museo. L'unica cosa che non ci viene richiesta e che è diventata un optional è insegnare. Se i nostri allievi non sapranno la grammatica o capire un romanzo del primo Novecento, poco male: li avremo portati a prendere tanta aria buona, tutti insieme appassionatamente, socializzati, divertiti e bene accolti."

E lei come si comporta in questo marasma, per continuare a dare ai giovani gli strumenti con cui affrontare la vita?
"So che dovrei rispondere che uso il computer, Internet, l'inglese, l'informatica, le uscite didattiche e i progetti del POF... Ma io sono un'insegnante testarda e disobbediente, e mi ostino a usare la letteratura. Con essa spero di prepararli a vivere se non in questo mondo, perlomeno nell'altro, in quello del pensiero, dell'immaginazione, dell'inutile. Ma io sono convinta che proprio insegnando la letteratura noi offriamo loro gli strumenti migliori anche per diventare degli eccellenti lavoratori, oltre che esseri umani, qualsiasi professione scelgano. Lo so, qualcuno mi dirà che sono snob, elitaria e antiquata, ma in mio sostegno potrei chiamare due grandi della letteratura: Lev Tolstoj, che sebbene fosse un conte, creò una straordinaria scuola per i contadini; e Pier Paolo Pasolini, che era persuaso che la letteratura potesse essere il più potente strumento per elevare tutti, a partire dalle classi più basse."

La nuova riforma scolastica ha introdotto espressioni come "funzioni obiettivo" e "funzioni strumentali": di cosa si tratta, in parole povere?
"Ahimè, le 'funzioni obiettivo' o 'strumentali' siamo noi insegnanti? Per l'esattezza sono quei quattro o cinque professori che, in una scuola, si accollano la responsabilità di coordinare tutti i progetti di una determinata area, come: Nuove metodologie didattiche, Prevenzione e recupero, Orientamento e ri-orientamento, Rapporti con il territorio. Altro che missione? Siamo solo una 'funzione strumentale'."

La scuola italiana è l'unica a soffrire dei mali che lei denuncia, o anche all'estero le cose non vanno meglio?
"Il malessere coinvolge l'intera Europa. Ho avuto modo di parlare con colleghi inglesi, francesi, austriaci e tedeschi, e tutti rilevano un abbassamento allarmante della qualità culturale. Credo che si possa addirittura parlare di una decadenza del sistema scolastico occidentale. Forse l'Occidente ha raggiunto il massimo della civiltà e inconsciamente desidera riprecipitare nella barbarie, perché solo da lì, come insegna Giambattista Vico, potrà ripartire, rinascere e tornare a fondare una grande civiltà."

Perché ha deciso di "raccontare la scuola al suo cane"?
"I cani non sanno nulla di scuola. Solo rivolgendomi a loro potevo essere chiara e diretta, senza dare nulla per scontato. Ho voluto spiegare come stiano le cose a tutti coloro che non sanno come stanno le cose: giornali e televisione parlano molto di scuola, ma affrontano sempre questioni di carattere sociale o sindacale, come il tempo pieno, il precariato, le pensioni; della sostanza culturale della scuola, invece, non si parla mai. E anche gli insegnanti scioperano perché diminuiscono i posti di lavoro o perché si differenziano gli stipendi, ma non scendono mai in piazza perché non si leggono più le poesie di Eugenio Montale, o perché Dante è ridotto in scarni e insulsi riassuntini. Mai qualcosa che ci sollevi almeno un metro da terra."

Renzo Oberti

 Prof/ssa M. A: Patregnani    - 26-11-2004
Sono una collega dell'autrice Mastrocola (docente di lettere da 34 anni nella scuola media di provincia) e la ringrazio dal profondo del cuore ,perchè mi fa sentire meno sola nelle mie posizioni che esplicito nei luoghi deputati (collegi docenti,consigli di istituto...)con disagio dei capi, ma spesso con il tacito consenso dei colleghi (troppo tacito 'sto consenso). Sono un capitano di lungo corso quindie, come tale, ne ho viste tante, troppe! Ormai la scuola è un vero diplomificio che sforna ragazzi semianalfabeti o totali e i pochi alunni impegnati sono spesso smarriti a chiedersi se è ragionevole impegnarsi quando al momento del redde rationem (Giugno) tutti vengono assolti in un momento di euforia collettiva che fa felici tutti: dirigenti, famiglie, i docenti più buoni... ma non quelli che, come me, credono nell'impegno, nel miglioramento, nella fatica dello studio che ripaga moralmente chi ha sudato sui libri.La difficoltà di far sentire questi valori è sempre più grossa e molti docenti si sono arresi cadendo in uno stato di atarassia totale ,dedicando ormai il tempo a pof, monitoraggio che equipara la scuola ad un supermercato dove il cliente ha sempre ragione, ma quando compera le mozzarelle..non quando dà un giudizio di come lavora l'insegnante, se è stimolante il suo lavoro... Così l'ultimo velo cade: viene completamente delegittimato anche nella pratica didattica (cui si presume sia esperto ) sia dalle famiglie che dagli allievi, molto spesso analfabeti!!!

 insegnantedeluso    - 27-04-2005
La penso come la Prof. Mastrocola, mi piacerebbe che la scuola tornasse quella di una volta in cui gli alunni amavano gli insegnanti e gli insegnanti stimavano gli alunni. La scuola è stata fondamentale per me, per la mia educazione e per la mia cultura. Sono diventato un insegnante...solo che adesso NON SI PUO' PIU' FARE SCUOLA. Quello dell'insegnante è un lavoro orribile. Qualcuno faccia qualcosa!!! Questi ragazzi non leggono e non studiano più! La prox generazione sarà una generazione di persone ignoranti. Che conseguenze ci saranno?

 viviana gentile    - 12-11-2005
premetto di non aver letto tutti i commenti, ma noto un forte senso di negatività in quello che si pensa e si dice sugli alunni di oggi, che poi sono i giovani, i ragazzi (chiamteci un po' come vi pare) di oggi. io non sono d'accordo. esco da un liceo classico, ho sempre adorato la letteratura e ho sempre sognato di insegnarla, sono al primo anno di università iscritta alla facoltà di lettere e filosofia studio lettere moderne amo la poesia e tutto cio' che entra in quel meraviglioso calderone che è la letteratura, leggo vado a teatro . sono una "barca nel bosco"? no! con me ci sono tanti che fanno le stesse cose che amano altrettanto la poesia.la scuola?ci crede imbecilli!ho sempre studiato poco quello per cui mi veniva chiesto poco ho sempre studiato piu' del dovuto tutto quello che implicava uno sforzo maggiore,tutto quello per cui mi si chiedeva molto. è un controsenso? no! non dovete trattarci come se fossimo ancora in fasce, dateci grandi stimoli e noi supereremo le aspettative, dateci poesie ,tante poesie, in modo che diventino sale che da' sapore alle nostre vite e che smuova le nostre coscienze altrimenti sopite.credo fortemente che il mestiere dell'insegnante rimanga comunque il piu' bello del mondo!grazie prof. Mastrocola i suoi libri sono veramente belli!!!!!!!!

 Marina De Napoli Cocci    - 13-12-2005
E' verissimo!!!! La scuola uccide la letteratura, uccide i cervelli, soffoca le risorse che ogni ragazzo ha e che dovrebbe essere incoraggiato a tirare fuori! La scuola non è più capace di dare, dare per esempio gli strumenti per affrontare lo studio, dare la forza di impegnarsi per superare le sfide della vita! Tutto ciò che la scuola dà sono i prezzi dei viaggi o degli scambi. E' una specie di agenzia e a volte un posto di ritrovo "per evitare che i ragazzi stiano per strada". E' un posto dove è bello fare tutto, tranne stare in classe e "godere" della lettura di Goethe o di Schiller, di Shakespeare o di Molière. E il pomeriggio si passa soffocati dalla mole di pagine assegnate e non spiegate, pagine che non possono non risultare noiose e prive di senso e di importanza. Hai ragione, Paola Mastrocola. Leggendo i tuoi libri ed i tuoi articoli leggo quasi il mio pensiero e soffro proprio come te! Ma nessuno a scuola condivide questo mio modo di vedere le cose! Mi danno della retrograda! Mi sento sola a combattere contro i mulini a vento! La vogliamo salvare questa scuola? La vogliamo rendere di nuovo bella? Le vogliamo restituire quell'umanità, quel senso di novità e di curiosità che dovrebbe afferrare ognuno quando scopre mondi sconosciuti? Mi piacerebbe combattere questa battaglia, ma non so come! Vorrei conoscerti per E-Mail, Paola Mastrocola! E' il mio sogno!