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La città degli insetti maestra per l'uomo
il Manifesto - 29-09-2004


Il termitaio come metafora della cooperazione umana. Quella coincidenza tra interessi individuali e bene comune che i piccoli animali realizzano per istinto, e che invece riesce difficile agli uomini. Per raggiungere una simile perfezione c'è un'unica via: «rassegnarci» alla pace

FRANCO CARLINI

Le termiti sub sahariane, Macrotermes michaelseni, costruiscono per le loro colonie delle abitazioni collettive che all'esterno appaiono come delle montagnole appuntite e non particolarmente aggraziate, ma che al loro interno sono delle vere meraviglie dell'ingegneria, al punto che gli architetti le stanno studiando per realizzare qualcosa del genere nei grattacieli: la struttura dei cunicoli, non è ordinata né geometrica, è vero, ma comunque garantisce un eccezionale sistema di controllo della ventilazione, della temperatura e dell'umidità; dunque da loro si può imparare qualcosa. In questa storia ci sono diversi aspetti interessanti. L'uno è la positiva imitazione da parte di noi umani delle soluzioni escogitate dalla natura, il che avviene sempre più frequentemente e nei campi più disparati da quello dei nuovi materiali a quello dei farmaci. Anche quando gli umani si autodefiniscono inventori, molto spesso la loro creatività consiste solo nel trasporre in altri contesti delle soluzioni già attivate da insetti, animali, conchiglie, piante.

Il secondo aspetto è che la natura non è guidata da un finalismo: le soluzioni ottimali per una specie, in un certo ambiente, emergono invece attraverso un lungo percorso di sperimentazione e selezione: milioni di varianti vengono generate a caso e solo pochissime passano la prova. Questo potrebbe apparire un modo assai inefficiente di procedere, ma in realtà è l'unico possibile, a meno di non credere alla presenza di un architetto supremo che tutto prevede, fino all'ultimo dettaglio.

Nei termitai infine c'è un terzo aspetto interessante: nemmeno le termiti hanno sufficiente intelligenza per progettare cunicoli e gallerie; lo fanno invece seguendo istruzioni incorporate nel loro sistema nervoso e interagendo localmente l'una con l'altra sulla base di un repertorio abbastanza ridotto di regole del tipo «segui la traccia chimica delle colleghe». Lo stesso vale per altri insetti sociali come api e formiche, di cui da decenni gli studiosi si occupano.

L'«emergenza» dal basso

Nei tempi più recenti questo tipo di creatività dal basso e «non diretta» (ovvero senza una direzione predeterminata) è stata riscontrata e studiata in molti altri campi e in genere va sotto il nome di «Emergenza», intesa in questo caso non come un evento grave di crisi (Emergency), ma invece e alla lettera come «emersione» di proprietà complesse e globali per effetto di una moltitudine di interazioni locali, a corto raggio, basate su poche regole assai semplici. Tra le opere divulgative più recenti sul tema vale la pena di segnalare il libro Emergence di Steven Johnson, non per caso sottotitolato La vita connessa di formiche, cervelli, città e software (Scribner, New York, 2001).

Uno degli esempi più noti, inizialmente escogitato come divertimento matematico, è il gioco della vita, Game of Life, escogitato da John Horton Conway e pubblicato nel 1970 sulla rivista Scientific American. Su una carta quadrettata vivono delle cellule (quadratini neri) e ognuna di loro evolve (nasce o muore) a seconda dello stato delle otto caselle a lei vicine: se i vicini sono troppi o quella cellula se è troppo isolata, essa morirà al passo successivo, mentre ne nasceranno di nuove se nelle celle vicine ci sono già tre cellule. Il tutto non ha alcun rapporto con i comportamenti delle cellule viventi ed è un puro modello matematico, ma assai fecondo, che appartiene alla categoria degli automi cellulari. Questi sono griglie infinite a una o più dimensioni dove ogni cella può trovarsi solo in un numero finito di stati e dove lo stato successivo di ogni cella viene calcolato sulla base della configurazione al tempo precedente e di regole di interazione predefinite.

Gli automi cellulari si sono rivelati un potente strumento matematico per analizzare alcune proprietà della materia, per esempio nei lattici cristallini, ma la stessa metodologia è usata anche per i modelli climatici globali e nei software di previsione meteorologica: il territorio viene opportunamente suddiviso in celle cubiche di pochi chilometri di lato, e in ogni cubo si calcolano le grandezze fisiche significative come temperatura, umidità eccetera, basandosi sulle interazioni con i cubi vicini: in questi casi la complessità dei calcoli da effettuare è spaventosa, ma il principio è lo stesso.

Così come è lo stesso nei modelli del cervello basati sulle cosiddette reti neurali: ogni neurone è un'unità conclusa e fisicamente separata dagli altri; esso può trovarsi in uno stato elettrico attivo (eccitato) oppure a riposo e il suo stato dipende dagli input che gli arrivano dai neuroni con cui è in contatto (anche un migliaio) attraverso le sinapsi; se la somma degli stimoli eccitatori che riceve è superiore a quella degli stimoli inibitori, allora il singolo neurone si accende e a sua volta eccita i suoi vicini. Quella qui descritta è una rappresentazione semplificata, ma rende l'idea di come vanno le cose nel nostro cervello; è così che i segnali elettrici viaggiano e soprattutto è così che da tanto lavorio elettrico tra miliardi di neuroni «emergono» visioni, stati d'animo, idee nuove.

Gli algoritmi evolutivi

Un altro esempio interessante di ricerca che usa in maniera furba questo approccio va sotto il nome di Algoritmi evolutivi, spesso detti anche Algoritmi genetici. L'idea è di creare del software utile ed efficiente, creando artificialmente un ambiente evolutivo in cui mettere in competizione un programma con un altro, un po' come se fosse un habitat in cui i singoli organismi lottano per la sopravvivenza. In questo caso gli elementi cruciali sono due: a partire da un programma iniziale si introducono in esso, a caso, delle variazioni nelle sue istruzioni e si verifica quali producono gli effetti migliori rispetto a un fine assegnato (per esempio la soluzione di un calcolo matematico). Al passo successivo si salva una quota delle soluzioni migliori e su di esse si introducono ancora delle variazioni casuali; e avanti così per molte volte di seguito, in qualche modo pilotando l'evoluzione dell'algoritmo verso la risposta ottimale a quel problema.

Al di là degli interessi di matematica computazionale di tali tecniche, è interessante notare che alla base di un approccio del genere c'è una rinuncia: con modestia ci si rassegna al fatto che non esiste (o che la scienza non ha ancora trovato) la soluzione teorica esatta di un problema e che non c'è una formula matematica né un teorema che forniscano la risposta in maniera sintetica. Dunque ci si acconcia a operare come la natura, affidandosi alla creatività del caso e alla successiva selezione degli esiti.

L'insieme dei metodi e delle teorie qui accennate spesso vengono classificate sotto il nome di teoria (o teorie, al plurale) «della complessità», ma il termine è ormai insieme troppo vasto e troppo abusato per dire qualcosa di utile. Delineano comunque una svolta culturale vistosa nel pensiero scientifico, fatta essenzialmente di due elementi. Da un lato è una svolta post moderna, almeno nel senso che si prende atto della crisi della Grandi Narrazioni che volevano tutto spiegare del mondo (e dargli un senso, una direzione). La scienza, e in particolare le scienze dure come la fisica, ebbe questa ambizione, anche in contrapposizione esplicita alle spiegazioni di tipo mitico e religioso. Questo ruolo la fisica l'ha svolto per tutta la prima metà del secolo scorso, ma è andato a esaurimento e anche in crisi via via che si incontravano fenomeni non trattabili con i metodi classici e che, parallelamente, cresceva il peso dell'approccio biologico ed evoluzionistico.

Dagli anni `50 in poi del secolo scorso il ruolo guida nelle visioni (e nelle pratiche scientifiche) è stato assunto dalla genetica, la quale per i successivi 50 anni ha voluto descrivere se stessa come altrettanto matematica, riduzionistica e deterministica della fisica. Quel processo tuttavia ha dimostrato i suoi limiti proprio nel momento in cui ha celebrato il suo maggiore successo, e cioè quando, nell'anno 2000, ha annunciato il completamento della mappatura del Genoma Umano che apriva più problemi di quanti ne risolvesse. A tutti gli studiosi è ormai chiaro che le cose sono molto più complicate della semplice catena sequenziale secondo cui un gene comanda la fabbricazione di una proteina, la quale a sua volta comanda una certa funzione fisiologica. I percorsi dei geni e delle proteine sono assai intricati e il Dna, frutto di una storia di milioni di anni, è ben diverso da un lineare programma di computer.

Il secondo elemento di svolta culturale sta nel fatto che questo approccio basato su interazioni locali di soggetti semplici che producono effetti globali attraverso dei processi iterati ha mostrato il suo valore esplicatorio anche in campi strettamente sociali e umani, ben al di là degli automi cellulari e delle società di insetti. In quei casi, dalle termiti ai neuroni, i singoli soggetti protagonisti (le singole celle della griglia) non sono particolarmente intelligenti e non hanno alcuna visione del loro futuro né come singoli né come collettività. Di solito non hanno nemmeno coscienza di sé e della propria individualità. Ma il quadro si fa diverso e si arricchisce quando si passi alle interazioni nelle società umane dove i singoli individui del network, pure storicamente situati, sono dei soggetti e cioè hanno autonomie di scelta, hanno desideri, interessi e passioni.

Termitaio o cooperativa?

L'approccio basato sulle interazioni semplici dei singoli soggetti ha una doppia faccia. Per un lato rafforza e modernizza le ideologie del mercato come strumento fondamentale di regolazione dei rapporti umani: ogni cella-individuo dovendo e volendo coltivare il proprio interesse (a vivere e a vivere bene), si relaziona con le altre negoziando e scambiando beni e per effetto di tale moltitudine di interazioni interessate si genera anche l'interesse generale, che sarebbe l'analogo di un termitaio efficiente e funzionale, senza bisogno di alcun governo del termitaio stesso.

L'altra faccia è esattamente contraria: gli esperimenti di comportamento, gli studi di antropologia e i modelli matematici hanno ormai dimostrato in maniera piuttosto robusta che le società umane, le quali sono formate da moltitudini di persone tra di loro diverse e ognuna dotata di un voluminoso cervello che produce idee e desideri diversi, non sono nemmeno per pallida analogia spiegabili con il modello del termitaio e soprattutto non sono gestibili in quella maniera. Per non crollare, e ancora di più per progredire (ovvero per non costruire sempre lo stesso modello di termitaio per milioni di anni), hanno bisogno di essere continuamente alimentate da idee nuove e utili, e queste possono «emergere» (usiamo ancora, volutamente, questo termine) solo attraverso processi di altruismo e cooperazione (altro che il riduzionistico perseguimento dei propri singoli interessi materiali).

La cosa complicata (che rende il nostro mondo umano così difficile e spesso anche terribile) è che la cooperazione tra gli umani non è così facile da far fiorire come quella nelle società degli insetti: è innervata di conflitti e guerre, proprio perché ogni singolo automa cellulare umano «pensa», anziché puramente eseguire. E' il prezzo che la specie umana paga al suo successo: avendo evoluto un grande cervello non può affidarsi solo all'istinto e ai geni per produrre il suo ambiente e per regolarsi. Deve rassegnarsi a collaborare, deve rassegnarsi alla pace.

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 Antonio Portolano    - 11-11-2007
Non sono daccordo sul "deve rassegnarsi alla pace".
La pace è un momento transitorio che segue i cicli bellici: è nel disegno della natura, del gioco della vita..
Come a seguito di una traversata oceanica, con mare molto agitato, con piacere e soddisfazione si approda in una baia serena, paradisiaca con uomini e donne meravigliose , con mangiare che soddisfa tutti i sensi , finalmente riposi, ti ritempri.
Poi ti accorgi che quegli uomini, non tutti, vogliono che tu riparta e vogliono unirsi a te per viaggiare, per conoscere, per togliersi da dosso quel limite spaziale per vincere il limite temporale che comunque ti divora.
La nave riparte e così via... e tutto si ripete in modo simile seguendo un percorso che ricorda il DNA umano...
Gli insetti costruiscono il loro universo, ma le variabili conseguenti l'agire delle altre energie che VIVONO l'Universo come si inquadrano?????
Nel senso se passa una vacca e scarica i suoi bisogni centrando un termitaio o formicaio, distruggendo quasi tutto, le leggi della natura lo hanno previsto???
Se passa un uomo e per dolo o colpa distrugge tutto,
le leggi della natura lo hanno previsto????
Un'onda anomala, assolutamente non prevedibile, come la si inquadra in un processo di vita ???
I morti ed il dolore conseguente a chi fa gioire????
Sembra la stessa storia della vacca che distrugge il termitaio con i suoi bisogni: anche le termiti proveranno dolore????
Penso che la cosa più bella è avere dubbi, essere ignorante, perchè ci possiamo godere la pace della baia con la speranza ed il desiderio di partire ed inevitabilmente capiterai in sentieri dove ci saranno altre vacche che ti benediranno: fa parte del gioco della vita, siamo dei semplici pupazzi colpiti a tirassegno nel luna park della vita: se acchiappo quel figlio di... che si è accanito a colpirmi, poi mi diverto anche io, e così via....
Forse una risposta a questo quadro assurdo lo hanno dato Budda, Confucio, Maometto, Gesù,.. etc..,
con la loro visione e regole, ma visto gli anni passati dal loro agire nel tempo e che comunque la visione globale è ancora molto inserita nel disordine, penso che qualcosa nel loro messaggio sia ancora da metabolizzare e sia rimasto a galleggiare da qualche parte impedendo la pace dell'uomo : forse anche perchè portano alla pace ed il gioco della vita non vuole la pace in modo definitivo : sono permessi solo scampoli di godimento di pace : la cosa confortante e che in un certo senso tocca tutti, dando , nel senso relativo una speranza ,è che tale andamento rispettanti le funzioni armoniche TOCCANO TUTTI E TUTTO :immaginiamo la monotonia se tutto si muovesse come una retta ??? : saremmo condannati a vivere in quella baia felice per sempre.
Adesso saluto, per complesso di occupare troppo spazio e attenzione, avrei piacere essere contattato, in italiano, da Conway per dirgli, basta stare nella baia : parti, fallo visto che rispetto alle mie umilissime condizioni dell'intelletto tu hai la giusta nave per partire.(chiaramente è un desiderio utopico)